“Oebalo” nella Valle dei Sarrasti
Oebalus è il nome di diversi personaggi della mitologia greca e romana, per cui potrebbe essere necessario specificare di quale Oebalus si sta parlando. Il primo Oebalo della mitologia greca fu un re di Sparta e padre di Tindaro, il nonno di Menelao e Agamennone, i famosi re di Sparta che parteciparono alla guerra di Troia. Oebalo fu coinvolto in diverse storie leggendarie della mitologia greca, tra cui la leggenda del giudizio di Paride, in cui fu invitato a partecipare al banchetto organizzato dal principe troiano Paride per scegliere la donna più bella tra le dee dell’Olimpo. Inoltre, Oebalo fu coinvolto nella leggenda di Castore e Polluce, dei gemelli divini che furono ospitati dal re spartano durante il loro viaggio sulla terra.
Nella letteratura latina, il nome di Oebalus è stato utilizzato da Virgilio nell’Eneide per descrivere un altro personaggio omonimo, un re della Campania, che governava diverse genti della zona, tra cui i Sarrasti. In questo caso, Oebalus è descritto come un anziano che governa i popoli della regione, oltre i Sarrasti, i Rufrani, i Batuli, i Celemnesi e gli abitanti di Abella.
In generale, il personaggio di Oebalus è stato rappresentato come un re saggio e giusto, rispettato e ammirato dai suoi sudditi. I versi che seguono sono presenti dell’Eneide, descrivono il personaggio di Oebalus. Il passo mette in evidenza la loro tradizione bellica e descrive il loro abbigliamento e armamento. Oebalus è descritto come un anziano che, nonostante la sua età, governava i popoli della regione, tra cui oltre i Sarrasti, i Rufrani, i Batuli, i Celemnesi e gli abitanti di Abella.
Virgilio dice che i Sarrasti erano soliti utilizzare le catene in modo simile ai Teutoni, un popolo germanico. Indossavano elmi di sughero e portavano scudi e spade di bronzo. Il passo mette in evidenza la vasta estensione del potere di Oebalus, che governava non solo la sua città natale di Capreae, ma anche altre zone della regione. Il poeta dice che Oebalus avrebbe potuto evitare la morte prematura se avesse rispettato e onorato i versi poetici, come ad esempio quelli scritti da lui stesso.
Nec tu carminibus nostris indictus abibis, / Oebale, quem generasse Telon Sebethide nympha / fertur, Teleboum Capreas cum regna teneret, / iam senior; patriis sed non et filius arvis / contentus late iam tum ditione premebat / Sarrastis populos et quae rigat aequora Sarnus / quique Rufras Batulumque tenent atque arva Celemnae / et quos maliferae despectant moenia Abellae, / Teutonico ritu soliti torquere cateias; / Tegmina quis capitum raptus de subere cortex, / aerataeque micant peltae, micat aereus ensis. (Aen. VII 733–743)
Non te ne andrai indenne dalle nostre poesie, Oebalo, che si dice fosse stato generato da una ninfa Sebethide di nome Telone, quando regnava a Capreae sui Teleboi, anche se ormai anziano. Ma nonostante la sua età, egli continuava a governare i popoli della sua terra natale, tra cui i Sarrasti, che popolavano le rive del fiume Sarno, i Rufrani, i Batuli, i Celemnesi e gli abitanti di Abella, famosa per le sue mele. Costoro erano soliti lanciare le loro catene in modo simile ai Teutoni. Oebalo, rapito dal sughero, indossava un elmo, mentre le sue scudi di bronzo e le sue spade luccicavano.