Mi mancavano i pinguini …
Nella vasta collezione di immagini che mi ritrovo sia in cartaceo che in digitale, mi mancavano i pinguini. Intendiamoci, le immagini per me non sono soltanto quelle fotografiche, ma anche e sopratutto quelle mentali.
Giorni fa, nella edicola-libreria dove ogni mattina ritiro la copia cartacea del mio quotidiano, nel dare la solita occhiata al bancone dei nuovi arrivi di libri, mi è capitato sott’occhi la copertina di questo libro. Senza pensarci su molto, quasi per istinto, visto anche il modico costo, l’ho comprato. Mi sono sentito un “pinguino” e l’ho portato alla mia “pinguina”. Non siamo ancora novantenni ma ci manca poco per sperimentare una lettura che abbiamo condiviso in poche ore.
Lei, i libri, di solito non li legge, li “beve”, mentre io di un libro devo sapere tutto, o quasi, e ci metto più tempo per digerirlo. Ho scoperto così che l’autrice è una arpista ed è al suo romazo di esordio. Da una rapida ricerca nella mia biblioteca digitale su GoodReads ho scoperto che ci sono migliaia di recensioni, per la maggior parte positive, che il libro è stato tradotto in una ventina di paesi, che il suo successo è dovuto esclusivamente al “passaparola”.
Veronica McCreedy è una donna piuttosto straordinaria, anche se non ce ne rendiamo conto quando la incontriamo per la prima volta. Una mezza ottantenne che vive da sola in una fatiscente casa con dodici camere da letto in Scozia; è difficile, tesa, mostra segni di perdita di memoria a breve termine e non sopporta volentieri gli stupidi.
La sua governante, Eileen, viene ogni giorno a prendersi cura di lei e la storia inizia quando le è stato chiesto di rimuovere tutti gli specchi della casa, Eileen è incuriosita di trovare una vecchia scatola che porta alla signora McCreedy. Tuttavia, Veronica non ha intenzione di farle sapere cosa c’è dentro, il cui contenuto ha cercato di ignorare per molti decenni.
Più tardi quella notte, da sola e poiché l’unico programma che le piace guardare ha finito la serie, guarda invece un documentario sui pinguini. Poiché le piace il presentatore a cui importa dei pinguini, decide che lo farà anche lei. E così, inizia la storia.
Un romanzo accattivante, scritto in forma di diario a tre voci: Veronica, Patrick, il blog di Terry, capisci come vari eventi hanno plasmato la vita di Veronica e di suo nipote e li hanno resi persone così antipatiche. Ma con il progredire della storia, assisti a come gli eventi e le altre persone li cambiano e tirano fuori il meglio da questi due e puoi anche trascorrere del tempo tra i pinguini di Adelia in via di estinzione con le loro personalità che non hanno nulla di animale, ma tutto di umano.
Un libro con una trama interessante, anche se a volte bisogna riconoscerlo, incredibile. Le descrizioni dei pinguini in Antartide sono molto affascinanti, sembra quasi esserci quando si legge il libro. Nelle tante descrizioni che La Prior fa di questi animali si capisce che essi non sono altro che una metafora dell’umanità che lei vuole ritrovare e ricreare, ma, come lei ben sa, non è possibile ricreare.
In questa impossibile metafora ci ha messo anche un pizzico di “italianità”, inventando il personaggio Giovanni, un prigioniero di guerra di stanza in Scozia, l’amore perduto di Veronica. Surreale la conclusione del libro nella quale lo ritroviamo in un ospedale a Napoli, dopo la sua scomparsa che ha distrutto il cuore di Veronica.
La ritroviamo alla fine del lungo racconto e della sua straordinaria avventura nei suoi pensieri mentre la rivede “camminare bella e decisa nella campagna del Derbyshire con un abito color papavero che ondeggia nella brezza. Veronica: sincera, ostinata e gloriosamente vivace. Uno splendore!”