Quella sera del cinque maggio 1998 c’ero anch’io …
I
Venne dopo il sole.
Prima venne la morte
Vestita di nebbia
Di pioggia e di fango.
Scese rumorosa lungo i valloni
Portando con sé il fragore
Che rovesciò sull’io ingordo,
Quello senz’ali e con i piedi di piombo.
Ma furono le grida delle madri
A scivolare sulla lava,
Dalle culle alle ginestre della Funicella;
Dalle strade prigioniere al Tuoro,
Al Calabrici…
II
Quella sera
Dal cielo vedovo di stelle
Scesero lacrime incolori
Per inondare preghiere e peccati
Nel piccolo orizzonte
Divenuto senza fine.
Poi tutto tacque sotto il fango
E la notte divenne silenzio di follia.
III
Ora canto le lacrime dei vivi
Dove la terra di delizie
S’è fatta deserto e pena;
Dove l’uomo, come ombra senz’anima,
Vaga smarrito
Cercando radici di pensiero;
Membra disperse di vite immature
E farfalle dalle ali spezzate.
Canto qui, sotto il Saro,
Fra antiche mura
Dove la storia in poche ore
Ha segnato con cieco monito
La superbia senza ragione.
IV
Eppure c’erano ulivi ed allori;
Passeri freschi di volo
Sui crinali e nella piana
Fra vigneti e il mare,
Dove secoli di luce
Avevano seminato amori universali.
Ora sono larghi e profondi
Gli occhi dei bambini;
Smorti i sorrisi delle spose
Nei vecchi cortili con gerani
Ove tutto è fango e silenzio.
V
Non basteranno tutti i fiori del mondo
Per le morti acerbe,
Né basteranno i marmi scolpiti
A sanare le piaghe delle madri.
Non bastano neppure le sere bugiarde
Fatte di babeliche parole!
Piuttosto, domani,
Portino fra le zolle martoriate
Il seme buono di nuovi amori.
Gino De Filippo