Mezzo secolo. Cinquanta anni di matrimonio.
Quali sono le memorie degli uomini? Quante possono essere? Dove si trovano? Chi le può raccontare? Cosa possono narrare? Perché vale la pena parlarne? Come si possono scoprire? Vanno preservate? Dove si nascondono? Le memorie sono dette anche ricordi, possono essere conservate non solo sulla pagina cartacea, con le immagini e con i simboli, ma anche in bits & bytes, sulla pagina digitale, che diventa poi dinamica. MEDIUM è il posto ideale.
Amelia ed io ricorderemo a giorni la memoria del nostro matrimonio il 3 agosto 1972. Era un giovedì. I nostri primi cinquanta anni di matrimonio, celebrato nella Cattedrale di Amalfi da Padre Alfonso Arpino, fratello di mia Madre, insieme a Mons. Riccardo Arpino, concelebrante per l’occasione.
Per fare 50 anni, mezzo secolo, ci vogliono 600 mesi, 2608,93 settimane, 18.262,5 giorni, 26.298.000 minuti. Questo è lo spazio che chiamiamo tempo, ammesso che sappiamo di cosa sia fatto questo spazio.
La parola “tempo” è senza dubbio una delle parole più usate e misteriose in tutte le lingue. Eppure il suo uso non ne spiega il senso. La parola viene riferita in innumerevoli contesti. I tanti possibili sinonimi mi fanno smarrire in una selva di significati che mi portano lontano, ma non potrò mai ritornare alla stazione decisiva, quella di partenza: quel giovedì di cinquantanni fa alle ore 18.00.
L’unica cosa che ricordo bene è che al mattino c’era stato un temporale. Poi venne il sereno. Sant’Agostino ha scritto nelle sue “Confessioni”: “Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più.” Dichiarazione semplice ed illuminante.
1. Il tempo esiste. Altrimenti come faremmo a fissare i nostri orologi? Il tempo organizza il nostro universo sia mentale che fisico. Pensate che sarebbe il nostro mondo se le cose fossero sempre le stesse e non ci fosse il tempo a cambiarle. La domanda che ci dobbiamo piuttosto fare è se il tempo è davvero necessario. Forse gli interrogativi che mi pongo sono troppo difficili e qualcuno dirà, con facile battuta, che sto perdendo tempo. Chissà. Se penso a quel giorno, rivivo qualcosa e rivedo qualcuno ancora nel presente, ma so bene che domina l’assenza. Mi resta soltanto l’immagine di un luogo ancora presente, mi manca quel tempo che mi appare perduto e mi illudo di ritrovarlo, ricordando.
2. Il passato e il futuro sono reali. Non tutti sono d’accordo su questo punto. Intuitivamente possiamo dire che “ora”, questo determinato momento, è reale, mentre il passato è stato in qualche maniera “fissato”, ingessato, ed esiste solo nei libri, nei documenti, nelle carte, nelle foto, nelle voci registrate nei volti svaniti e scomparsi. Il futuro in questa immagine all’uscita della Chiesa, dopo la cerimonia, ancora non esiste perché non ha avuto ancora luogo. Ma la fisica ci insegna che ogni momento, in forma di evento sia al passato che al futuro, implica un momento presente. Un fatto difficile da ammettere nella nostra vita di ogni giorno, ma è così. Anche se non possiamo essere al corrente di ciò che accade intorno a noi in ogni momento, viviamo in una realtà a quattro dimensioni: lunghezza, altezza, profondità, in un “continuum” che è il tempo. Questa foto di matrimonio è allo stesso tempo passato e futuro nella loro realtà. La nostra realtà che stiamo celebrando.
3. Ognuno di noi percepisce il senso del tempo in maniera diversa. Ciò è vero sia in senso biologico che fisico. Per Newton il tempo era universale e comune per tutti. Poi venne Einstein e spiegò che invece il tempo per una persona è in stretta relazione al suo muoversi nello spazio e alla forza di gravità. Da un punto di vista psicologico e biologico, il tempo misurato dagli orologi atomici, non è importante quanto quello misurato dai nostri ritmi interni e dalla quantità di memoria che si accumula in ognuno di noi. Tutto accade in maniera diversa, dipende da chi siamo, da ciò che ci accade. Quando invecchiamo ci accorgiamo che il tempo passa molto più velocemente di prima. E chi scrive lo sa bene. Se chiedo a Amelia, cosa ricorda di quel giorno scopro che i suoi ricordi non sono i miei, il suo tempo è diverso dal mio, come lo è il suo passato in questo presente in comune che ieri fu futuro.
4. Si vive nel passato. Ogni nostra azione prima che venga recepita dal nostro cervello impiega una quantità di tempo per essere registrata e riconosciuta. Per la precisione 80 millesecondi. Se mi tocco la punta del naso o quella del piede impiegherò più tempo ad avvertire l’azione nel mio cervello. La nostra esperienza conscia impiega più tempo ad assemblare la sequenza delle azioni. La percezione del momento, di adesso, si può quindi dire che sia già passata. Perciò, viviamo nel passato. La distanza tra le cose che accadono e la loro percezione è di circa 80 millesecondi. Lo dice la scienza coi suoi strumenti, ma il nostro cervello, quello di Amelia e quello di Antonio rivivono la distanza di questo tempo-spazio in maniera del tutto diversa. Una convivenza surreale ha fatto diventare il passato futuro e continuiamo a riviverlo nel presente sempre in maniera diversa.
