Le “sciartapelle” dell’edicola di Angela

Antonio Gallo
5 min readMay 25, 2024
L’Edicola Oletto

Questa foto ritrae ben quattro generazioni. Tutto ebbe inizio in provincia di Salerno, a pochi km da Pompei, nell’antica Valle dei Sarrasti di cui parla Virgilio nella sua Eneide. Fine anni quaranta del secolo e millennio scorsi: quattro quotidiani in vendita, poggiati su una sedia sotto un portone in via Fabricatore dove abitavamo.

Non c’era “Il Corriere della Sera”. Arrivava giorni dopo, con il postino a mio Padre, il tipografo del paese. L’ edicola di Ciro e Angela Oletto così iniziò la sua attività. Ricordo quel giorno. Avevo una decina di anni. Lucia, Anna e Angela Oletto continuano la storia della comunicazione giornalistica nella città di Sarno.

Il tempo ha cambiato l’identità dell’edicola. La signora Lucia sta per festeggiare i suoi novanta anni. Suo marito Nino e il mitico suocero Ciro. Lo chiamavano “Giritiello”, sempre in giro con la bici, dava la sua voce ai quotidiani. Era il titolare dell’edicola. La famiglia Oletto era una squadra.

Angela, figlia di Gaetano detto “Nino”, dice che, oggi, se si vuole continuare a vendere i giornali e tenere aperta una edicola, bisogna vendere quelle “cose inutili” che in napoletano si chiamano “sciartapelle”. Vedremo poi quante e quali sono le “cose” e se sono davvero “inutili”.

E’ diventata una vera e proprio “manager” Angela, pur non avendo mai studiato economia. Ha frequentato la scuola della vita. Le edicole di giornali continuano a scomparire. In questo nostro Bel Paese, il cuore della realtà pulsa di quei personaggi che hanno fatto la Storia.

Il sindaco, il farmacista, il parroco, il medico condotto, il maresciallo, il giornalaio. La figlia di Angela, (che porta il nome della nonna, la mitica moglie “Giulina” del mitico marito “Giritiello”) ha sedici anni, si chiama Anna, studia al liceo linguistico e vuole viaggiare. Pensa “altro”.

Un mondo scomparso, difficile, se non impossibile da riproporre, in una realtà contemporanea, nella quale non si sa se viviamo tra il reale o il virtuale. Non è lo stesso modo di vivere, è ovvio, ma c’è un filo che si disvela nella parola che Angela usa per definire questo cambiamento.

Una vera e propria mutazione: le “sciartapelle”, merce non necessaria, non più solo giornali. La vendita è diventata “altro”. Perché “altra” è diventata la realtà.

La parola “sciartapelle” è un termine dialettale napoletano con un significato antropologico molto interessante, legato alla realtà in cui si è sempre mossa l’edicola. L’etimo di "edicola" deriva dal latino "aedicula", che a sua volta è il diminutivo di "aedes" che significa "tempio".

La parola “sciartapelle”, a sua volta, ha un’etimologia interessante che ci permette di capire meglio il suo significato e il suo uso nel dialetto napoletano. Deriva dal latino “scapus chartarum”, che significa “fascicolo di carte”.

In origine, “sciartapelle” indicava la persona che aveva il compito di scartare e selezionare le vecchie carte, distinguendo quelle ancora utili da quelle ormai deteriorate. Nel tempo, il termine ha assunto un significato più ampio, riferendosi a qualsiasi oggetto inutilizzabile, vecchio e da buttare.

Oggi, “sciartapelle” è usato principalmente per indicare oggetti inutili, ma può assumere anche una connotazione figurativa per descrivere cose, o anche persone, prive di valore, ma che hanno una grande importanza.

L’evoluzione semantica della parola riflette il cambiamento del ruolo del cartaio nel corso dei secoli. In passato, era un mestiere importante, che richiedeva abilità e conoscenza.

