Malacqua, un libro che è un “amarcord” …

Antonio Gallo
9 min readMay 10, 2022

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Il Libro

Per scrivere di questo libro userò le etichette che gli ho assegnato su GoodReads per esprimere il mio giudizio: autore, bibliomania, in-italiano, luoghi, microstoria, narrativa, natura, passato, ricordi, scrittura, stampa, tempo, vita.

L’autore, il cognome. Ho letto per anni gli articoli ed i corsivi che il padre di Nicola, Antonio Pugliese, scriveva sul quotidiano di Napoli ROMA. Quando in Rete mi sono imbattuto nella notizia della ri-pubblicazione , si sono riaccesi i ricordi, i miei, quelli di quando, anni cinquanta, invece di studiare, leggevo i giornali e sognavo di diventare giornalista. Meno male che sono stato altro.

Ricordo di avere letto qualcosa anche di Nicola Pugliese ma non ebbi modo di approfondire quando venne fuori il suo libro. Ho reperito in rete un articolo scritto da Mimmo Carratelli per la edizione napoletana di Repubblica e così ho potuto ricostruire la memoria, sia quella perduta che quella ritrovata. Il libro l’ho letto in versione Kindle e mi è piaciuto, da tre stelle.

Flusso della coscienza, monologhi interiori e esteriori, taglio giornalistico, fatalistico, deterministico. Mi ha molto affascinato la narrazione che è stata fatta dell’autore, anzi Pugliese Nicola. Tutti i personaggi del suo libro sono segnati dal loro Cognome e Nome, come un marchio che li qualifica e li determina inesorabilmente. Molto interessante la introduzione di Francesco Palmieri.

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NICOLA PUGLIESE
Il “marinaio” che finì sugli scaffali accanto a Borges
DI MIMMO CARRATELLI

Crediamo sia appropriato cominciare questa storia con “Perzechella”, che tanti anni fa era una bambina, e, a quei tempi, diciamo la metà degli anni Settanta, ci sembrò la cosa migliore fatta da suo padre. Lui ebbe due anni favolosi, l´anno in cui nacque “Perzechella” e l´anno dopo quando pubblicò “Malacqua”, letto da Italo Calvino ed edito da Einaudi, e fanno trent´anni esatti che sbocciò questo libro magnifico di «quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa che si verifichi un Accadimento straordinario».

Oggi tutto sembra lontano, anche perché quelli furono gli ultimi anni magici di una città, e poi la droga e il terrorismo cambiarono molte cose, e il padre di “Perzechella” ha superato i sessant´anni e ci ritroviamo in una piazza di paese, che è il paese di Avella, due piazze e otto bar, poco lontano dall´uscita dell´autostrada a Baiano, e che cosa ci faccia qui Nicola Pugliese, di lui stiamo scrivendo, è difficile da capire visto che abitava a Napoli in via Petrarca col panorama più bello del mondo davanti agli occhi.

In quella casa abbiamo consumato notti di poker e di whisky, fino a certe struggenti albe sul golfo, dopo il lavoro al giornale che era il vecchio “Roma” diretto da Alberto Giovannini, un asso e un uomo affascinante. Avevamo la fissa del giornalismo e stavamo al terzo piano del palazzo della Flotta Lauro, in via Marina, un edificio di acciaio, vetri e cartone compresso. Allora i giornali erano tutto un ticchettìo, quello nervoso, pesante e insistito delle macchine per scrivere e il ticchettìo più leggero, quasi un fruscio, delle linotypes che dal piombo fuso traevano le righe di stampa. I vecchi tipografi ce ne lasciavano sempre una rovente in mano perché, buggerati, gli pagassimo il caffè.

Nicola era un giovane alto, dinoccolato, con gli occhiali e i capelli neri fluenti, prima di diventare un adulto, stempiandosi e facendosi crescere un pesante baffo, e lavorava senza esibire la passione per il mestiere di giornalista, ma mostrando una accertata pigrizia, accentuata dal modo di camminare lento e ondeggiante, e un disincanto velato di malinconia. Il fatto è che Nicola era stato incastrato in redazione dal padre, che voleva tenerlo sottomano e trasmettergli il suo stesso mestiere. Così facendo, lo sottrasse a due diversi destini. Uno era il teatro che aveva fulminato Nicola, giovanissimo, dopo avere assistito, al Mercadante, a una commedia di Ionesco interpretata da Carmelo Bene. L´altro era un destino di mare e di marinaio in ogni porto per girare il mondo. Pur mostrando presto un naturale talento per il giornalismo, Nicola si portò dentro un broncio romantico per non avere potuto scegliere la sua vita su un palcoscenico o su una nave.

