Vita naturale, Vita digitale …

Antonio Gallo
4 min readMay 3, 2022

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Con il passare del tempo ci si rende conto di aver vissuto diverse vite. Quando nell’anno del Signore 1960 lasciai la Valle dei Sarrasti per entrare nel mondo del lavoro non mi resi conto che si concludeva un percorso, forse meglio dire si chiudeva un primo ciclo. Ne sarebbero seguiti altri. Soltanto oggi sono in grado di identificarli in questa sequenza:

**** — 1960, 1960–1980, 1980–2000, 2000–2020. Blocchi temporali in forma di ventenni, che si sarebbero succeduti in maniera ciclica, contenitori del tempo vissuto. Tra il primo ventennio e quello attuale iniziato nel 2020 si distende la trasformazione della vita naturale in vita digitale. L’articolo che segue descrive appunto questo processo di grande cambiamento, che a mio parere è riduttivo chiamare trasformazione. Si tratta di una vera e propria mutazione.

Vite digitali è il titolo che abbiamo dato al Primo Festival di Etica pubblica. Un titolo che sta a sottolineare proprio il trasformarsi della vita naturale in vita digitale. Assistiamo di questi tempi a un cambiamento radicale dell’arredo del mondo e della concezione del sé cui siamo abituati. La risposta del gruppo di ricerca Ethos, coordinato insieme a Paolo Benanti, è ispirata al tentativo di comprenderne quali siano le conseguenze morali, politiche e sociali.

Elon Musk si è impadronito di Twitter da pochi giorni, sborsando 44 miliardi di dollari. Gli scopi dell’operazione non possono essere solo economici. E neppure solo politici. C’è, dietro, una voglia di cambiare il mondo. E, infatti, pare che Musk voglia, via Twitter, riformulare l’identità personale della maggior parte degli umani. Avremo in un prossimo futuro una nuova identità digitale che poco alla volta soppianterà quella naturale.

E, in questo modo, muterà sostanzialmente l’ontologia tradizionale. D’altra parte, simile impressione ha suscitato la recente decisione di Facebook di adottare il Metaverso. Descritto da Mark Zuckerberg come uno spazio virtuale in 3D, anche il Metaverso può essere visto come un luogo che tenga insieme realtà digitale e fisica.

Nuove identità digitali in Twitter e ambienti di vita artificiale come in Metaverso connettono, congiungono e includono. Piani dentro piani, estensioni continue senza spazio. Tutto rivisto alla guisa di un ondeggiare, una marea in cui tu fluttui come in un continuum di sperimentazione. Ora umano, ora oggetto, ora animale.

La rivoluzione digitale sempre più si trasforma da evento virtuale a realtà alternativa. Ma talvolta lo spazio dell’interpretazione pare esaurito, esausto dall’orgia produttiva di fantasia cui siamo esposti. D’altra parte, sin da quando si è iniziato a parlarne i computer hanno generato curiosità e timore. Ne sono derivate diffuse preoccupazioni di natura etica e sociale. Questo tipo di preoccupazioni è evidente nella letteratura, nel cinema , nella sociologia teoretica e nel diritto.

Sempre più, con il passare degli anni, sono stati invasi dal modo digitale aspetti rilevanti delle nostre vite, a cominciare naturalmente dal lavoro e dalla produzione, dalla salute ai rapporti personali e sociali, includendo i sentimenti, l’istruzione, l’arte e la sfera del tempo libero. Proprio per ciò, non può sorprendere il fatto che tale diffusione sistematica sia la ragione del nascere di un nuovo campo della discussione etica, quello dell’etica digitale.

Prendiamo una lista ricavata spulciando manuali americani per esemplificare il tipo di problemi che abbiamo di fronte: privacy, proprietà intellettuale; disponibilità, accessibilità e accuratezza delle informazioni; proprietà e pirateria; il digital divide ; infoglut e etica della ricerca; affidabilità e attendibilità dei sistemi complessi; virus, hacking e altre forme di vandalismo digitale; libertà di espressione e censura; pornografia; monitoraggio e sorveglianza; sicurezza e segretezza; propaganda; furto d’identità; nuove forme di agenzia (artificiale e ibrida), di responsabilità e accountability ; roboetica e lo status morale degli agenti artificiali; crimini informatici e abusi.

Dietro problemi etici standard, spesso si celano emozioni profonde. Una di queste emozioni può consistere nel timore che macchine pensanti possano eguagliare e superare l’intelligenza umana. Al di là delle emozioni e della metafisica loro sottesa, nella prospettiva etica contano le decisioni che si devono prendere in contesti caratterizzati da incertezza.

Oggi algoritmi di machine learning e altre forme di AI riescono a fare diagnosi mediche con una percentuale di esattezza che in alcuni casi supera quella di un medico medio; possono prevedere chi potrà ripagare un prestito in maniera molto più accurata di un direttore di banca; possono persino capire meglio di noi se esiste un’affinità affettiva con la persona che ci troviamo davanti.

Ma, nel momento in cui la macchina surroga l’uomo nel prendere decisioni, che tipo di certezze dovremmo avere per lasciare che sia la macchina a scegliere chi deve essere curato e come? In base a cosa dovremmo permettere a una macchina di designare chi di noi è degno di fiducia e chi no?

E che fine fa l’amore, quella ricerca unica che ha mosso generazioni di uomini e donne prima di noi? Se con un computer possiamo trasformare i problemi umani in statistiche, grafici ed equazioni, creiamo l’illusione fallace che questi problemi siano risolvibili con i computer.

L’utilizzo dei computer e delle tecnologie informatiche nello sviluppo tecnologico di fatto mette in evidenza una sfida che avviene al confine tra uomo e macchina. È perciò urgente poter riportare al centro dei processi di decision making non solo delle tecniche ma anche tutta una serie di dimensioni antropologiche e etiche.

Vite digitali vuole da questo punto di vista inaugurare una nuova agorà dove tornare a rendere possibile la convivenza umana in una stagione in cui l’automatizzazione e la decisione algoritmica rischia di rimpiazzare l’umano e le strutture valoriali della nostra convivenza sociale.

Sebastiano Maffettone

Direttore Ethos Luiss © RIPRODUZIONE RISERVATA

IL FESTIVAL Vite digitali è il titolo del Primo Festival di Etica pubblica, organizzato dal centro di ricerca Ethos Luiss diretto da Sebastiano Maffettone. Il Festival si terrà dal 6 all’8 maggio presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma. Le tre giornate saranno aperte da Giuliano Amato, Casper Klynge e Mario Rasetti a cui seguiranno gli interventi di 50 relatori italiani e internazionali.

Il Sole 24 Ore

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Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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