L’insostenibile piacere di essere un dinosauro moderno …

Antonio Gallo
4 min readMar 15, 2024

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Il Libro

Stai leggendo un libro. E se provi a muovere le dita sul foglio per ingrandire le parole non accadrà nulla, perché è un libro di carta, un libro vero. Scritto da una persona in carne ed ossa, non dall’intelligenza artificiale. Un autore, Gianluigi Paragone, che non ha paura a denunciare dove ci stanno portando e come vorranno farci vivere, tra cibi sintetici e Natura sovvertita, tra umanoidi e intelligenze artificiali. È un libro sincero, nel senso che ti dice da che parte sta: sta dalla parte dell’identità, della tradizione. Sta dalla parte dei nostri nonni. Sta dalla parte di chi rispetta la Terra e non ha bisogno di farsi dare patenti di ecosostenibilità. Sta dalla parte dell’Italia e del suo saper fare. È il racconto di un mondo forse passato di moda ma che, nel solo ricordarlo, ti farà sorridere e forse persino stare bene: i dischi o le cassettine, i dvd che si noleggiavano al Blockbuster, i gettoni del telefono, la Polaroid, le feste e le tavole imbandite. Un racconto di un mondo vero e non virtuale, genuino e non sintetico, artigiano e non artefatto; dove non sei controllato e spiato da microfoni, telecamere e sensori sempre accesi. Un mondo vero contro un mondo moderno. E se questa è la Modernità allora… Moderno sarà lei. Prefazione di Mario Giordano.

“Storie che segnano” è la frase con la quale l’editore di questo libro, scritto da Gianluigi Paragone, si autopresenta. Il libro vuole essere, appunto, una storia negativa della modernità che stiamo vivendo.

L’ho chiesto alla rinomata libreria Feltrinelli sotto le torri di Bologna, la massima espressione della modernità libraria in questo Paese. Almeno così pensavo. Non ce l’avevano. La smart, occhialuta bionda al desk dell’accettazione mi ha detto che avrebbe potuto farmelo avere in un paio di giorni. Ho preso il mio cellulare e ho mandato l’ordine a Amazon.

Il giorno dopo il corriere me l’ha portato fino a casa di mio figlio dove al momento mi trovo, a un tiro di schioppo dalla libreria di Feltrinelli. Tutto alla velocità della modernità, devo dire, con grande soddisfazione di un dinosauro che non dimentica mai di essere figlio di una famiglia di tipografi post-gutenberghiani meridionali.

Quando l’autore di questo libro Gianluigi Paragone, giornalista, scrittore e uomo politico nacque (classe 1971), chi scrive questo post era alla vigilia di sposarsi. Entravo nel secondo ventennio della mia modernità, oggi navigo felicemente nel quinto. Un dinosauro.

Perchè ho deciso di leggere questo libro? Conosco l’autore non di persona, ma come figura di uomo politico, accanito mezzobusto polemista televisivo. Ma sopratutto per quella straordinaria frase che ha scritto nella presentazione editoriale del suo lavoro:

“Stai leggendo un libro. E se provi a muovere le dita sul foglio per ingrandire le parole non accadrà nulla, perché è un libro di carta, un libro vero. Scritto da una persona in carne ed ossa, non dall’intelligenza artificiale …”

L’avrei letto volentieri in formato digitale, avrei risparmiato di certo qualche euro, avrei avuto modo di condividerne le idee sui vari social, collegandomi anche ai libri e fonti che lui cita, ma di cui non ho prova in cartaceo perchè al libro manca una pur minima bibliografia.

Badate bene, queste mie intendono essere soltanto semplici osservazioni, evidenziando le ovvie differenze tra una lettura digitale, (figlia legittima dell’attuale modernità), e quella cartacea.

Detto questo, mi resta da dire solo che il libro di Gianluigi Paratore l’ho trovato molto interessante, “la spesa vale la impresa”, si dice dalle nostre parti meridionali. 55 brevi capitoli, preceduti da una introduzione di Mario Giordano (suo complice nell’attacco alla modernità) sono la sdegnata risposta che lui ha voluto dare a chi eventualmente si azzarderà a chiamarlo “moderno”. 397 pagine sono sufficienti per lui a squalificare la modernità che stiamo vivendo.

Caro Gianluigi, permettimi, posso essere il nonno, ma non ti sei reso conto che, contrariamente a quanto hai scritto, hai fatto un perfetto resoconto della “migliore” modernità in cui ci troviamo a vivere? A nulla vale che alla fine tu dica che tocca a noi ribellarci ai “nuovi Padroni DioGitali” alla stessa maniera di quelli che si ribellarono al muro di Berlino.

Il muro di questa modernità è digitale, non è reale. Ha una sua, sì insostenibile leggerezza, come quella del nostro essere e del titolo di quel famoso libro, ma non ci sono vie di fuga. Tu, nel tuo prezioso libro, non ce ne dai nemmeno una, solo un lungo grido di dolore.

Io che, lo ripeto, mi sento un vero dinosauro (classe 1939), non ho avuto altra scelta che adeguarmi, anche senza capire. Da quando mio Padre (classe 1906) mi insegnò a leggere e scrivere mettendo insieme i caratteri mobili sul bancone della composizione nella piccola tipografia di famiglia, ne ho viste passare tanta di modernità e di anti-moderni.

Resto sempre dell’opinione che aveva ragione Leibnitz: questo è il migliore dei mondi possibili.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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