Gli faceva ombra il padre, Antonio Pugliese, uno degli anziani più suggestivi del giornale, scrittore incisivo e polemico, con un passato di guerra in Spagna, dalla parte di Franco, e una scheggia in una gamba che trascinava con grande eleganza e fierezza. Scriveva anche canzoni e con una, “Vurrìa”, vinse il Festival di Napoli come non riuscì a Giuseppe Marotta. E un fratello di Nicola, Armando, lui sì intraprese liberamente la strada dei palcoscenici, diventando un regista affermato. In un certo senso, il padre e il fratello prosciugarono in famiglia le strade del successo, e forse Nicola ebbe difficoltà o addirittura rifiutò di essere il terzo popolare Pugliese. Poi, in una stanzetta della redazione spettacoli, dov´era finito dopo avere abbandonato l´aspra cronaca nera, Nicola andò scrivendo il suo capolavoro, “Malacqua”, che è uno dei libri più belli su Napoli, forse il più bello con “Ferito a morte” di La Capria.

Fu così che, una sera, ce ne portò il dattiloscritto mentre picchiavamo sulla Olivetti le ultime frivolezze sul Napoli di Vinicio. E non avemmo alcun dubbio che quel libro fosse un capolavoro, a parte l´inizio un po´ lento che, poi, fu contestato da Calvino col quale Nicola ebbe un vivace scambio di lettere concludendolo con una frase secca: «Con tutto il rispetto, o pubblicate il libro così com´è o niente». Ed Einaudi lo pubblicò. Sicuramente il terzo dei Pugliese sarebbe divenuto il primo, come meritava, se per “Malacqua” ci fosse stato, come sembrava scontato, l´eco più ampia. Ma Nicola pagò il ruolo periferico di Napoli, in tutti i sensi, e l´estraneità a ogni “giro” opportuno che, col carattere che aveva, non avrebbe mai frequentato inserendovisi al solo scopo di lanciare il libro.

Fu una nuova ferita dopo il palcoscenico e la nave perduti? Ne parliamo oggi, dopo trent´anni, attorno a un tavolino del Bar Pasquino, nella piazza di Avella, sullo sfondo il palazzo ducale, mentre Carmine Guerriero, il proprietario, ci offre una birra e un tramezzino. Nicola Pugliese vive ad Avella da quasi quattro anni, emigrante fisico, lasciando Varcaturo, territorio di reumatismi e trambusti esagerati, dov´era andato lasciando la casa di via Petrarca dopo essersi incasinato nell´acquisto di una rotativa (!), e pellegrino d´amore per essere vicino a sua figlia, “Perzechella”, oggi una superba donna alta e mora, sposata e madre di due adorabili bambine, che abita col marito a Mugnano del Cardinale, il centro praticamente attaccato ad Avella.

Nicola dice che l´esito ingiusto di “Malacqua” non gli ha lasciato nessuna ferita, ed è sincero, «perché così dovevano andare le cose, e il tempo magico è corso via», e poi «l´affermazione dei libri è quasi sempre inversamente proporzionale al loro valore, non si spiegherebbe altrimenti il successo di autentici polpettoni».

Quello che temevamo era di trovare un amico malinconico, confinatosi lontano dal mare, ma Nicola, invece, scherza mostrandoci tutt´intorno le montagne che circondano Avella, e neanche il problema agli occhi che lo affligge ne ha ridotto la vitalità e il gioco dei discorsi sul filo dello humour che sono diventati l´attrazione del paese, risultando lui già autorevole per l´etichetta di intellettuale giunto da Napoli, però non un intellettuale noioso e supponente, ma un autentico sfottitore di tutto e di tutti fino a inventare, su pochi dati raccolti, una sensazionale storia di Avella che racconta agli avellani, più avvincente di quella vera. Ne ha fatto anche un lavoro teatrale, dal titolo “Rainaldo II”, che la compagnia di attori del paese “La Mela” porterà sulle scene del teatro locale, l´ex Sala Azzurra che una volta proiettava film porno.

La moglie, che ha un nome lungo quanto un´autostrada, Marie Barthelemy Conçalves Pinto do Sacramento Gotti (insieme dal 1966, sposati nel 1970), «un po´ francese, un po´ italiana, un po´ brasiliana», è il suo straordinario alleato in questa scelta di vita, lontano da Napoli, che pure è vicinissima.
Marie è una donna magnifica, forte di un ottimismo sincero, ironica da essere una compagna sempre vivace e con un viso che esprime la calda bellezza delle donne dei tropici. Ha smesso di essere gelosa di Nicola, che oggi chiama «il cucciolone», gelosia che è rimasta alla loro figlia Alessandra, “Perzechella”, che si turba ancora se una donna guarda suo padre, come le succedeva da bambina quando, una volta, in compagnia dei genitori, di fronte a una ragazza che guardava insistentemente Nicola andò a chiederle minacciosamente se avesse intenzione di fidanzarsi col padre. Della mancanza del mare ha sofferto di più Marie, il primo anno ad Avella, tanto da allungarsi con la macchina verso Nola dove poteva vedere il Vesuvio e immaginare il golfo.

