Ricordando il “grande fratello”…
Ricordando il giorno della morte di George Orwell, il 21 gennaio 1950, non possiamo fare a meno di ammirare il suo contributo non solo come scrittore di grande talento artistico, ma come onesto cittadino del mondo che scrisse al popolo e per il persone, e si oppose all’Uomo! Era un uomo dalle molte identità. Il suo nome era Eric Arthur Blair. Era un cittadino britannico nato in India. Conosceva una vera capra chiamata Muriel, un personaggio della sua Fattoria degli animali. Aveva insegnanti molto intelligenti: Aldous Huxley era uno di loro. Era un uomo di molte parole. Era un giornalista e uno scrittore. È morto per una malattia mortale. Non solo George Orwell era uno scrittore appassionato e di talento, ma era anche una persona che credeva e difendeva la giustizia ovunque. Era anche un uomo molto interessante con una vita particolare. Il suo pensiero e i suoi libri continueranno ad influenzare e ad avere un impatto sul mondo per molto, molto tempo.
“Perché Orwell ha criticato il comunismo in modo molto più energico del fascismo? Perché l’aveva visto da vicino, e perché il suo fascino era più infido. Entrambe le ideologie raggiunsero la stessa destinazione totalitaria, ma il comunismo iniziò con obiettivi più nobili e quindi richiedeva più bugie per sostenerlo. Divenne “una forma di socialismo che rende impossibile l’onestà mentale” e la sua letteratura “un meccanismo per spiegare gli errori”.
― Dorian Lynskey, Il ministero della verità: la biografia di George Orwell del 1984
Non ce ne rendiamo conto. Abbiamo ormai tutti un “fratello” che sa tutto di noi. Nel suo famoso romanzo “1984” lo scrittore inglese George Orwell inventò un “Grande Fratello” che governava Oceania, assetato di potere, senza alcun interesse per il bene comune.
Quando Orwell si inventò quella storia negli anni quaranta del secolo e del millennio scorsi non era nemmeno pensabile che si potesse governare e dominare un popolo sottoponendolo ad un controllo continuo e spietato con mezzi straordinari come quello che avrebbe usato lui.
Tutto era, infatti, sotto il suo controllo tramite teleschermi dai quali una voce ricordava continuamente che il “grande fratello” sorvegliava. Oggi noi siamo sappiamo bene che la cosa è non solo possibile, ma ci scherziamo anche sopra con un famoso show televisivo.
Si pensava che quello che aveva immaginato lo scrittore inglese non sarebbe mai potuto accadere, invece è sotto gli occhi di tutti. Anzi, no. Sotto gli occhi del grande fratello chiamato Google.
A distanza di 70 anni questo fratello ce lo portiamo addirittura in tasca, lo maneggiamo ogni momento, per ogni occasione e in tutte le stagioni della vita. Lui dice anche dove siamo e cosa facciamo. Non ha sete di potere, non è cattivo e tirannico, oppressivo. Almeno così sembra.
Solo in apparenza è diverso da quello immaginato da Orwell, ma in sostanza le cose sono al peggio, è cambiata soltanto la forma. Lo strumento è diventato più sofisticato ed autocraticamente adattato alla realtà di oggi. Non è tanto lui che ci opprime, siamo noi che facciamo di tutto per farci opprimere.
Sembra un paradosso, ma è così. Google non è soltanto un motore di ricerca, capace di trovare l’impossibile. E’ anche e soprattutto una realtà algoritmica mirata a fare informazione che si nutre di notizie raccolte sul nostro conto, senza alcuna soluzione di sosta. Al computer, ipad o cellulare, il WiFi ci lega a lui indissolubilmente.
Ingoia dati, li classifica e li usa, rivendendoli e facendo grande, grandissima cassa. Soltanto nel 2015 il fatturato del grande fratello chiamato Google è stato di oltre 75 miliardi di dollari, dei quali il 77% ricavato da pubblicità. Tutto questo, sulle nostre spalle, se non lo sapete.
Qualche settimana fa, in un negozio di Bologna, per un acquisto, fu chiesta a mia moglie la tessera sanitaria. Lei non l’aveva con sè e non sapevamo come fare. La commessa subito ci tranquillizzò dicendo che avrebbe provveduto lei con una domanda al “grande fratello” Google.
Nome, cognome, luogo e data di nascita e la risposta venne immediata. Sapeva più lui di mia moglie che lei di sè stessa. Un esempio forse banale, ma reale per capire quanto diciamo al nostro grande fratello senza che lui ce lo chieda nemmeno.
Basta pensare a tutto quello che facciamo quando siamo collegati alla Rete. Le mail, i video, il carico e scarico, le visite, le ricerche, insomma tutto quanto viene chiamato “navigazione”, il tutto trasformato in dati che continuamente aggiorniamo in maniera volontaria, liberamente e anche inconsapevolmente. Per sempre, anche quando ci trasferiremo altrove, lasciando questo pianeta.
Non si illuda chi pensa che non avendo il cellulare, il pc, il tablet o quant’altro fa digitale sia salvo. Tutti hanno per legge il CF, l’algoritmo chiamato “codice fiscale”. Una ricerca, quando saremo “altrove”, basterà per farci sapere che ci siamo trasferiti da quelle parti dove abita il “Grande Fratello”, il quale speriamo ci guiderà dal Padre.
Postato 30th November 2017 da galloway sul blog