Liceo “Caro”, caro Liceo …
Non potevo lasciarmi sfuggire la bella notizia: il liceo classico e linguistico “T. L. Caro” di Sarno si è aggiudicato il titolo di “miglior liceo 2023” della provincia di Salerno, secondo la stima di Eduscopio, stilata dalla fondazione Agnelli. Un titolo importante, viene detto, “da sempre una vera eccellenza del territorio che dopo anni di grande lavoro e di vera innovazione è riuscito a scalare la classifica e raggiungere il gradino più alto del podio …”
Non amo molto gli “amarcord”. Nel flusso continuo di una quanto mai turbinante quotidianità, mentre il passato si diluisce rapidamente nel presente che diventa futuro, mi accorgo che sono trascorsi ben trenta anni. Quando vado a fare la spesa in quella che un tempo era una “privilegiata filanda”, oggi un grande supermercato nazionale, mi sembra di vivere in un’altra realtà.
Se poi penso a quello che mi raccontava mio Padre quando diceva che lui, poco più che decenne, andava ad aiutare chi era addetto ad accendere i motori che facevano partire le caldaie della filanda, mi sento addirittura in un’altra dimensione. La caduta a cascata delle acque del fiume era la necessaria fonte di energia che dava lavoro e pane a migliaia di persone nelle filande.
Quando ho letto di questa notizia, del primato di un istituto che fu da studente anche il mio liceo, (pur se solo in forma di ginnasio), per fatale combinazione, mi sono ritrovato tra le mani un ricordo cartaceo che dà concretezza ai miei pensieri: LYCEUM. Strano ed imprevedibile gioco del destino, ero diventato un docente di questo luogo trasformato in Liceo, proprio in questa “privilegiata filanda.”
LYCEUM fu una rivista che oltre al ricordo di una mia personale esperienza di lavoro tipografico post-gutenberghiano, fu anche una grande occasione di cultura condivisa con le componenti scolastiche di quel tempo. Oggi che sono diventato in gran parte digitale, propongo alcune immagini del primo numero di Lyceum.
Poggio la rivista sul mio pc sul cui schermo appare online il vero luogo fisico dove nacque il liceo T. L. Caro. Lo faccio rimandando chi legge ad un articolo scritto per mettere in forte evidenza i forti contrasti nelle forme comunicative che si sono succedute in questi ultimi turbolenti anni.
Il Liceo venne intitolato a chi si occupò della “natura delle cose”, (De rerum natura) oltre duemila anni fa, tra l’anno 100 e il 50 avanti Cristo. Il poeta-scienziato era Tito Lucrezio Caro, in un terzo piano, a quell’epoca ancora da costruire. La sua classicità veniva a convivere, per una scelta culturale voluta dal corpo docente e dalla realtà effettuale delle cose, niente di meno che con Galileo Galilei, la parte scientifica dello stesso liceo.
T.L. Caro aveva descritto in versi esametri la natura, spinto dalla sua passione per il mondo fisico e morale della realtà umana. Ma si presentavano all’orizzonte cambiamenti epocali che assumevano le forme di una mutazione, come in effetti poi è successo. Grandi cambiamenti sia nel territorio che nei comportamenti e nelle scelte di chi in questi luoghi ci nasce ci vive, ci studia e ci lavora da sempre.
Fu a loro che pensammo, a T. L. Caro e Galileo Galilei quando fondammo questa rivista, cercando di far convergere la cultura classica e quella scientifica. La rivista rimane un mio personale, concreto ricordo di una “semina” fatta trenta anni fa. Tutto questo per dire che solo chi semina può raccogliere il frutto di quanto ha seminato. È anche ovvio che chi ha la fortuna di raccogliere, non è (quasi) mai chi ha seminato.
Ci sarebbe voluto del tempo per far sì che alla specificità di una cultura basata essenzialmente sulle lingue classiche, il latino e il greco, si affiancasse anche lo studio delle lingue moderne e il T. L. Caro diventasse anche liceo linguistico. Non potrò mai dimenticare il piacere, e anche la soddisfazione, che provammo, mia moglie ed io, quando riuscimmo a creare il primo laboratorio linguistico computerizzato. Un’aula con 24 posti alunno dotati di televisori connessi alla nascente rete Internet, banchi dotati di registratori col sistema AAC. In quell’aula, al terzo piano, a destra dell’edificio De Amicis.
