Trenta anni dopo: essere come nuvole …

Antonio Gallo
5 min readMar 18, 2022

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Foto@angallo

Pubblico questa foto per ricordare a me stesso e a chi c’era, ma sopratutto a chi non c’era, come il mondo è cambiato in tre decenni. Quei ragazzi studenti di inglese in quel college nel Somerset sono diventati adulti, mentre noi in prima fila siamo diventati dinosauri. Non c’era ancora l’aggeggio smart chiamato cellulare, i primi pc erano lenti, la globalizzazione era in arrivo e non sapevamo ancora cosa fosse. Poi tutto accadde e poi … il resto lo scriverò sul blog … A chi saprà riconoscersi, lascio la parola, posso fare i nomi, uno per uno …

Così ho scritto su Facebook dove scorre la “nostra quotidianità liquida”. Il “noi” a cui mi riferisco sono quelle figure in primo piano, con al centro il direttore della Taunton Summer School, Roger Priest, mia moglie, chi scrive e qualche altro docente.

Gli altri, giovani e adulti, ragazze e signorine, qualcuno appena decenne, in cammino sulla strada della vita. Non mi piace viaggiare nel passato, ma questa fotografia me la sono ritrovata per caso tra le mani sfogliando le pagine di un libro.

La data fa da marca tempo implacabile. La parola chiave sulla quale costruisco questa mia scrittura è, appunto, il tempo, con il suo pesante carico di ricordi. Se decidessi di aprire tutte la scatole, i tiretti e gli scaffali della mia biblioteca su in mansarda, sono sicuro che mi perderei nelle sue spirali.

Si, perchè il tempo è come una spirale, anzi una serie infinita di spirali, in cui puoi trovare una piacevole, proustiana “madeleine”, ma anche affogare in un gorgo per mano di un vorace cormorano, come lo descrisse Shakespeare nella sua commedia “Love’s Labour’s Lost”.

Trenta anni sono sufficienti per fare soltanto un abbozzo del Paese Italia, anzi forse meglio dire, di un Mondo, che è in bilico perenne. Mi sono andato a rileggere velecemente, per rinforzare la mia memoria, la cronologia su Wikipedia di questi trenta anni. I grandi cambiamenti avvenuti hanno dato luogo a quella parola chiamata globalizzazione.

Accadimenti ed eventi tutti interconnessi, stereotipi e luoghi comuni, trasformazioni drammatiche, mutamenti planetari, causati da dinamiche e fenomeni inarrestabili e pensati sempre positivi, ma poi improvvisamente diventati negativi.

E’ purtroppo vero che, se vuoi dare una definizione affidabile di questo termine chiamato “tempo”, riferito al ticchettìo dell’orologio come lo si avvertiva una volta, oggi in quarzo o in “bits & bytes”, lo puoi fare chiamandolo “cambiamento”.

Ma poi, di fronte ad eventi quali quelli che abbiamo dovuto affrontare specialmente negli ultimi due-tre anni, e che stiamo vivendo ancora ora, proprio mentre sto a digitare queste mie parole, ti accorgi che ti trovi di fronte ad una vera e propria “mutazione”.

Guardi i volti di quei giovani in questa foto, pieni di speranza nel futuro, il loro e quello del mondo in cui credevano e speravano, confronti il tuo volto mentre immagini il loro, oggi, che li hai perduti di vista, e ti accorgi che il tempo trascorso ha provocato una vera “mutazione”.

Ti afferra allora come una certa rassegnazione che ti rende la vita spenta e inerte di fronte agli avvenimenti. Dopo una pandemia globale, stiamo sull’orlo di un abisso, pronti a cadere in abisso nucleare: la guerra!

Ti accorgi che sei diventato “vecchio”, mentre quei “giovani-bambini” sono diventati adulti. Non è possibile riempire l’anima di rimpianti, ma bisogna imparare a conservare questa stessa anima giovane, fresca, aperta alla vita e all’avvenire.

Il nostro grande privilegio di creature umane, la nostra luce interiore è che noi stessi possiamo decidere di non invecchiare. Giorni così grigi, difficili, capaci di generare insoddisfazione, con una reazione carica di un impegno senza rassegnazione, una volontà sempre più pericolosa ed impotente.

La vita con questi eventi si fa spenta e inerte e questo è terribile perché vuol dire in un certo senso dare le dimissioni dalla vita. Avremmo bisogno di affidarci alla rassegnazione divina, sempre come atto di speranza.

Ma la rassegnazione attuale è, invece, una sorta di apatia, che cancella ogni impegno e ignora ogni aiuto, è una resa, un cedimento, una capitolazione, della quale molti possono anche approfittare.

Ma possiamo/dobbiamo, invece, anche decidere di “non invecchiare”, ed è una conseguenza del precedente ragionamento, quello di “non capitolare”, ed accettare la “mutazione”.

Al centro della foto, in piedi, in ultima fila, c’è un giovane con gli occhiali. Lo conosco. E’ a lui, oltre che ovviamente a tutti gli altri, che mi rivolgo con queste parole, a conclusione di questo ricordo.

Voi eravate tutti lì, di fronte all’ingresso principale di quel famoso college, a studiare l’inglese. Ci fu un grande giovane poeta inglese il quale sulla parola “mutazione”, che lui chiamava, “mutabilità”, scrisse una mirabile poesia: “l’ieri dell’uomo non può mai essere simile al domani;/niente nel mondo può durare, eccetto la Mutabilità.” Sappiate essere come nuvole ….

La mutabilità
di Percy Bysshe Shelley

Noi siamo come nuvole che velano la luna a mezzanotte;
così irrequiete sfrecciano, e sfavillano, e fremono, striando
l’oscurità radiosamente! ― eppure subito
la notte si richiude attorno, e le cancella:

o come lire dimenticate, le cui dissonanti corde
rendono a ogni vario soffio del vento una risposta varia,
alla cui fragile struttura nessuna nuova vibrazione apporta
un tono o una modulazione pari all’ultimo.

Noi riposiamo ― e un sogno ha la potenza di avvelenarci il sonno.
Ci alziamo ― e un pensiero errante può inquinare il giorno.
Sentiamo, concepiamo o ragioniamo, ridiamo o piangiamo,
ci disperiamo, o gettiam via ogni affanno:

è tutto uguale! ― Sia una gioia o un dolore,
la via della sua dipartita è sempre aperta:
l’ieri dell’uomo non può mai essere simile al domani;
niente nel mondo può durare, eccetto la Mutabilità.

— -ooOoo — -

I.
We are as clouds that veil the midnight moon;
How restlessly they speed and gleam and quiver,
Streaking the darkness radiantly! yet soon
Night closes round, and they are lost for ever: —

II.
Or like forgotten lyres whose dissonant strings
Give various response to each varying blast,
To whose frail frame no second motion brings
One mood or modulation like the last.

III.
We rest — a dream has power to poison sleep;
We rise — one wandering thought pollutes the day;
We feel, conceive or reason, laugh or weep,
Embrace fond woe, or cast our cares away: —

IV.
It is the same! — For, be it joy or sorrow,
The path of its departure still is free;
Man’s yesterday may ne’er be like his morrow;
Nought may endure but Mutability.

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Antonio Gallo
Antonio Gallo

Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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