L’uomo che gioca non invecchia
“L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare.” Così ha scritto Gianfranco Ravasi, scrittore, biblista, teologo, ebraista, nonchè cardinale ed autorevole firma dell’edizione domenicale de “Il Sole 24 Ore”, titolare della imperdibile rubrica “Breviario”. Nel “pezzo” che qui di seguito leggete si occupa di una condizione umana, in senso sia fisico che mentale e culturale che mi tocca da vicino. Mi separano solo tre anni dal suo anno di nascita, in anticipo su di lui, ma mi ritrovo in pieno nella realtà che così magistralmente descrive: l’uomo che invecchia. Ma leggete prima quello che lui scrive:
Per alcuni antropologi l’ominizzazione si sarebbe compiuta quando quell’essere ancora animalesco abbandonò la strada della necessità, dell’utile, della prevaricazione per avere, e fece un atto gratuito e «inutile», come mettersi a giocare o a tracciare qualche segno simbolico o a mirare i colori dei fiori. Purtroppo bisogna riconoscere che il gioco libero e puro sta trasformandosi sempre più in affare e persino in violenza: si pensi solo alla degenerazione dello sport fuori e dentro gli stadi nelle partite di calcio, al giro finanziario che ruota attorno ad esse, al doping e così via.
Il bambino, prima che sia pervertito dai giochi elettronici, riesce ad attestare la bellezza e la creatività del giocare: una paletta e un po’ di sabbia, ai suoi occhi, diventano architettura, così come una scopa può trasformarsi in un cavallo. Allo stesso modo, l’anziano, prima di essere isolato in un appartamento di un anonimo palazzo di periferia, passava ore di serenità e di impegno assoluto giocando a carte con gli amici o a bocce, una pratica ora quasi scomparsa. Tutte queste osservazioni, per altro un po’ scontate, ci fanno comprendere il significato della battuta sopracitata dello scrittore irlandese George B. Shaw: anche nel vecchio il gioco riesce a mantenere vivo e libero lo spirito e persino fresca la mente. E a questo proposito, come non spezzare una lancia a favore dell’enigmistica?
Sono sicuro che se George B. Shaw, famoso scrittore inglese, premio Nobel per la letteratura nel 1925, fosse “vecchio” oggi, a distanza di quasi un secolo, non si darebbe soltanto alla enigmistica, come fanno molti amici miei dinosauri, ma troverebbe il modo di conciliare questa intelligente attività mentale quale è l’enigmistica con quella digitale.
Le opere di questo caratteristico esponente della borghesia intellettuale antiborghese sono giostre d’idee oltre che opere di teatro. Shaw privilegiava, è vero, l’intreccio. I suoi personaggi sono, di solito, portavoce di teorie e punti di vista contrastanti. Il suo era sempre un vivace gioco intellettuale, le molte arguzie e i molti paradossi, divenuti famosi, con cui criticava le caratteristiche e le istituzioni del popolo inglese.
Oggi avrebbe certamente fatto quello che ho fatto io. Mi sono regalato un Fire 7 di Amazon. Lui era un fervente seguace del pensiero scientifico della seconda metà dell’Ottocento, con la teoria darwiniana, e la continua tendenza a dare una spiegazione naturalistica di ogni realtà umana. Avrebbe senza dubbio fatto una scelta evoluzionistica come quella che ho fatto io.
Da semplice figlio di tipografo post gutenberghiano io, lui avrebbe saputo portare alle estreme conseguenze il suo pensiero evoluzionista, facendolo trasformare in mutazione. Trasformazione della comunicazione umana, da tipografica e manuale, lettera per lettera, carattere per carattere, ai bits & bytes digitali, il passo non è breve, ma lungo quanto una evoluzione che diventa trasformazione.
Fire 7 è una piattaforma-mondo digitale nelle tue mani per pochi euro. L’accendi e la schermata ti dice: Home, Per te, Libreria. Tre canali, che sono orizzonti da esplorare ed acquisire. Il mondo a portata di mano, le tue dita alla tastiera, la tua mente in rete, la tua intelligenza in libertà. La conoscenza non è più un enigma, gli esercizi non saranno soltanto giochi enigmistici. La saggezza resterà quando avremo dimenticato tutto quello che abbiamo imparato.