Avella è il più tranquillo e appartato paese di un comprensorio di 15 comuni, molti dei quali sfacciatamente all´americana con snack e supermercati, altri cresciuti a dismisura e altri ancora che sono solo file di case lungo la via Nazionale delle Puglie. Ad Avella, Nicola Pugliese vive tra i suoi nuovi amici che sono come una compagnia di giro, personaggi genuini e simpatici, professionisti e operai, un po´ appartato solo don Franco, il parroco della chiesa di San Giovanni, che passa per il Bar Pasquino solo per consumare gelati di cui va ghiotto. Al tavolino del tressette, sulla piazza, si alternano Nico Salvi, il sindaco, che ha deciso di assegnare una stanza a Nicola nel palazzo ducale; Sabatino Guerriero che fa di mestiere ‘o funtaniere solo quando sta di genio e se il cliente è simpatico; Pellegrino Napolitano, anarchico e rivoluzionario, che ha scritto 700 poesie; Lucio Belloise, chitarrista e cantante, che esplode d´estate quando va a esibirsi nei locali del Cilento; Gennaro Noviello, vigile urbano, attore e patito delle slot-machines; Mimmo D´Avanzo, scapolo impenitente; Nicola Bizzarro, vigoroso a 77 anni, che ha ancora la grande passione di lavorare la terra e dispensa scarola, nocelle e funghi; Antonio Tulino, anima critica del paese, che compone, stampa e affigge i manifesti dei suoi rimbrotti pubblici firmandoli “La sfida”; Riccardo D´Avanzo che Nicola ha soprannominato Lucariello dopo la magnifica interpretazione in “Natale in casa Cupiello” della Compagnia La Mela, regista Maria Grazia di Palo, coreografia di Alessia Surriento.

Il problema, dice Nicola, è quello di avere trovato pochi giocatori di scacchi ad Avella con cui misurarsi, per esempio Antonio “Topolone”, detto anche il norvegese per via di un giubbotto comprato in Norvegia, e Alfonso Cessari, e di essersi dovuto adattare al gioco della dama che raccoglie un maggior numero di appassionati. «La cosa bella — dice ancora Nicola — è che qui ci sono ancora le vecchie sedi dei partiti, solo che hanno cambiato insegna e, finite le ideologie supreme, è rimasto lo scopone». A pallone non gioca più, nostalgica rinuncia dopo avere fatto la mezz´ala nella “Salvator Rosa”, la squadra di Materdei nella quale giocava fianco a fianco con Ciccio Cordova (fantasista del pallone che ha giocato in serie A) quand´erano ragazzi e abitavano in quello stesso quartiere.

Al Bar Pasquino conservano gelosamente una copia di “Malacqua” della seconda edizione, quando il romanzo di Nicola passò nella collana einaudiana “I Nuovi Coralli”. «Pensa un po´ — lui dice — fianco a fianco a Borges». Sogni e racconti ne ha ancora nel cassetto, che è un baule pieno di carte. Dipinge sempre con passione, fedele ai suoi modelli, Chagall, Kandinskj, Gauguin. Canzoni non ne scrive più. La più bella, “Tu credevi”, la cantava Carlo Missaglia, l´asso della chitarra, col quale progettò un sodalizio artistico a Procida, ma non ne fecero nulla.

Allora, nessuna ferita per “Malacqua”? «Sono in una collana con Borges, che cosa vuoi di più?», ripete, e ricorda d´essere stato definito il Salinger napoletano. Jerome David Salinger di New York scrisse un solo romanzo, “Il giovane Holden”, e poi più nulla di memorabile. «Modestamente — dice Nicola ironico — come ho fatto io, un solo romanzo. Ma ricordati che dovevo fare il marinaio, o l´attore e il regista di teatro, e ho fatto solo il giornalista, e questo sono stato, non ho mai pensato di essere un romanziere. “Malacqua” mi venne giù proprio come la pioggia fitta e interminabile su Napoli che ho raccontato». La Napoli sublunare, misteriosa, tragica e grottesca, allucinata e sospesa di Nicola Pugliese. «Luigi Compagnone mi guardava con affetto, segno del suo apprezzamento, per il resto un bel silenzio. C´erano tanti scrittori napoletani, ma molti erano via e quelli rimasti erano dei solitari, simpaticamente folli, o tristi, un po´ egoisti, individualisti sicuramente, e forse un po´ invidiosi, chissà…». Nessuna ferita. Il mare non bagna Avella, ma Nicola avrà una stanza nel palazzo ducale. «Una nobile conclusione», dice sorridendo.

La Repubblica 13 marzo 2007

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Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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