Ma col passare degli anni guadagniamo o perdiamo “cose”?

Antonio Gallo
9 min readJan 14, 2024

--

I Flipback
Gerry Scotti

C’è chi ama andare alla ricerca del tempo perduto e non lo ritrova, così come c’è chi lo ritrova e non lo riconosce.

Nel 1929 inventò i Gialli. Poi vennero i libri della Medusa (1933), gli Urania (1952), gli Oscar (1965), i Miti (1995) e i NumeriPrimi° (2011). Poi l’editore Mondadori fece un passo avanti, e portò in Italia un nuovo tipo di libro. Non sto parlando di eBook, ma di oggetti tanto piccoli quanto preziosi: sono i Flipback, i libri che si sarebbero dovuti leggere in orizzontale e stavano tutti nel palmo di una mano.

Simili per dimensioni a uno smartphone, ma dalla carta pregiata e sottile. Perfetti per stare in tasca, nella borsa e leggere ovunque. Libri che avrebbero dovuto unire il gusto per la tradizione con un sistema brevettato da un editore olandese specializzato in Bibbie, e una sensibilità squisitamente contemporanea. Libri che a me piacevano sopratutto per la novità. Una “cosa” nuova che presto però sarebbe stata “persa”.

Mondadori iniziò proponendo in formato Flipback alcuni grandi successi degli ultimi anni: “Splendore” di Margaret Mazzantini, “Inferno” di Dan Brown, “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano. Le prime uscite, poi si sono “perse” sulla strada del digitale, sono scomparsi sugli scaffali delle librerie cartacee e sono finite nel mondo delle “cose perse”.

Ho ritrovato il testo di Francesco Guccini, cantautore, scrittore e attore, quando è uscito il libro di Gerry Scotti. Il famoso presentatore ha saputo sfruttare la sua grande presenza televisiva scrivendo questo libro con la domanda indiretta “Che cosa vi siete persi”. E’ presente nelle classifiche delle vendite da diverse settimane e sono felice per lui.

Devo dire però che di fronte al libro di Guccini non ci sono paragoni. Solo 25 “cose” che ci saremmo perdute di fronte alle centinaia elencate con grande maestria e attenzione da Guccini. Incredibile l’elenco delle cose elencate e perdute in questo “flipback” mondadoriano, un esperimento davvero “perduto” nel tempo dell’editoria.

Un libricino comunque prezioso, specialmente per chi, come me, se le ricorda tutte queste cose, o quasi. Dalla “banana”, che non è il frutto ma il tipo di fasciatura per neonati, al flit; dalla maglia di lana alla carta moschicida; dalla naia alla ghiacciaia; dai pennini al prete, che non è il parroco; dalle pezze al culo ai vespasiani, le cartoline, il deflettore, l’autoradio, le donne seminude del calendarietto dei barbieri, la carta carbone, la letterina di Natale e l’idrolitina, per concludere il tutto con la catena di sant’Antonio, che guarda caso, proprio come una catena, chiude il libro.

Le “cose perdute” sono più di cento, ma davvero nella vita di chi è un dinosauro come me, le “cose” perdute sono certamente molte di più. Bisogna però, per la legge del contrappasso, calcolare quelle che abbiamo guadagnato. Se ne volete una prova, vi dico che mi impongo di non andare al quarto piano della nostra abitazione.

Nel sottotetto, diventato mansarda, da quei due balconi del palazzo, dove abitiamo ormai da quaranta anni, ai piedi del monte Saro, nella frazione di Episcopio, l’occhio, tra nord e sud, si distende da una parte sulla magica, antica e misteriosa Valle dei Sarrasti.

Da nord verso sud, dal Vesuvio al Faito, lo sguardo scorre e si sofferma sulla guglia del campanile della chiesa di Pompei, si intravede il monte Solaro di Capri, si osserva il luccichio del fiume che scorre come un serpente, in una valle che non ha più nulla del suo verde originario, il verde della “Campania Felix”. Una prima “cosa” perduta.

È visibile soltanto un sequenza di massiccia cementazione fatta di stabilimenti e ciminiere che, quando l’aria ristagna, è coperta da una nebbia che sembra una inquinata città cinese. Se passo all’altro balcone mi appare la facciata in tardo stile romanico della chiesa concattedrale di San Michele, Patrono e Arcangelo di Episcopio frazione della città di Sarno. Sono ancora visibili le ferite dell’imponente Saro provocate dalla nota catastrofe del maggio 1998. Speriamo tutti che quelle “ferite” siano “perdute” per sempre.

Queste sono le magnifiche viste che si godono all’esterno di questi due locali che fanno da sottotetto, in un complesso edilizio che continua chiamarsi, con un nome ormai “perduto”, diventaro oggi ridicolo, un francesismo superato sia dalla storia che ogni forma di ideologia. Una “cosa” del passato, appunto, per fortuna, persa: l’idea della “Comune”. Chi conosce la Francia e la sua storica rivoluzione capirà.

