“Verticale” o “orizzontale”. L’uomo resta un uomo “nudo”, tra “like” e precetti religiosi

Antonio Gallo
8 min readAug 7, 2024

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LIBERO 7 agosto 2024

Il concetto di “verticale” e “orizzontale” può essere interpretato in vari ambiti per quanto riguarda la fede, ma in un contesto filosofico e culturale, rappresenta due approcci distinti alla vita e all’esperienza umana.

La dimensione verticale è spesso associata a valori trascendenti, spiritualità e aspirazioni più elevate. Rappresenta la ricerca di significato, di connessione con il divino o con ideali superiori. In questo contesto, l’essere umano è visto come un essere in grado di aspirare a qualcosa di più grande, cercando di trascendere la propria condizione materiale. Gli aspetti chiave sono la spiritualità intesa come ricerca di una connessione con il sacro o il trascendente, i valori etici, cioè la aspirazione a vivere secondo principi morali elevati, la crescita personale, vale a dire l’impegno verso il miglioramento e la realizzazione del potenziale umano.

La dimensione orizzontale si concentra invece sulle relazioni interpersonali, sull’impegno sociale e sulla vita quotidiana. Rappresenta l’importanza delle connessioni umane, del vivere nel presente e dell’interazione con gli altri. Qui, l’essere umano è visto come parte di una comunità, con responsabilità verso gli altri e il mondo che lo circonda. Gli aspetti chiave sono le relazioni e le interazioni e delle connessioni umane. Da qui nasce un impegno sociale, la responsabilità verso la comunità e l’ambiente. Il tutto si realizza con l’esperienza concreta, l’attenzione alla vita quotidiana e alle sfide pratiche.

A questo punto la domanda: è possibile la integrazione delle due dimensioni? L’essere umano, nella sua complessità, non può essere ridotto a una sola dimensione. La vera crescita e realizzazione avvengono quando si riesce a integrare queste due prospettive. La dimensione verticale fornisce una direzione e un significato, mentre quella orizzontale offre il contesto e le relazioni necessarie per realizzare tali aspirazioni. Sia che si parli di “verticale” o “orizzontale”, l’essere umano rimane tale, con la capacità di cercare significato, di interagire con gli altri e di affrontare le sfide della vita. La vera essenza dell’umanità risiede nella capacità di navigare tra queste dimensioni, trovando un equilibrio che arricchisce l’esperienza di vita.

La distinzione tra una fede autentica e una superficiale può essere esplorata attraverso la dimensione verticale della spiritualità, che implica una profondità di esperienza e un impegno interiore. Una fede vera non è solo un insieme di credenze o pratiche superficiali, ma si radica in un’esperienza profonda che trasforma l’individuo e lo spinge a compiere azioni significative, come amare il prossimo.

La dimensione verticale della fede si riferisce alla capacità di un individuo di connettersi con qualcosa di più grande di sé, che può essere interpretato come Dio, l’universo o un principio morale superiore. Questa connessione profonda è ciò che distingue una fede autentica da una finta. Una fede superficiale può manifestarsi in rituali o dichiarazioni pubbliche, ma manca della sostanza che porta a una vera trasformazione interiore.

Amare il prossimo. Amarlo come se stessi è un principio centrale in molte tradizioni religiose e filosofiche. Tuttavia, è anche un compito estremamente difficile, spesso descritto come “ai limiti dell’impossibile”. La vera fede spinge gli individui a cercare di realizzare questo ideale, nonostante le sfide. Questa lotta per amare gli altri richiede una profondità di comprensione, empatia e sacrificio, elementi che sono spesso assenti in una fede superficiale.

La vera fede vive come motivazione per l’azione. Una fede autentica motiva le persone a compiere azioni che possono sembrare impossibili, come perdonare, aiutare i bisognosi o lavorare per la giustizia sociale. Queste azioni richiedono coraggio e determinazione, e sono spesso il risultato di una riflessione profonda e di un impegno personale. La vera fede non è quindi solo un credo, ma si traduce in comportamenti concreti che riflettono valori profondi e autentici. La differenza tra una fede vera e una finta risiede nella sua profondità e nella capacità di ispirare azioni significative e altruistiche. La vera fede non è solo una questione di credenze, ma un viaggio interiore che richiede impegno, riflessione e, soprattutto, amore per gli altri.

