Montaigne, il “blogger” che scriveva per capire se stesso

Antonio Gallo
4 min readFeb 27, 2022

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28 febbraio 1571 nasce Michel de Montaigne. Trentotto anni dopo, questo “blogger” del cinquecento, uno dei miei scrittori preferiti, subì una delle crisi di mezza età più nota e più produttiva della storia letteraria. Si ritirò dal Parlamento di Bordeaux dopo tredici anni come magistrato in una biblioteca della torre dove poteva leggere ogni giorno un messaggio dipinto sul muro in latino:

«Nell’anno di Cristo 1571, all’età di trentotto anni, l’ultimo giorno di febbraio, anniversario della sua nascita, Michel de Montaigne, stanco della servitù della corte e dei pubblici impieghi, ancora intero, andò in pensione al seno delle dotte Vergini, dove con calma e libero da ogni affanno trascorrerà quel poco che resta della sua vita ormai esaurita a più della metà. Se il fato lo permetterà, completerà questa dimora, questo dolce ritiro ancestrale; e l’ha consacrato alla sua libertà, tranquillità e ozio»

Questo, lettore, è un libro sincero. Ti avverte fin dall’inizio che non mi sono proposto, con esso, alcun fine, se non domestico e privato. Non ho tenuto in alcuna considerazione né il tuo vantaggio né la mia gloria. Le mie forze non sono sufficienti per un tale proposito. L’ho dedicato alla privata utilità dei miei parenti e amici: affinché dopo avermi perduto (come toccherà a loro ben presto) possano ritrovarvi alcuni tratti delle mie qualità e dei miei umori, e con questo mezzo nutrano più intera e viva la conoscenza che hanno avuto di me. Se lo avessi scritto per procacciarmi il favore della gente, mi sarei adornato meglio e mi presenterei con atteggiamento studiato. Voglio che mi si veda qui nel mio modo d’essere semplice, naturale e consueto, senza affettazione né artificio: perché è me stesso che dipingo. Si leggeranno qui i miei difetti presi sul vivo e la mia immagine naturale, per quanto me l’ha permesso il rispetto pubblico. Ché se mi fossi trovato tra quei popoli che si dice vivano ancora nella dolce libertà delle primitive leggi della natura, ti assicuro che ben volentieri mi sarei qui dipinto per intero, e tutto nudo. Così, lettore, sono io stesso la materia del mio libro: non c’è ragione che tu spenda il tuo tempo su un argomento tanto frivolo e vano. Addio dunque; da Montaigne, il primo di marzo millecinquecentottanta.

Questa lunga citazione si trova all’inizio del libro dei “Saggi” di Michel Eyquem de Montaigne (1533–1592). Me lo ricordo questo brano perchè ce lo fece studiare l’insegnante di francese al ginnasio, nel secolo e nel millennio trascorsi. Conservo ancora quella antologia come uno dei pochi felici ricordi che ho di quegli anni. Una delle materie di studio che amavo era il francese. Ero anche simpatico a quella prof dai capelli rossi alla quale piaceva la mia pronuncia e mi invitava a leggere sempre i brani che ci assegnava da quella antologia.

Strani scherzi della vita. Chissà poi perchè non continuai a studiare quella lingua e la tradii con quella di Shakespeare. Ad ogni buon conto, questo brano mi offrì la possibilità di introdurmi alla conoscenza di un certo tipo di scrittura che poi avrei seguito ed approfondito anche con gli inglesi: il saggio. Un genere letterario che ho sempre amato ed esercitato.

In questo blog ed in altri luoghi virtuali ho riversato la mia passione per la scrittura che, nel corso del tempo, da cartacea, nata nella vecchia tipografia paterna, è diventata digitale. Un amore, una passione, se non ossessione, che ha qualcosa di terapeutico. Con l’avvento della Rete, ho scoperto che siamo in tanti a soffrire del “male di scrivere”, un male dal quale si guarisce, ahimè!, solo scrivendo. Michel Eyquem de Montaigne fu uno di questi. Ha scritto di lui Andrè Gide:

“Che cosa Montaigne apporta dunque di nuovo nel mondo? La conoscenza di se stesso: tutte le altre conoscenze gli sembrano incerte: ma l’essere umano che egli scopre è così autentico, così vero, che ogni lettore si riconosce in lui. In ogni epoca della storia, un aspetto convenzionale dell’umanità tenta di coprire questo essere reale. Montaigne toglierà tale maschera per afferrare l’essenziale e se ottiene ciò lo deve allo aforso tenace di una singolare perspicacia: opponendo alle convenzioni, alle credenze prestabilite, ai conformismi, uno spirito critico sempre puntuale, a volte elastico e a volte teso, divertito di tutto, ironico, indulgente, ma senza compiacimento, poichè egli cerca di conoscere e non moralizzare … Egli si descrive per smascherarsi. E poichè la maschera appartiene molto di più al paese e all’epoca che all’uomo stesso, è per mezzo della maschera che la gente si distingue, in modo che nell’essere veramente mascherato, potremo riconoscere con facilità il nostro prossimo”.

Montaigne fu uno dei pionieri della prosa francese moderna. Di famiglia agiata, all’età di sei anni sapeva parlare latino. Studiò legge, ebbe diversi incarichi pubblici ma senza particolari onori. Trascrisse gran parte della sua vita in 107 Saggi, scritti e riscritti per trentanove anni, non per onore o fama ma soltanto per capire se stesso. In francese la “essai” significa “tentativo, prova”. Ogni scritto è tale, un cercare di capire se stesso e quindi gli altri.

La sua scrittura non è lineare, ma informe, incerta, misteriosa, nel senso che chi legge non sa mai dove egli vuole arrivare. Abbonda di citazioni, il suo tono è sempre scettico, ma mai cinico o negativo. Sapeva interessarsi di tutto, ma niente sembra convincerlo. Il suo motto era: “Cosa so?” Questo suo atteggiamento lo porta ad essere considerato un sostenitore del pensiero libero.

Egli non si inganna e non intende ingannare chi legge. Scrive in un modo sempre piacevole e sembra che si diverta sempre di quello che dice, delle sue leggerezze, delle sue osservazioni intelligenti e delle sue stupidità. I suoi Saggi non vanno letti con metodo, perchè lui scrive senza metodo. Logico che sia stato così. Scriveva per capire se stesso.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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