Quando apparve sugli schermi la homepage della BBC mi resi conto che avevo vinto la scommessa con me stesso, avevo saldato il conto in sospeso con la mia antica riluttanza per il latino e il greco. Quando ero al ginnasio fui infatti costretto a lasciare l’istituto, bocciato in latino e greco, certamente non solo per mia incapacità.
Promisi a me stesso che sarei ritornato. E così accadde. Mia moglie ed io eravamo entrambi docenti di lingua e letteratura inglese. La comunicazione moderna era arrivata. T. L. Caro avrebbe apprezzato le lingue della nuova Europa che stava nascendo.
Le immagini che corredano questo articolo-ricordo presentano il primo numero di una rivista che non fu soltanto un progetto cartaceo, fatto di parole e di intenzioni. A distanza di trenta anni, un progetto chiamato “Progetto Giovani ’93", è diventato “adulto” e ha dato i suoi frutti. Di acqua ne è passata sotto i ponti non solo del Sarno. Oltre ad avere le sorgenti, il fiume ha visto generazioni di giovani di questa antica Valle passare nelle vaganti aule di questo istituto.
Da quasi un secolo ricordiamo che T. L. Caro, oltre che un poeta fu anche uno scrittore ed uno scienziato in chiave moderna. Con quella rivista, (credo sia ancora in vita oggi in forma cartacea), davamo vita ad un progetto con le grandi ambizioni che solo chi è giovane può avere. Queste erano le intenzioni:
Non di avventure ma di certezze parlava l’indimenticabile preside e amico Franco D’Avino che ci guidava. Con quel progetto intendevamo onorare la storia “dando nel contempo luce alle generazioni che vivono con noi il nostro tempo, dare fiducia e sprone a chi avrà il dovere di preparare e gestire un futuro migliore”.
Chi erano i collaboratori e gli animatori?
Ecco i componenti degli organi di istituto:
Se rileggo quello che scrissi a proposito del territorio sotto l’immagine di una delle fabbriche presenti nel secolo e nel millennio scorsi non riesco a trovare le giuste parole per dire ciò che penso. Trenta anni non sono pochi, è più di una generazione per giudicare, valutare e riflettere su quello che è accaduto. Le cose fatte, quelle non fatte e che si sarebbero potuto fare o che sono state fatte male. A guardare quella immagine dello stabilimento di filatura e tessitura Buchy & Strangman c’è da chiedersi cosa resta di quelle intenzioni e di quella realtà.
Vorrei poter volare e poi confrontare con l’occhio di un drone moderno quella realtà di oggi chiamata zona industriale di Sarno e metterla a confronto con questa immagine del secolo scorso. La devastazione di un ambiente agricolo che ha perso la sua identità, diventata una foresta di cemento, un luogo negato a ogni forma di possibile sopravvivenza dove regna soltanto l’idea del peggiore mercato sia di uomini che di idee.
Consoliamoci, abbiamo il migliore liceo della provincia, certamente, ma in un hinterland, un retroterra del peggior degrado. Nell’Eneide, Virgilio menziona i Sarrasti nella Valle del Sarno come una tribù che si unì ai Rutuli nella guerra contro Enea. Secondo la tradizione, i Sarrasti discendevano dai Pelasgi, un antico popolo di origine greca. Si ritiene che si siano insediati nella Valle del Sarno durante l’Età del Bronzo e abbiano ribattezzato il fiume “Sarno” in memoria di un altro fiume, il “Saron”, che scorreva nella loro terra d’origine, il Peloponneso.
Un crogiuolo di uomini, idee, progetti in una Valle alla continua ricerca di una impossibile identità. La vita e la storia del Liceo T. L. Caro lo dimostra. Il vecchio edificio della Scuola De Amicis dove “T. L. Caro” è vissuto per anni, poi abbattuto, non si è capito bene il perchè, è sempre in attesa della conclusione dei lavori da oltre un decennio. Qualcuno ha detto che è stato riportato al suo stile originario, quando aveva una forma di M …
— — — — -
P.S. Questo post può essere letto gratis a questo indirizzo online angallo.medium.com sulla piattaforma internazionale MEDIUM sulla quale Antonio Gallo gestisce la sua memoria digitale.