Venire al mondo, un esercizio di scrittura creativa …

Antonio Gallo
3 min readJan 30, 2022

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“Nei certificati di nascita è scritto dove e quando un uomo viene al mondo, ma non vi è specificato il motivo e lo scopo”. Questa frase di Anton Pavlovič Čechov ci dà il senso di quanto possa essere spaventoso e, allo stesso tempo, meraviglioso venire al mondo. Non sapere a quale scopo siamo prefissati ci fa paura, ma è anche un ventaglio di possibilità che possiamo mettere in atto con le nostre forze e la nostra volontà.

Chi sono. Me lo chiedo sempre. Risponde il mio io che mi dice tutto sta scritto nella tessera di identità che sono andato a rinnovare stamani. Sta per scadere quella cartacea, me la daranno elettronica. Vantaggi del progresso. Non esistono più quei registri di un tempo, con l’alfabeto ai margini. Lettera dopo lettera, l’impiegato del registro scorreva sul foglio il tuo cognome seguito dall’elenco di tutti i tuoi dati più importanti.

Oggi siamo trasformati in “bits & bytes”: codice fiscale, patente, carta di credito, chip sul passaporto, identità completa sul cervello aggiuntivo che è l’indispensabile cellulare. Se non ce l’hai, non puoi dire di esistere. Tutto è avvenuto in una manciata di pochi anni.

Questo testo lo sto scrivendo non a penna, non su di un foglio, non alla macchina da scrivere e nemmeno al PC. Lo sto scrivendo sul mio cellulare, usando il mio dito mignolo, pigiando docilmente sul display del mio cervello aggiuntivo, il mio samsung. Uso il mignolo per non sbagliare le battute, per i ridotti spazi sulla piccola tastiera.

Sono ovviamente collegato, o forse meglio dire “intrappolato” dalla Rete e mando questa mia memoria alla nuvola, il Cloud di Google che ci collega tutti con il tutto del mondo. La chiamano Internet, Rete, Web, non so bene cosa sia, nessuno lo sa, ma tutti ci sono e ci devono essere. Anche io con la mia identità di cui ho detto all’inizio. Ecco chi sono.

Oggi, ventunesimo secolo. Certamente non quello che ero o fui. Non sono mai stato lo stesso, ovviamente. Sono stato di continuo in divenire ed ero quello che non sapevo sarei diventato. Lo so soltanto oggi che non sono più quello che fui. Spazio e tempo mi hanno continuamente condizionato senza rendermene conto.

Dovrei essere in grado di sapere il motivo e lo scopo di quello che sono stato. Non credo sia possibile rispondere a questi interrogativi sopratutto perché mai nessuno mi pose la domanda o mi chiese il perché avrei dovuto affrontare una prova di questo genere. Fui costretto ad accettare senza scampo. Fu frutto del caso, lo chiamano amore, ma anche sopravvivenza o evoluzione. Il senso dovrei averlo acquisito col passare del tempo, ma mi resta sempre il dubbio.

Ecco la parola, il dubbio. Non l’essere o non essere. Quello era Amleto, ma era un inganno letterario scritto da chi di inganni del genere si è dimostrato essere un genio. Eppure, Shakespeare non sapeva nulla del DNA, ma conosceva bene se stesso, o meglio, la sua natura di essere umano. La sua arte seppe far nascere i suoi personaggi senza che fossero nati come persone.

Seppe, per questa ragione, dare loro un senso ed un significato. Vennero al mondo sapendo cosa rispondere della loro identità. Puoi dire la stessa cosa di te, caro lettore che leggi? E tu che scrivi questo post, mi puoi dare le tue ragioni e i motivi? Soltanto un ennesimo esercizio di scrittura creativa …

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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