Si può scrivere di un libro contro la morte nel giorno dei “morti”?
“Il libro più importante della sua vita, Canetti lo portò sempre dentro di sé ma non lo compose mai. Per cinquant’anni procrastinò il momento di ordinare in un testo articolato i numerosissimi appunti che, nel dialogo costante con i contemporanei, con i grandi del passato e con i propri lutti familiari, andava prendendo giorno dopo giorno su uno dei temi cardine della sua opera: la battaglia contro la morte, contro la violenza del potere che afferma se stesso annientando gli altri, contro Dio che ha inventato la morte, contro l’uomo che uccide e ama la guerra. Una battaglia che era un costante tentativo di salvare i morti, almeno per qualche tempo ancora, sotto le ali del ricordo: «noi viviamo davvero dei morti. Non oso pensare che cosa saremmo senza di loro». Sospeso tra il desiderio di veder concluso il libro, scrive: «È ancora il mio libro per antonomasia. Riuscirò finalmente a scriverlo tutto d’un fiato?» e la certezza che solo i posteri avrebbero potuto intraprendere il compito ordinatore a lui precluso, Canetti continuò a scrivere fino all’ultimo senza imprigionare nella griglia prepotente di un sistema i suoi pensieri: frasi brevi e icastiche, fabulae minimae, satire, invettive e fulminanti paradossi. Quel compito ordinatore è assolto ora da questo libro, complemento fondamentale e irrinunciabile di Massa e potere: ricostruito con sapienza filologica su materiali in gran parte inediti, esso ci restituisce un mosaico prezioso, collocandosi in posizione eminente fra le maggiori opere di Canetti.”
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Si può scrivere un libro contro la morte? Si può, eccolo. Si può dire di tutto su questo evento programmato per tutto ciò che vive, nel senso che nasce, fiorisce e poi perisce. Niente e nessuno sfugge a questa legge che si chiama “natura”. Elias Canetti con questi suoi pensieri dimostra che la morte può essere una vera e propria ossessione. Il suo libro infatti non è altro che una serie di pensieri sull’argomento. Alcuni sono eccezionali, altri interessanti, molti oscuri perchè senza contesto, altri indefinibili. L’autore lascia al lettore la possibilità di contestualizzarli. Non avrebbe potuto fare diversamente.
Ognuno di noi pensa a questo evento con sospetto, paura, apprensione. Non credo ci sia qualcuno al mondo che ci pensi con piacere, affascinato da quello che gli succederà un giorno, tenuto quanto più possibile lontano. Ma non serve a nulla. Questo evento che viene tradizionalmente descritto come una “signora” in nero, magari con una falce in mano. Provate a chiedere a Google qualcosa sul suo conto. Vi darà circa duecento e più milioni di risposte ed immagini sulla sua identità. Possiamo aggiungerci i pensieri in libertà di Canetti. Lui rimane per tutto il libro quanto mai scettico, pessimista, qualunquista direi. Uno in particolare mi ha colpito: “Dio, il tuo carnefice”.
Non sono d’accordo, ovviamente. E vi dirò anche il perchè, esemplificando al massimo: se tutto è stato creato con un inizio, dovrà pur esserci stato un progetto. Dietro di questo mi pare che ci debba essere qualcuno che l’abbia oltre che pensato anche realizzato. Poichè ogni progetto ha un principio, una esecuzione ed una fine, deve esserci anche una conclusione che in questo caso chiamiamo “fine=morte”.
Ma questa “fine=morte” non finisce del tutto perchè serve a rinnovare e ricreare un nuovo inizio. Il ciclo “vita-morte-vita” è destinato a continuare all’infinito. Tutto deve finire per poi ricominciare. La morte quindi non esiste. Non chiedetemi spiegazioni e significato di una cosa del genere. Non mi interessa. So solo che il “carnefice”, come lo chiama Canetti, non può essere Dio. Lui ne è l’Autore.
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Elias Canetti (1905–1994) Insignito del Premio Nobel per la Letteratura 1981 “per scritti caratterizzati da una visione ampia, una ricchezza di idee e una forza artistica”. Studiò a Vienna. Prima della seconda guerra mondiale si trasferì con la moglie Veza in Inghilterra e vi rimase a lungo. Dalla fine degli anni ’60 ha vissuto a Londra e Zurigo. Alla fine degli anni ’80 ha iniziato a vivere stabilmente a Zurigo. Morì nel 1994 a Zurigo.