La maggior parte delle persone non cresce …
“La maggior parte delle persone non cresce. È troppo difficile crescere. Quello che succede è che la maggior parte delle persone invecchia. Questa è la verità. Onorano le loro carte di credito, trovano il parcheggio, si sposano, hanno il coraggio di avere figli, ma non crescono. Non proprio. Invecchiano. Ma crescere costa la terra, la terra. Significa che ti prendi la responsabilità per il tempo che impieghi, per lo spazio che occupi. È una cosa seria. E scopri quanto ci costa amare e perdere, osare e fallire. E forse anche di più, per avere successo “.
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“Most people don’t grow up. It’s too damn difficult. What happens is most people get older. That’s the truth of it. They honor their credit cards, they find parking spaces, they marry, they have the nerve to have children, but they don’t grow up. Not really. They get older. But to grow up costs the earth, the earth. It means you take responsibility for the time you take up, for the space you occupy. It’s serious business. And you find out what it costs us to love and to lose, to dare and to fail. And maybe even more, to succeed.”
Pubblicato per la prima volta nel 1969, Io so perché canta l’uccello in gabbia è uno dei libri fondamentali del Novecento, uno tra i migliori mille libri di sempre, secondo larga parte della stampa e delle riviste letterarie americane.
Descrivendo i primi anni della sua straordinaria esistenza, Maya Angelou vi celebra la voglia di vivere, la bellezza del pensiero e la disarmante sensibilità di una bambina e poi di un’adolescente nera nell’America razzista del secolo scorso.
Il libro muove dall’arrivo di Maya, tre anni, e di suo fratello Bailey, quattro anni, a Stamps, nell’Arkansas. Spediti nel profondo Sud a casa della nonna, dopo la separazione dei genitori. È la stagione in cui i luoghi appaiono ancora sotto la luce magica dell’infanzia. Maya vive con la nonna e lo zio nel retro dell’Emporio di cui Momma (così viene chiamata la nonna) è proprietaria da tempo e, tra granaglie per i polli, cherosene, lampadine, stringhe, lozioni, palloncini e semi di fiori, gioca ininterrottamente con Bailey, come in un luna park senza guardiano.
Nell’America degli anni Trenta, tuttavia, eroi e orchi, incanti e orrori accompagnano inevitabilmente l’esistenza di una bambina di colore. Eroi, per Maya, sono i raccoglitori di cotone che scendono dal retro de gli autocarri, si piegano giù fino a terra e, stanchissimi, le dita tagliate, le schiene, le spalle, le brac cia, le gambe sfinite, si assembrano nell’Emporio. Orchi sono i «ragazzi» bianchi del Ku Klux Klan che, con gli occhi pieni di odio e le facce di pietra, calano a Stamps e costringono lo zio di Maya e gli altri neri a nascondersi tra gli escrementi del le galline. Orco è Mr. Freeman, l’amico della mamma, un uomo grande, grosso e flaccido che a St. Louis, in Missouri, una sera di primavera l’attira a sé.
Opera magnifica, fatta di urla, suoni, passioni, crudeltà e coraggio senza limiti, Io so perché canta l’uccello in gabbia è la storia di una ragazzina afroamericana capace di lasciarsi alle spalle la sofferenza costruendo con orgoglio e ostinazione la propria vita. Una storia che, a quasi cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione, conserva tutta la sua bruciante attualità.