La Patafisica. La cura per vivere …

Antonio Gallo
4 min readSep 7, 2022

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Il Libro

La data dell’8 settembre sembra fatta apposta per festeggiare tutto ciò che riteniamo sia “assurdo”. Dal lat. “absurdus”, propr. «stonato», derivato di “surdus” «sordo», che è contrario alla ragione, all’evidenza, al buon senso. La vita è “assurda”, eppure l’umanità non se ne rende conto.

E’ il suo destino, in un universo che è del tutto indifferente a quello che ci accade. In sintesi, questa è la filosofia dell’assurdo. Siamo tutti alla ricerca di soluzioni irrisolvibili e perciò diventiamo appassionati di Patafisica. Non sapete cos’è? Continuate a leggere.

Volete qualche esempio di problemi assurdi che non hanno senso? Lo stiamo vivendo ormai da quasi tre anni in un clima globale che include tutti i sensi possibili: civili, politici, economici, religiosi oltre quello naturale e guerresco continuato.

Su questa data rileggetevi anche quello che accadde, l’8 settembre del 1943 quando venne firmato l’armistizio che divise l’Italia e fecero diventare l’Italia, con la fine della seconda guerra mondiale, un Paese allo sbando. Continuiamo ad essere un paese di “sbandati”.

Ma c’erano già state manifestazioni assurde e continuate in precedenza. Le tracce risalgono alle storie del Vecchio Testamento. Ricordate il Teatro dell’assurdo?

Era piuttosto naturale che questa idea fosse accettata e filtrata in quasi tutte le arti, sempre alla ricerca di senso, un significato, delle idee che potessero aiutare artisti, scrittori, filosofi e poeti a trovarlo.

Il teatro divenne il luogo ideale per cercarlo senza mai trovarlo. Scrittori come Jean Genet, Samuel Beckett, Tom Stoppard dimostrano che l’arte potrebbe dare un valido senso alla ricerca pur senza arrivare mai a coglierlo.

Come filosofia, il concetto di “assurdo” nacque nel dopoguerra, in reazione all’esistenzialismo con la minaccia nucleare e a seguito anche delle difficoltà che emersero per il superamento della scoperta di quelle che erano state le crudeltà del nazismo.

In maniera diversa, sia dall’esistenzialismo che dal nichilismo, l’ “assurdo” tendeva a sostenere che ci debba essere un significato all’esistenza, ma non siamo in grado di conoscerlo. Il semplice fatto che gli uomini si sforzano di cercarne uno, è del tutto “assurdo”.

E così arriviamo all’ 8 SETTEMBRE del 1873 quando nacque Alfred Jarry, drammaturgo, scrittore e poeta.

Un provocatore nato «Merdre!»: è gridando questa parola che entra in scena il protagonista della pièce teatrale Ubu Roi. La parola nasce dalla fusione tra mère (madre in francese) e merde (merda). È l’imprecazione preferita di un uomo volgare, arrogante e scaltro, l’ufficiale di fiducia di re Venceslao, che vuole conquistare il potere e diventare re, attraverso l’omicidio, le bugie, gli imbrogli.

Siamo nel 1896, a Parigi, e l’autore è il padre del teatro dell’assurdo, Alfred Jarry. Anticipatore di avanguardie, vuole un teatro essenziale, sordido, satirico, senza grandi scenografie, con pochi attori in scena, che ribalta totalmente le mode dell’epoca. Alla prima dello spettacolo, il pubblico si divide: da una parte, gli amici di Jarry, tra cui spiccano i poeti Mallarmé e Apollinaire, applaudono l’evento come un’opera dirompente e innovatrice; dall’altra, in platea, si assiste a una furibonda contestazione che finisce in rissa!

La critica lo stronca: «Alla stupidità c’è un limite!» Ma Ubu Roi, con la sua enorme pancia, il grande cappello e la spirale disegnata sul pancione, diventa una vera e propria icona. Jarry, dal canto suo, diviene un protagonista dei salotti intellettuali parigini di fine Ottocento; frequenta Bergson, Mallarmé, Gauguin, Apollinaire, Ravel; impone la sua presenza con una grande energia. È piccolo di statura, molto muscoloso, eccentrico (spesso si diverte a sparare tra la gente, quando è arrabbiato) e utilizza, come Ubu, il plurale maiestatis.

Presto il personaggio e l’uomo perdono i confini l’uno dell’altro e Jarry si sente obbligato dalle aspettative di chi gli sta intorno a diventare volgare, stupido e cattivo come il suo personaggio. Eppure è un intellettuale colto e raffinato: è persino l’inventore di una nuova disciplina, la patafisica, ossia «la scienza delle soluzioni immaginarie». Si tratta di una paradossale e geniale anti-scienza, che si concentra sulle eccezioni, studiandole «in maniera analitica e allucinata», basandosi su giochi di parole, intuizioni, accostamenti geniali.

La vita di Jarry brucia in fretta: abita in una baracca sulla Senna e da lì ogni giorno pesca il pesce di cui si nutre (in barba ai divieti di legge); è molto povero e vive in compagnia di gufi, topi e civette. Beve, negli ultimi anni della sua vita, dai tre ai quattro litri di vino al giorno, a cui aggiunge etere e assenzio: fisico e psiche non reggono a lungo. Muore a 34 anni, per una meningite tubercolare, chiedendo sul letto di morte: «Datemi uno stuzzicadenti!» (Almamatto)

Aveva ragione Samuel Beckett, uno dei miei scrittori preferiti di lingua inglese. Chi non ricorda “Godot”? una commedia che tutto è tranne una commedia. Premio Nobel per la letteratura nel 1969, ricordo che comprai nel 1962, a Londra, una delle prime copie di “Godot” e non ci capii assolutamente nulla.

Ero agli inizi dello studio della lingua, ero là a studiarla lavorando. Avrei capito tutto solamente vivendo, quando alla fine diventi “patafisico”. Giovane com’ero, non potevo capire l’idea, il concetto, la definizione di “assurdità”.

La parola-chiave era, appunto questa. La vita come “teatro dell’assurdo”. Ci vuole una filosofia. Appunto, la Patafisica: la «scienza delle soluzioni immaginarie».(@) “Sei sulla Terra. Non c’è cura per questo”.

“Sei sulla Terra. Non c’è cura per questo”

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Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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