Le facce del diavolo e le ali di pipistrello

Antonio Gallo
5 min readJun 10, 2021

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Il Diavolo presenta a Sant Agostino il libro dei vizi. Michael Pacher (c1435–1498). Olio su legno. Alte Pinakothek di Monaco di Baviera.

Quanti sono i diavoli che conosciamo? Non si contano nella storia i volti, come le immagini, con i quali gli uomini li hanno immaginati.

Anche nel ventunesimo secolo, terzo millennio dell’era cristiana, anno 4218 per i cinesi, questo “personaggio” continua ad occupare gran parte della nostra esistenza.

Non ho citato a caso, accanto al nostro calendario tradizionale, quello cinese. Da oltre una anno a questa parte, le vicende che stiamo vivendo con la pandemia da Coronavirus, secondo molti, hanno origini in quel mondo orientale cinese dal quale tanto ci divide e ci separa.

Una manifestazione “diabolica” che si rinnova in forme strane, assumendo anche nomi diversi. Il “personaggio” diventa così un versatile sostituto per ogni sorta di male.

Dalla moderna “corona” al mangiatore di uomini a tre teste dell’Inferno di Dante al Mefistofele del folklore tedesco, vestito e ricoperto di rosso in una produzione teatrale scritta da Goethe, le rappresentazioni di Satana si sono trasformate in una spaventosa moltitudine di persone che brandiscono il forcone, invocano il fuoco e altre creature malevole. Oggi in forma addirittura di “corona”.

Ma come si è evoluto un personaggio un po’ minore dell’Antico Testamento in una versatile scorciatoia per ogni sorta di male umano? Con una sfilata dei tanti diavoli in forma di “meme” che sono arrivati a permeare l’immaginazione pubblica?

Satana, la bestia che stritola le ossa dei peccatori nella sua tana sotterranea.
Lucifero, l’angelo caduto infuriato contro l’ordine costituito. Mefistofele, l’imbroglione che fa affari con ignari umani. Questi tre diavoli divergenti sono tutti basati su Satana dell’Antico Testamento, un membro angelico della corte di Dio che tormenta Giobbe nel Libro di Giobbe. Ma a differenza di questi diavoli letterari, il Satana della Bibbia era un personaggio relativamente minore, con scarse informazioni sulle sue azioni o sul suo aspetto. Quindi come è diventato l’antagonista definitivo, con così tante forme diverse?

Nel Nuovo Testamento, Satana ha visto un po’ più di azione: tentare Gesù, usare i demoni per possedere le persone e infine apparire come un drago gigante che viene gettato nell’inferno. Quest’ultima immagine ispirò particolarmente artisti e scrittori medievali, che raffigurava una creatura squamosa e dal pelo ispido con le unghie dei piedi troppo cresciute. Nel dipinto di Michael Pacher di Sant’Agostino e il diavolo, il diavolo appare come una lucertola eretta, con una seconda faccia in miniatura che luccica sul retro.

L’epitome di questi mostri Satana è apparso nell’Inferno di Dante. Tutti ricordiamo le fantastiche immagini di Dorè. Racchiuso nel nono cerchio dell’inferno, il Satana di Dante è un colosso a tre teste con ali di pipistrello che banchetta con i peccatori. Ma è anche oggetto di pietà: impotente perché il battito delle sue ali in preda al panico lo avvolge ulteriormente nel ghiaccio. Il protagonista del poema fugge dall’inferno arrampicandosi sul corpo di Satana e prova sia disgusto che simpatia per la bestia intrappolata, spingendo il lettore a considerare il dolore di fare il male.

Con il Rinascimento, il diavolo iniziò ad assumere una forma più umana. Gli artisti lo dipingevano come un uomo con gli zoccoli e le corna arricciate ispirandosi a Pan, il dio greco della natura. Nel suo capolavoro del 1667 “Paradise Lost”, il poeta inglese John Milton dipinse il diavolo come Lucifero, un angelo che iniziò una ribellione per il fatto che Dio è troppo potente. Cacciato dal paradiso, questo carismatico ribelle diventa Satana e dichiara che preferirebbe governare all’inferno piuttosto che servire in paradiso.