Le due stanze trasformate in studio e biblioteca sono ripieni di memorie personali e familiari che si manifestano in vario modo. Un vero a proprio luogo delle “cose perdute”. Abbondano i libri, non mancano i quadri, i disegni, le fotografie, documenti, riviste, giornali che fermano il tempo, e ricordano “cose” perdute negli trascorsi.

Scaffali ripieni di libri, tiretti stracolmi di lettere, cataloghi, fotografie, memorie scritte a mano e a stampa. Se apro poi i due armadi di ferro, li trovo colmi di centinaia di cassette audio e video, dischi in vinile, la mitica Olivetti 22, registratori a nastro, radioline di vario tipo, macchine fotografiche, cuffie, cartoline in tutte le lingue.

Memorie di “cose” perdute, che le ritrovi e hai difficoltà a riconoscerle come tue. Riprendono vita, se le prendi tra le mani, ti parlano, ti provocano, ti rimproverano. Rivedo una serie di audio cassette, una edizione della Bibbia registrata e drammatizzata in audio.

La maestosa, imponente Enciclopedia Britannica rilegata in lucida pelle marrone che ritrovo poi in un unico, semplice dischetto, il mitico floppy disk. Decine e decine di volumi “perduti”, trasferiti e trasformati in un singolo disco magnetico.

E non so dove siano finiti poi i dovuti apparecchi per ascoltare queste opere: il registratore audio e video, il lettore magnetico, il proiettore della diapositive. Ve li ricordate? “Cose” perdute, che diventate mute.

Un mondo “perduto”, è vero, ma che so di poter ritrovare, se lo voglio, e so farlo, in una “nuvola” digitale. Una “cosa” del tutto nuova, invisibile, strana, diversa. Tutto scorre e si trasforma e non me ne sono accorto. La trasformazione è accaduta nell’arco di tre/quattro decenni.

Legittima la domanda che mi pongo: ma le “cose” che ho perduto sono di più o di meno di quelle che ho poi ritrovato? Un argomento intrigante riguardo al passare degli anni e alla conseguente perdita di “cose” di cui stiamo parlando. Da settimane il libro di Scotti è in vetta dei libri più venduti anche se, a mio modesto parere, non lo merita se lo si paragona con quello di Guccini.

Desidero qui contrapporre alle idee che esprimono i due autori il mio pensiero, sostenendo che, al contrario, l’evoluzione della società ci porta costantemente a trovare nuove opportunità e a beneficiare di miglioramenti significativi.

Mentre alcune “cose” possono andare perdute nel tempo, sostengo che le nuove “cose”, le scoperte e le innovazioni ci arricchiscono in modo più sostanziale. Sono diversi gli aspetti di questa prospettiva, spero di dimostrare come il progresso tecnologico, sociale e culturale ci offre sempre un futuro di promesse e potenziali inaspettati.

Altre “cose” nuove, diverse, strane tanto che possono essere invisibili, certamente migliori, sono apparse. Come possiamo sentire di aver perduto qualcosa che non ci serve più? Il progresso è un motore di opportunità. Uno dei principali catalizzatori della nostra crescita e sviluppo è il progresso tecnologico.

Con l’avanzamento della tecnologia, abbiamo accesso a nuovi strumenti, risorse e informazioni che ci consentono di superare le limitazioni del passato. Ad esempio, l’avvento di Internet ha aperto le porte a un mondo di conoscenza senza precedenti, consentendoci di apprendere, di connetterci e collaborare in modi impensabili prima.

L’innovazione tecnologica ci ha anche fornito soluzioni per sfide che un tempo sembravano insormontabili, migliorando la qualità della vita e aprendo nuove opportunità lavorative. Che dire poi del progresso sociale e culturale? Viviamo in una società in continua evoluzione. Non solo la tecnologia, ma anche l’evoluzione sociale e culturale ci offrono un panorama sempre più ricco di opportunità.

Nel corso degli anni, le società si sono aperte a una maggiore diversità, accettazione e uguaglianza. Ciò ha portato a un’enorme crescita nella creatività, nella collaborazione e nell’innovazione. Grazie a una maggiore apertura mentale, siamo in grado di scoprire e apprezzare nuove “cose” che si trasformano in prospettive, abbracciano culture diverse. Tutto questo arricchisce il nostro mondo interiore e ci permette di sperimentare opportunità di crescita personale e collettiva.

Nuove realtà scientifiche ampliano i nostri orizzonti. Le nuove scoperte e il progresso nella ricerca ci portano costantemente verso nuovi orizzonti. Gli scienziati e i ricercatori di tutto il mondo lavorano per comprendere meglio il nostro universo, le “cose” si manifestano sia in forma macroscopica che microscopica. Le nuove “cose” compaiono in forma quantistica.

Ogni nuova scoperta apre una finestra su diverse possibilità e ci aiuta a far progredire la nostra conoscenza e la nostra comprensione del mondo che ci circonda. Queste scoperte hanno il potenziale di migliorare la nostra salute, risolvere problemi globali e fornire soluzioni innovative per le sfide che affrontiamo come società.

