Salvador Dalì: pittore, scultore, fotografo, cineasta, designer e narciso
Muore il 23 gennaio del 1989 Salvador Dalì. “La metamorfosi di Narciso” è un dipinto a olio su tela realizzato da Salvador Dalí tra il 1936 e il 1937. È conservato alla Tate Gallery di Londra.
Il dipinto rappresenta la trasformazione del giovane Narciso, protagonista del mito greco, in un fiore. La scena è divisa in due parti: a sinistra, Narciso è raffigurato come una figura umana gigantesca, che si specchia in uno stagno. A destra, il suo corpo si sta trasformando in un fiore di narciso, che spunta da un uovo tenuto in mano da una mano gigante.
Il dipinto è un’interpretazione surrealista del mito di Narciso. Il mito narra che Narciso era un giovane di straordinaria bellezza che, innamoratosi della propria immagine riflessa in uno specchio d’acqua, finì per morirne.
Dalí interpreta il mito in modo personale, concentrandosi sulla dimensione autoreferenziale dell’amore di Narciso per sé stesso. Il Narciso del dipinto è una figura gigantesca, che occupa l’intera metà sinistra della tela. È rappresentato in modo rigido e statico, come se fosse una statua. Il suo sguardo è fisso nello specchio, e il suo volto è privo di espressione.
La trasformazione di Narciso in un fiore è un simbolo della sua autodissoluzione. Il Narciso del dipinto si sta consumando, perdendo la sua forma umana e assumendo quella di un fiore. Il fiore, simbolo di bellezza e fragilità, è anche un simbolo di autogenerazione. Il Narciso del dipinto si sta trasformando in qualcosa di nuovo, ma anche in qualcosa di simile a sé stesso.
La metamorfosi di Narciso è un dipinto complesso e suggestivo, che offre diverse interpretazioni possibili. È un’opera che riflette la visione del mondo di Dalí, un artista che era affascinato dall’inconscio e dal potere dell’immaginazione.
Siamo tutti narcisi nella vita reale, in special modo in quella virtuale. I social network hanno tanto successo perché solleticano le velleità che ogni essere umano porta con sé. Sin dalla nascita, di fatto sin dalla culla, iniziano i vezzi e i lazzi, le esibizioni, le apparenze, le dimostrazioni. È tutto un susseguirsi di esibizionismi, sia dentro che fuori. L’essere diventa apparire, l’immagine determina il contenuto e decide il contenitore.
La letteratura, l’arte, il cinema, la tv, la rete, la stessa religione, con la sua liturgia diventa immagine, apparenza, incenso profumato che annebbia la mente e blocca i cervelli. Tutto questo può essere trovato in un famoso dipinto di Salvador Dalì denominato “La metamorfosi di Narciso” presente alla Tate Gallery di Londra.
Il quadro è la rappresentazione classica del mito di Narciso, la storia del bel giovane egotista dell’antica Grecia, punito dagli dei per la sua ossessione narcisistica. Dalì inizia la sua interpretazione del mito proponendo Narciso a sinistra del dipinto. La testa sul ginocchio, i capelli sulle spalle, il riflesso della sua persona nell’acqua. A destra, su di una scacchiera, una giovane donna su di un piedistallo. Non si capisce se questa è una persona viva o una statua. Chiaramente si osserva e si ammira. Un uovo tra le dita di una mano mostrano la fioritura di un narciso. Sullo sfondo una miriade di figure umane si autocompiacciono della propria immagine.Lo sfondo si ritrova nel riflesso del lago che propone la scena capovolta.
In una poesia che accompagna il dipinto Dalì ebbe a dare le istruzioni a come guardare il quadro. Lo dipinse nel 1937 dopo di avere aderito al movimento surrealista. nel 1929. Con la sua adesione egli poté sviluppare un sistema artistico basato sulla deliberata simulazione di condizioni legate alla paranoia. Ne conseguirono doppie immagini per le quali Dalì è famoso e questo quadro ne è il migliore esempio. Fare progetti paranoici significa riprodurre visioni distorte del mondo, presentando cose che non ci sono.
Il pittore impiega una tecnica densa di dettagli in maniera da presentare due oggetti differenti che coesistono all’interno della stessa scena. Il quadro di Narciso opera su diversi livelli comunicativi: narrativo, simbolico, surrealista. I livelli vanno dall’auto-osservazione di sé a quella degli altri, operando gradi di intensità egotistica che caratterizzano il narcisismo.
Quando il quadro fu presentato a Sigmund Freud nel 1938 durante la mostra su Surrealismo, questi lo apprezzò molto dicendo che questo quadro del giovane spagnolo, con occhi “fanatici”, rappresentava non l’inconscio ma il conscio, adottando un vocabolario psicoanalitico per riprodurre il potenziale surrealista sia dell’inconscio e della mente che sogna che della realtà.
Se questo è quanto si può dedurre in tema di narcisismo da una non superficiale osservazione del quadro di Salvador Dalì, per collegare questa stessa tendenza al narcisismo di chi frequenta, scrive e interagisce in rete sui siti così detti sociali, basta osservare i comportamenti e i contenuti di chi li frequenta. Abbondano le foto, personali e non, i paesaggi, gli animali, i tramonti, i cieli, i fiori, spesso corredati da brevi frasi o testi poetici, classici o moderni. Fioriscono le citazioni che stimolano risposte, propongono osservazioni, ipotizzano evasioni.
Tutte nascono in maniera apparentemente ingenua, in effetti la proposta nasce sempre dalla velleità di chi la fa, per mettere in mostra non tanto e non solo il tema o il contenuto, quanto se stessi. La tecnica non è mai la stessa, in quanto si va dalla semplice proposta visiva e grafica al duplice, molteplice scopo di mettersi in evidenza facendo venire fuori l’esibizionismo dell’altro, quindi una partecipazione all’evento che diventa narcisismo condiviso.
Nel successivo scambio di post, che in genere succede ad ogni “thread”, si evidenzia un autocompiacimento, oppure può nascere un conflitto. Tutto, comunque, sempre per l’amore, l’apprezzamento e la difesa del proprio io. Se questa non è paranoia narcisista, mi chiedo quanto sono narciso anche io a scrivere una cosa del genere. Voi che ne dite? Magari fatemelo sapere scrivendo un commento a questo post. Così potrete dichiarare anche voi il vostro narcisismo …