La poesia di Milton ha ispirato numerose rappresentazioni di Lucifero come una figura ambigua, piuttosto che puramente malvagia. Il Lucifero di Milton in seguito divenne un personaggio iconico per i romantici del 1800, che lo vedevano come un eroe che sfidava il potere superiore alla ricerca di verità essenziali, con tragiche conseguenze.

Nel frattempo, nella leggenda tedesca del Dottor Faust, che risale al XVI secolo, diamo uno sguardo a cosa succede quando il diavolo arriva sulla Terra. Faust, uno studioso insoddisfatto, offre la sua anima al diavolo in cambio di un piacere senza fondo. Con l’aiuto del messaggero del diavolo Mefistofele, Faust si impadronisce rapidamente di donne, potere e denaro, solo per cadere nei fuochi eterni dell’inferno. Le versioni successive della storia mostrano Mefistofele sotto luci diverse.

Nel racconto di Christopher Marlowe, un cinico Dottor Faustus è felice di stringere un patto con Mefistofele. Nella versione di Johann Wolfgang van Goethe, Mefistofele inganna Faust in un macabro accordo. Oggi, un patto faustiano si riferisce a un commercio che sacrifica l’integrità per guadagni a breve termine. Nelle varie messe in scena della commedia di Goethe, Mefistofele è apparso in calzamaglia rossa e mantello.

Questa versione del diavolo è stata spesso interpretata come un affascinante imbroglione, uno che alla fine ha sfilato attraverso fumetti, pubblicità e film nel suo abito rosso. Queste tre interpretazioni del diavolo sono solo la punta dell’iceberg: il diavolo continua a perseguitare l’immaginario collettivo fino ai giorni nostri, tentando artisti di ogni genere a renderlo secondo visioni nuove e fantastiche.

Mi ha colpito particolarmente il quadro che illustra questo post, un dipinto, che fa parte del grande polittico con i Padri della chiesa che si trova nella Pinacoteca di Monaco. Fu eseguito da Michael Pacher (1430–1498) alla fine degli anni ’70 del Quattrocento per l’abbazia di Novacella nei pressi di Bressanone. La scena è la via principale di quella che ha l’aria di una cittadina delle Alpi, con la sua tipica architettura. C’è chi siede pigramente sulla soglia di casa, chi si affaccia a una finestra e chi chiacchiera su una balconata.

L’atmosfera potrebbe essere quella di una tranquilla giornata di sole, se non fosse per i due singolari personaggi in primo piano. A sinistra, Sant’Agostino, nello sfarzo delle sue vesti vescovili, stringe in mano un gigantesco pastorale. Sulla mitria, ornata di gemme, poggia un’aureola. Si è messo a parlare col più improponibile degli interlocutori: il diavolo. Si potrebbe, malignamente, pensare che Agostino lo conosceva bene, se pensiamo ai suoi trascorsi, prima che diventasse quello che l’immagine ci propone.

Nessun dubbio sull’identità demoniaca. Il repertorio degli attributi infernali appare completo: corna, occhi iniettati di sangue, una proboscide, zanne ricurve e, perfino, orecchie da cui escono lingue di fuoco. Il corpo esile, con spina dorsale a scaglie e ali da pipistrello, ornate dalle nervature di una foglia, gambe sottilissime, simbolo dell’instabilità della menzogna. Non gli mancano nemmeno gli zoccoli caprini e la coda arricciata. Una seconda faccia, con tanto di occhi, bocca e zanne, è ben visibile in corrispondenza del sedere descrive la sua doppiezza.

Il verde colore vivace del corpo, invece del tradizionale rosso, lo fa diventare il simbolo della volubilità, della follia e del gioco. Sant’Agostino sapeva bene chi aveva di fronte: proprio il diavolo fatto e finito. Il pittore sembra che ci voglia far immaginare quali sottili diatribe teologiche o quali discussioni i due potranno svolgere. Su quel “Libro dei Vizi” sono registrati tutti i peccati che il diavolo sapeva bene che Agostino conosceva.

Col suo stile, insieme tradizionale e aggiornato, con la sua nitida costruzione spaziale, la sua concretezza e la sua definizione di ogni dettaglio è riuscito a restituire un’atmosfera sospesa tra favola e realtà. E a trasformare il diavolo in un verde bitorzoluto lucertolone, affatto innocuo e abbastanza ripugnante. E non dimenticate quelle ali di … pipistrello …

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Antonio Gallo
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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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