Con l’avvento della stampa e la produzione industriale di carta, il lavoro del cartaio è diventato meno importante e il termine “sciartapelle” ha assunto un significato più negativo, associandosi a ciò che è inutile e da scartare.

“Ho trovato un sacco di sciartapelle in soffitta, è ora di buttarli via.” - “Quel politico è solo uno sciartapelle, non ha fatto nulla di buono.”

L’etimologia della parola ci aiuta a comprendere la sua ricca storia e il suo significato profondo nel dialetto napoletano. Una parola ricca di storia e significato, che rispecchia la cultura e la tradizione napoletana.

Il suo uso, sia letterale che figurativo, ci permette di cogliere un aspetto importante del modo di vivere di noi meridionali: la capacità di distinguere ciò che è prezioso da ciò che non lo è, e di liberarsi di ciò che è inutile per fare spazio al nuovo.

Ma queste che Angela sa mettere bene in mostra sono “sciartapelle” preziose, permettono all’edicola, non più “tempio”, di sopravvivere trasformandosi in una moderna merceria. Angela ha saputo diversificare le sue scelte che vengono tutte filtrate dal suo PC sempre connesso.

Sono presenti ogni mattina sui suoi banchi quasi tutti i quotidiani nazionali, le riviste mensili, i trimestrali e le edizioni speciali, oltre i libri, si intende. Basta esprimere un desiderio e Angela ha pronta la sua risposta digitale.

Ma giornali, riviste e libri, non bastano, c’è anche la scoperta dell’ “altro”, un concetto fondamentale nel mondo sociale e della comunicazione moderna. Il concetto moderno di “altro” si riferisce all’idea di una differenza radicale rispetto a sé stessi, che emerge con forza nella società contemporanea. Nella modernità, l’identità individuale si afferma in contrapposizione all’alterità.

L’io si definisce in relazione a ciò che non è, all’estraneo, al diverso da sé. Questo processo di definizione dell’identità, attraverso l’alterità, porta spesso a fenomeni di esclusione e discriminazione, verso ciò che è percepito come “altro”. L’ “altro” diventa ciò che non minaccia ma definisce l’identità e l’ordine costituito.

Il confronto con l’ “altro” è anche un’opportunità di arricchimento e crescita personale. Conoscere e comprendere l’alterità permette di ampliare i propri orizzonti e mettere in discussione i propri pregiudizi.

Nella società postmoderna, caratterizzata da multiculturalismo e globalizzazione, il concetto di “altro” si fa ancora più complesso. L’identità è fluida e negoziata, non più data una volta per tutte. L’ “altro” non è più solo ciò che è estraneo, ma anche ciò che è diverso in noi stessi.

Il concetto moderno di “altro” esprime la tensione tra identità e differenza, appartenenza ed esclusione, che caratterizza la soggettività contemporanea. Riconoscere e valorizzare l’alterità è una sfida cruciale per costruire società più inclusive e aperte al confronto.

Ai giornali, alle riviste e ai libri si affiancano bambole, giochi, prodotti a tema, come gadget e oggetti legati a squadre di calcio all’attualità, vengono venduti occasionalmente come “collaterali” allegati ai giornali.

Alle stagioni del tempo si affiancano gli eventi che segnano la nostra vita. Natale, il nuovo anno, la Befana, il Carnevale, il campionato di calcio, lo sport, gli eventi locali e nazionali. Ogni occasione è buona per lanciare una bambola, un gioco, un giornale, un libro, un video, un game, nel grande gioco della realtà che diventa anche virtuale.

Quello che fu un “tempio” che divenne “edicola” si è trasformato in un vero e proprio emporio di prossimità, di occasioni di vita, di gioco e di scoperta, anche leggendo, offrendo una vasta gamma di prodotti utili per una vita che abbia senso.

Sciartapelle” sì, ma fondamentali, per far fronte alla realtà di un tempo che è diventato “altro”.

--

--

Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.