Nonostante Gerry Scotti sostenga che con il passare degli anni ci perdiamo sempre “qualcosa”, è fondamentale considerare il lato positivo del progresso e dell’innovazione. Con il trascorrere del tempo, nuove opportunità si presentano davanti a noi e non possiamo respingerle.

Le nuove scoperte scientifiche ampliano i nostri orizzonti, ci portano verso un futuro di potenziali inesplorati. Guardando al futuro, dobbiamo abbracciare le opportunità e sfruttare al massimo le risorse che abbiamo a disposizione per creare un mondo migliore per tutti.

Il bilanciamento tra progresso tecnologico e preservazione delle tradizioni e dei valori culturali è un tema importante, poiché entrambi gli aspetti sono essenziali per il benessere e l’identità di una società. “Cose” nuove hanno creato diverse strategie per raggiungere nuovi equilibri che hanno valorizzato e promosso la consapevolezza culturale. Sono convinto che quelle nuove superano quelle perdute.

La realtà è fatta di “cose” che sono sotto gli occhi di tutti, anche se non la si vede. Sono trascorsi ben trenta anni dall’avvento del mondo che è stato avvolto da quella che chiamiamo Rete. Una "cosa” che non si tocca, non si vede come tale e di cui ci rendiamo conto che ormai non è più possibile vivere senza.

Se non ci fosse, mancherebbero i collegamenti, la condivisione, la socializzazione, in una parola le “cose” dei contatti. Tutte invisibili, mai viste prima su questa Terra. Almeno in queste forme.

I fili di “cose” di chi guarda al futuro in maniera positiva sono sempre i libri, alla stessa maniera di come quelle “cose” che si chiamano “link” sono i fili del webomane. “Cose” del passato che si trasformano e diventano altre “cose”.

In fondo i libri e i link sono fratelli gemelli, nati in età diverse, ma contemporanei di fatto. I primi allineati sugli scaffali del mondo, i secondi legati dal filo indissolubile del tempo telematico.

Gli scettici hanno definito Internet uno strumento invisibile, falso, irreale ed ingannevole, un mondo fatto di “cose” inisistenti, una “non-cosa”, una irrealtà che spinge alla semplificazione e alla superficialità.

Ma la profondità di certe “cose” non sta mai nella sua lunghezza. Questi scettici dimostrano semplicemente di non aver capito nulla della “cosa” chiamata Rete. Le “cose” che abbiamo perduto si sono trasformate in “bits & bytes”.

I “bit” e i “byte” sono le unità fondamentali dei dati nell’informatica. Un “bit” è l’unità di informazione più piccola e può rappresentare un 0 o un 1. Un “byte” è un gruppo di 8 bit e può rappresentare una gamma più ampia di valori, inclusi lettere, numeri e simboli.

I “bit” e i “byte” vengono utilizzati per memorizzare e rappresentare le “cose” che ora si chiamano “dati”, in tutti i tipi di sistemi informatici, dagli smartphone ai supercomputer. Vengono inoltre utilizzati per misurare la quantità e la qualità della nostra conoscenza che caratterizza la nostra essenza umana.

La risposta alla domanda se perdiamo o guadagniamo “cose” dipende da come si definisce “perdere” e “guadagnare”. In un senso puramente materiale, è innegabile che con il passare degli anni perdiamo alcune cose.

La nostra salute fisica inizia a declinare, e possiamo perdere i nostri cari per morte o allontanamento. Possiamo anche perdere la nostra abilità fisica di fare le cose che facevamo una volta, come guidare, correre o giocare a sport.

Tuttavia, in un senso più ampio, è anche vero che con il passare degli anni guadagniamo alcune cose. Acquistiamo esperienza, saggezza e comprensione del mondo. Impariamo a conoscere noi stessi e a ciò che è importante per noi. Sviluppiamo relazioni significative con gli altri.

La risposta alla domanda se perdiamo o guadagniamo cose con il passare degli anni resta complessa e dipende da come si guarda alla vita. Se ci si concentra sugli aspetti materiali, è inevitabile che si perdano alcune cose. Tuttavia, se ci si concentra sugli aspetti immateriali, è possibile vedere che si guadagnano anche molte cose.

Perdiamo la nostra salute fisica, i nostri cari, la nostra abilità fisica, la nostra giovinezza, la nostra innocenza.
Guadagniamo l’esperienza, la saggezza, la comprensione del mondo, la conoscenza di noi stessi, le relazioni significative, la prospettiva.

La nostra visione di questi cambiamenti dipende da molti fattori, tra cui la nostra personalità, la nostra cultura e le nostre esperienze personali. Alcune persone possono vedere i cambiamenti come un declino, mentre altre possono vederli come un’opportunità di crescita. Per me questo resta il migliore dei mondi possibili. Sono in compagnia di Leibniz.

--

--

Antonio Gallo
Antonio Gallo

Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

No responses yet