Le “grinze” al cervello
Siamo tutti a caccia di errori, anzi di “grinze”. Errori degli altri, ovviamente, mai nostri. Qualcuno ha commentato un mio post con un secco “non fa una grinza”. Non saprei dire se è un elogio o una “grinza”. E così ho deciso di scrivere questo post.
L’etimologia della parola “grinza” è piuttosto affascinante e presenta diverse teorie. Le principali ipotesi sull’origine di “grinza” sono di origini germaniche. La teoria più accreditata fa risalire “grinza” al tedesco antico “grimmiza”, che significa “corrugamento”. Ci sono anche possibili influenze con il greco antico “rytis”, che significa “rugoso”. Tuttavia, questa connessione è considerata meno probabile rispetto all’origine germanica.
Nel corso del tempo, il termine “grinza” ha mantenuto il suo significato principale legato a un corrugamento, una piega sulla pelle, su un tessuto o su qualsiasi superficie che dovrebbe essere liscia. Ha assunto anche connotazioni più ampie, riferendosi all’invecchiamento, a un’espressione facciale, o a un difetto di un tessuto.
Una etimologia quindi che ci offre uno spaccato affascinante sulla storia della lingua italiana e sul modo in cui le parole evolvono nel tempo. L’espressione è un modo di dire italiano che significa che qualcosa è irreprensibile o perfetto, senza errori o difetti. Ma ci credo poco.
Esistono diverse espressioni analoghe in altre lingue, che trasmettono l’idea di qualcosa che è senza errori. In Inglese: “It checks out” o “It holds water” sono espressioni utilizzate per indicare che un argomento o una spiegazione è valida e priva di contraddizioni, “contiene acqua”. In francese l’’espressione “Ça tient la route” significa letteralmente “tiene la strada” e viene usata per dire che un’argomentazione è solida e convincente. In spagnolo: “No tiene fallos” si traduce come “non ha difetti”, utilizzato per descrivere qualcosa di ben fatto o privo di errori. In tedesco: l’espressione “Das passt” significa “questo va bene”, indicando che qualcosa è appropriato e senza problemi. Con l’aiuto di AI ho saputo che in cinese si direbbe 天衣无缝 (tiānyī wúfèng): letteralmente “vestito celeste senza cuciture”, indica qualcosa di così perfetto da sembrare creato dagli dei.
Queste espressioni dimostrano, nella loro diversità, come diverse lingue possano avere modi di dire simili, pur con sfumature culturali e linguistiche proprie. L’immagine che ho scelto per illustrare questo intervento parla di “grinze” al cervello. Grazie alla grande Anna Magnani sappiamo che le “grinze” ci sono anche nel nostro cervello.