Una microstoria mentale …

Antonio Gallo
3 min readAug 30, 2024

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Foto@angallo

Guardare una fotografia può stimolare una “microstoria mentale”, un processo in cui l’osservatore crea una narrazione personale a partire dall’immagine. Questo fenomeno è influenzato da vari fattori psicologici e soggettivi. Quando si osserva una fotografia, la lettura di essa è intrinsecamente soggettiva. Ogni individuo può interpretare l’immagine in modo diverso, influenzato dalle proprie esperienze, emozioni e contesto attuale. Questo significa che una stessa foto può evocare diverse storie e significati a seconda di chi la guarda.

Una tecnica utile per sviluppare una microstoria è la “fotografia mentale”, che implica diversi passaggi per analizzare e memorizzare dettagli dell’immagine. Questi passaggi includono l’osservazione globale, cioè guardare l’immagine per avere una visione d’insieme. Si divide mentalmente l’immagine in parti per facilitare l’analisi. L’attenzione ai dettagli è importante, osservare con cura gli elementi presenti in ciascuna sezione. Questa metodologia non solo aiuta a migliorare la memoria visiva, ma stimola anche la creatività e la narrazione personale. Così nasce la fototerapia e la narrazione visiva che rigenerano il ricordo.

La fotografia può così essere utilizzata anche come strumento terapeutico, permette agli individui di esplorare e comunicare le proprie esperienze interiori. Attraverso la possibile modifica delle immagini, ad esempio, una persona può esprimere desideri o sentimenti che non riesce a verbalizzare. In questo contesto, la fotografia diventa una metafora della propria vita e delle proprie emozioni.

Guardare una fotografia non è solo un atto di osservazione, ma un’opportunità per creare storie personali e riflessioni profonde. La combinazione di tecniche di osservazione e la consapevolezza della soggettività dell’interpretazione possono arricchire l’esperienza visiva, trasformando ogni immagine in un racconto unico. La fotografia può essere utilizzata anche come strumento di conoscenza di sé in vari modi, grazie alla sua capacità di evocare emozioni, riflessioni e narrazioni personali passate e confrontarle con quella del presente.

In contesti terapeutici facilita l’esplorazione dell’identità e delle emozioni. Questo processo aiuta a confrontarsi con le proprie identità e gli stati d’animo, consentendo una riflessione profonda su temi come l’accettazione e l’autostima. Le immagini fotografiche diventano anche catalizzatori per rievocare esperienze passate e sentimenti soppressi. La fotografia permette di rivivere il passato, riflettere sul presente e immaginare il futuro. Questo processo può portare a una maggiore consapevolezza di sé e a una comprensione più profonda delle proprie emozioni e valori.

Il processo di fotografare implica una dinamica di “dentro-fuori”, un atto di produzione e riproduzione che consente di elaborare vissuti e idee inconsce, trasformando la fotografia in una metafora del proprio processo conoscitivo. Ogni immagine diventa un simbolo della realtà personale, contribuendo a una comprensione più profonda di sé stessi e delle proprie relazioni con il mondo esterno.

Ecco, tutto questo mi fa suscitare questa immagine che ho fatto giorni ha. “Un luogo della mente” che abbraccia più di mezzo secolo e mi proietta ogni giorno verso il futuro. L’occasionale lettore si chiederà quali sono le storie, i ricordi e le sensazioni che caratterizzano questa microstoria personale. Non sono disposto a raccontarla. Spero che lui la sappia immaginare …

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Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.