Lettere inviate
Gentile Direttore,
ho imparato a leggere e scrivere nella piccola tipografia post gutenberghiana di famiglia, mettendo insieme i caratteri mobili sul bancone della composizione, creando le “forme” che poi diventavano pagine stampate, ponendo domande e cercando risposte.
Leggo “La Verità” da sempre. Non posso farne a meno. Ora so il perché, dopo avere letto il libro di Paolo Del Debbio “Siamo tutti filosofi senza saperlo”. Questo quotidiano nasce, appunto, dalla semplice e storica domanda sotto la testata. Cerchiamo tutti la “Verità” chiedendoci cos’è.
Dobbiamo saper fare domande, “andando sotto la superficie”. Anche se non sempre riusciamo a trovare la giusta risposta, ma quello che conta è tentare. Scrivere un libro, costruendolo sui sei interrogativi riguardanti il bene, il tempo, la persona, la coscienza, l’autocoscienza, la morte e Dio, non è cosa di poco conto.
Del Debbio l’ha fatto in chiave moderna, cercando la risposta in quella realtà effettuale delle cose che conduce alla conoscenza. Tutto è sottoposto alle leggi immutabili della vita, perché ciò che nasce deve morire e cedere il passo a qualcos’altro. Solo ciò che non ha inizio non ha fine.
Ogni religione, ogni filosofia, ogni scienza è in qualche modo una “forma”, come quella “forma” che componevo, lettera con lettera, riga dopo riga, sul bancone della tipografia. Essa dava vita al senso. Ma nessuna “forma” dura. Dopo un po’ deve farsi da parte per far posto a un’altra “forma”, un altro senso.
Ma il principio, lo Spirito, è eterno, ed è questo che continua a incarnarsi in nuove “forme” del vivere. Grazie a Paolo Del Debbio. Continuiamo a farci domande anche se lo “spirito” della risposta resta il “mistero” del vivere. Cordialmente