Gli elementi che distinguono una fede vera da una finta possono essere analizzati attraverso vari aspetti, che includono la profondità dell’esperienza, la coerenza con i principi fondamentali e l’impatto sulla vita quotidiana degli individui.

  1. Profondità dell’esperienza
    Una fede autentica si caratterizza per una connessione profonda con il divino o con i principi spirituali. Questa dimensione verticale implica un coinvolgimento emotivo e intellettuale che va oltre la mera adesione a pratiche o dogmi superficiali. La fede vera è spesso accompagnata da un desiderio di ricerca e comprensione, come evidenziato da esperienze personali che portano a una trasformazione interiore e a una risposta alle sfide della vita.
  2. Coerenza con i principi fondamentali
    La fede autentica si fonda su principi solidi e verità riconosciute. Ad esempio, la comprensione della salvezza e della persona di Cristo è centrale nel cristianesimo e rappresenta un elemento distintivo rispetto a visioni più blande o liberaliste della fede, che tendono a ridurre la spiritualità a un semplice percorso di auto-miglioramento. La vera fede si allinea con le scritture e i valori tradizionali, mentre una fede finta può deviare verso interpretazioni più flessibili e meno impegnative.
  3. Impatto sulla vita quotidiana
    Una fede vera si traduce in azioni concrete e in un impegno verso il bene comune, come l’amore per il prossimo. Questo amore non è solo un ideale astratto, ma si manifesta in comportamenti altruistici e in una vita di servizio agli altri. La fede autentica spinge gli individui a superare le proprie comodità e a impegnarsi in cause che richiedono sacrificio e dedizione, mentre una fede superficiale può rimanere confinata a pratiche rituali senza un vero impatto.

La distinzione tra fede vera e finta si basa, allora, su una serie di elementi interconnessi: la profondità dell’esperienza spirituale, la coerenza con i principi fondamentali e l’impatto positivo sulla vita degli individui e della comunità. La vera fede non è solo un insieme di credenze, ma un cammino che porta a una vita trasformata e impegnata.

Le sfide moderne per una fede autentica sono molteplici e complesse, influenzate da cambiamenti culturali, sociali e tecnologici. Ecco alcuni degli aspetti principali che caratterizzano queste sfide:

  1. Postmodernità e relativismo
    La transizione dalla modernità alla postmodernità ha portato a una crisi di valori e a un crescente relativismo. In un contesto in cui le certezze vengono messe in discussione, le persone tendono a vivere senza grandi ideali o verità assolute. Questo scenario rende difficile per una fede autentica affermarsi, poiché gli individui possono essere più inclini a una visione fluida e indefinita della spiritualità, piuttosto che a un impegno profondo e stabile.
  2. Scetticismo e disillusione
    Le tragedie del Novecento, come le guerre mondiali e i totalitarismi, hanno alimentato uno scetticismo diffuso nei confronti delle promesse della modernità. Questo ha portato a una disillusione nei confronti delle istituzioni religiose e dei loro messaggi, rendendo difficile per la fede autentica trovare un terreno fertile in una società che si sente tradita da ideali che non si sono realizzati.
  3. Pluralismo culturale
    La società contemporanea è caratterizzata da una molteplicità di punti di vista e valori. Questa “contaminazione” culturale può generare confusione e indecisione, rendendo difficile per le persone mantenere una fede coerente. La sfida consiste nel trovare un modo per comunicare e vivere la propria fede in un contesto così variegato, senza cadere nel sincretismo o nella superficialità.
  4. Tecnologia e comunicazione
    L’era digitale ha trasformato il modo in cui le persone si relazionano con la fede. La disponibilità immediata di informazioni e opinioni ha portato a una maggiore esposizione a idee diverse, ma ha anche contribuito a una superficialità nella comprensione delle questioni spirituali. La fede autentica richiede un impegno profondo e una riflessione personale che possono essere compromessi dalla frenesia della vita moderna e dalla cultura dell’immediatezza.
  5. Evangelizzazione e rinnovamento
    In questo contesto, è fondamentale un rinnovato annuncio del Vangelo e una riflessione teologica che risponda alle sfide contemporanee. La fede deve essere presentata in modo rilevante e accessibile, affrontando le domande e le preoccupazioni delle persone di oggi. L’evangelizzazione deve diventare un elemento centrale per le comunità religiose, per rispondere efficacemente alle esigenze spirituali della società.