5. La nostra memoria non è sempre affidabile. Quando ricordiamo un evento accaduto nel passato, il nostro cervello usa una tecnica molto simile a quella di immaginare il futuro. Il processo non è come quello di riprodurre un video, bensì quello di mandare in scena un testo. Se il testo è sbagliato per una ragione qualsiasi, si può avere una memoria falsata simile a quella vera. Per questa ragione le testimonianze visive sono molto discutibili e soggettive e non sempre in un tribunale sono convergenti. Non troverete mai due persone che vedono una cosa alla stessa maniera. Ogni qualvolta Amelia racconta gli accadimenti del suo viaggio per arrivare alla Cattedrale di Amalfi in orario aggiunge qualcosa di non detto, non ricordato, non avvertito allora, ma riconosciuto o ritrovato oggi. Possibile una cosa del genere? Ma, allora, la memoria ci inganna, ci illude o ricrea anche quello che non è mai accaduto?
6. La coscienza dipende dal saper manipolare il tempo. Molte capacità cognitive sono importanti per la coscienza e non ci sono ancora ben note. E’ chiaro, comunque, che la capacità di manipolare il tempo e le sue possibilità costituiscono un aspetto cruciale del problema. Gli animali di terra, al contrario di quelli d’acqua, riescono a possedere un trend visivo molto ampio in modo da avere abbastanza tempo di scegliere tra una gamma di azioni e decidere per la migliore. La coscienza non sarebbe possibile senza la capacità di immaginare un altro tempo. Ma quanti umani sanno di avere una coscienza? Sapevamo Amelia ed io che avremmo dovuto trovare il modo e la maniera per costruire un tempo nuovo per noi, in uno spazio tanto nuovo e misterioso, quanto inesplorato e pericoloso? Lo spazio di questi cinquanta anni sono una testimonianza quasi metafisica.
7. Il disordine aumenta man mano che il tempo passa. La differenza tra il passato ed il futuro, la memoria, l’invecchiamento, la casualità e il libero arbitrio, poggia sul fatto che l’universo evolve in continuazione dall’ordine al disordine. L’entropia è in continuo aumento a parere dei fisici. Ci sono molte maniere di essere disordinati, la cui condizione prevede una elevata entropia, rispetto all’ordine che ha una bassa entropia. L’aumento di quest’ultima, pertanto, risulta del tutto naturale. Ma per comprendere la bassa entropia dei tempi passati c’è bisogno di risalire al Big Bang. Gli scienziati non hanno ancora potuto dare una risposta al perchè l’entropia era bassa in quel tempo e come questo suo aumento influenza la memoria e la sua casualità. A distanza di cinquanta anni, dopo il nostro Big Bang, non saprei valutare se l’entropia della nostra convivenza sia stata elevata o ridotta, se abbiamo proceduto dall’ordine al disordine o viceversa.
8. La complessità va e viene. Diversamente da chi si ritiene creazionista, gran parte delle persone non hanno problemi nel valutare la differenza tra “ordine” e “disordine”, vale a a dire tra bassa ed alta entropia. Questa entropia aumenta ma la complessità è effimera, volatile, aumenta e diminuisce in maniera intricata, non senza sorpresa. Il lavoro svolto dalle strutture complesse è quello di aumentare l’entropia come nel caso dell’origine della vita. Ma siamo lontani dal capire questo fenomeno davvero unico. Una cosa certa la posso dire in ogni caso, e cioè questo mezzo secolo di vita vissuta in comune ha dimostrato che vivere la complessità è la grande sfida di chi decide di scegliere il matrimonio e di vivere in una condizione di “ordine” imposto da una legge, non solo di natura, ma anche di diritto.
9. L’invecchiamento può essere invertito. Tutti invecchiamo e questo fa parte della corsa verso il disordine sempre crescente. Ma è solo l’universo come il tutto che deve aumentare in entropia, non solo ogni sua componente. Se si inverte la freccia del tempo in un organismo vivente facciamo una sfida tecnologica ma non una impossibilità fisica. Stiamo facendo progressi su nuovi fronti come le cellule staminali, il lievito e anche i topi e il tessuto muscolare umano. Qualcuno pensa alla vita eterna, che non è imminente, ma prima o poi qualcosa avverrà. Molti osano crederci e sperarci. Ma per fare cosa? Io poi mi chiedo. A me personalmente piacerebbe avere la possibilità di ricominciare tutto d’accapo. Non so cosa farebbe Amelia se potesse invertire la freccia del tempo e ritornare a quel giorno di cinquanta anni fa. A dire il vero, non saprei dire nemmeno io. Un ritorno al passato? Forse è meglio il futuro, piuttosto che sfidare la freccia.
10. Il tempo medio di una vita è fatto di un miliardo di battiti cardiaci. Gli organismi sia semplici che complessi muoiono. E’ triste dirlo ma è una parte necessaria del quadro della condizione umana: la vita spinge al nuovo, eliminando il vecchio. C’è una semplice scala di valori in questo senso e riguarda il metabolismo del corpo.
Per fare cinquanta anni di vita matrimoniale ci vogliono due miliardi di battiti per sfidare insieme il tempo e il suo spazio verso il metabolismo spirituale.