Le “pratiche inevase” di Primo Levi
La poesia “Le pratiche inevase” di Primo Levi è uno struggente canto di pentimento e rimorso. Arrivati ad una certa età, leggendo questa poesia è possibile ritrovarsi. Mi sono domandato come ha fatto l’autore a scrivere cose di sé che poi sono anche le mie, di tanti, se non di tutti. “Pratiche inevase”, appunto. Solo alla fine del “giorno” ti accorgi di non averle portato a termine. Lecito chiederselo quando ti accorgi che il “giorno” sta per finire.
La giornata terrena, intendo. Il poeta si rivolge a un interlocutore indefinito, che potrebbe essere Dio, la vita, o semplicemente la coscienza stessa. Si scusa per non aver compiuto le sue responsabilità, per aver trascurato gli altri e per aver lasciato irrisolti i suoi progetti.
Il tono della poesia è dimesso e autocritico. Il poeta si rende conto di aver fallito, e si rammarica di non aver potuto fare di più. Si giustifica con l’ignavia e con le difficoltà obiettive, ma sa che queste sono solo scuse. La poesia è costellata di immagini di cose non fatte, di promesse non mantenute, di desideri non realizzati.
Il poeta immagina un libro meraviglioso, che avrebbe potuto cambiare il mondo, ma che è rimasto solo un’idea in un cassetto. Una poesia ricca di significato e di suggestione. Un ritratto commovente dell’uomo, con i suoi limiti e le sue contraddizioni. Anche un invito a riflettere sul valore del tempo e sulla necessità di vivere pienamente la propria vita.
Il tema del pentimento è centrale nella poesia. Il poeta si pente di non aver compiuto le sue responsabilità, di aver trascurato gli altri e di aver lasciato incompiuti i suoi progetti. Questo pentimento è accompagnato da un senso di colpa e di frustrazione. Il tempo è un altro spunto importante nella poesia. Il poeta si rende conto che è prezioso e che non va sprecato. Si rammarica di non aver potuto fare di più con il tempo che gli è stato concesso.
La poesia è anche un invito a riflettere sul valore della vita. Il poeta capisce di aver vissuto in modo superficiale, trascurando le cose importanti. Si propone di cambiare, di vivere la sua vita in modo più pieno e consapevole. Una poesia che ci tocca nel profondo, un invito a riflettere sulla vita, sui nostri limiti e sulle nostre possibilità, a vivere la vita pienamente, senza sprecare il tempo che ci è stato concesso.
Signore, a fare data dal mese prossimo
voglia accettare le mie dimissioni.
E provvedere, se crede, a sostituirmi.
Lascio molto lavoro non compiuto,
Sia per ignavia, sia per difficoltà obiettive.
Dovevo dire qualcosa a qualcuno,
ma non so più che cosa e a chi: l’ho scordato.
Dovevo anche dare qualcosa,
una parola saggia, un dono, un bacio;
ho rimandato da un giorno all’altro. Mi scusi,
Provvederò nel poco tempo che resta.
Ho trascurato, temo, clienti di riguardo.
Dovevo visitare città lontane, isole, terre deserte;
le dovrà depennare dal programma
o affidarle alle cure del successore.
Dovevo piantare alberi e non l’ho fatto;
costruirmi una casa, forse non bella, ma conforme a un disegno.
Principalmente, avevo in animo un libro meraviglioso, caro signore,
che avrebbe rivelato molti segreti, alleviato dolori e paure,
Sciolto dubbi, donato a molta gente
Il beneficio del pianto e del riso.
Ne troverà traccia nel mio cassetto,
in fondo, tra le pratiche inevase;
Non ho avuto tempo per svolgerla.
È peccato, sarebbe stata un’opera fondamentale.
Primo Levi è stato un chimico, scrittore e testimone della Shoah italiano. È nato a Torino il 31 luglio 1919 e morto a Torino il 11 aprile 1987. Autore di numerose opere, tra cui il suo libro più famoso, “Se questo è un uomo”, che racconta la sua esperienza nei campi di concentramento nazisti. Ha scritto anche altri romanzi, saggi e poesie, incentrati sulla Shoah e sulla condizione umana.
Levi ha vissuto in un periodo storico molto complesso e drammatico, che ha segnato profondamente la sua vita e la sua opera. È nato nel 1919, durante il periodo fascista, e ha vissuto la Seconda guerra mondiale, che ha portato alla Shoah. È stato deportato ad Auschwitz nel 1944, dove ha vissuto per un anno e mezzo.
Dopo la guerra è tornato a Torino, dove ha vissuto e lavorato fino alla sua morte. Levi è stato un testimone della Shoah e ha dedicato la sua vita a raccontare la sua esperienza e a combattere contro ogni forma di discriminazione e di violenza. La sua opera è un contributo fondamentale alla comprensione di uno dei periodi più bui della storia dell’umanità.