Le sfide moderne per una fede autentica richiedono un approccio riflessivo e dinamico, capace di adattarsi ai cambiamenti culturali e sociali, mantenendo al contempo la profondità e la verità del messaggio spirituale.

Il cristianesimo può adattarsi alle nuove sfide postmoderne attraverso diverse strategie che rispondono ai cambiamenti culturali e sociali. Ecco alcuni approcci chiave:

  1. Riconoscimento del pluralismo culturale
    In un’epoca caratterizzata da un forte pluralismo, il cristianesimo deve riconoscere la diversità delle esperienze e delle credenze. Questo non significa compromettere la propria identità, ma piuttosto aprirsi al dialogo con altre tradizioni religiose e culturali. La Chiesa può cercare punti di contatto e collaborare su questioni di giustizia sociale e umanità, mostrando come i valori cristiani possano contribuire al bene comune in un contesto pluralistico.
  2. Rinnovamento teologico e filosofico
    Il cristianesimo postmoderno ha già iniziato a esplorare nuove forme di pensiero teologico, influenzate dalla filosofia contemporanea. Questo approccio può portare a una reinterpretazione delle scritture e dei dogmi in modo che risuonino con le esperienze moderne. Teologi come Jean-Luc Marion e John D. Caputo hanno contribuito a questo dialogo, cercando di integrare la tradizione cristiana con le sfide della filosofia postmoderna.
  3. Testimonianza autentica e comunità
    La testimonianza di una vita cristiana autentica è fondamentale. Le comunità cristiane devono vivere la loro fede in modo coerente, mostrando attraverso le azioni quotidiane l’amore e la compassione che sono al centro del messaggio cristiano. Questo approccio può attrarre coloro che sono scettici verso le istituzioni religiose, dimostrando che la fede può avere un impatto reale e positivo nella vita delle persone.
  4. Utilizzo delle nuove tecnologie
    Le nuove tecnologie offrono opportunità per comunicare il messaggio cristiano in modi innovativi. L’uso dei social media e delle piattaforme digitali può aiutare a raggiungere un pubblico più ampio, specialmente i giovani, e a creare spazi di dialogo e riflessione. La Chiesa può utilizzare questi strumenti per condividere testimonianze, risorse educative e per coinvolgere le persone in discussioni significative sulla fede.
  5. Impegno nella giustizia sociale
    Il cristianesimo deve affrontare le sfide contemporanee impegnandosi attivamente in questioni di giustizia sociale, equità e sostenibilità. L’azione sociale può fungere da ponte per il dialogo con una società che spesso è scettica nei confronti delle istituzioni religiose. Dimostrare che la fede cristiana si traduce in azioni concrete a favore dei più vulnerabili può contribuire a ricostruire la fiducia e a dare un senso di scopo alla comunità.

Concludendo, il cristianesimo può adattarsi alle sfide postmoderne attraverso il riconoscimento del pluralismo, il rinnovamento teologico, la testimonianza autentica, l’uso delle nuove tecnologie e l’impegno nella giustizia sociale. Questi approcci possono aiutare a rendere la fede cristiana rilevante e significativa nel contesto contemporaneo. Verticale o orizzontale, l’Uomo resta uomo. Per lui sarà sempre un vasto programma. Nel frattempo, si diletta in 56 guerre attive. Non sarà soltanto “nudo”, ma morto.

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Antonio Gallo
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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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