La lezione non finirà mai. “Imparare, disimparare, reimparare”

Antonio Gallo
3 min readOct 8, 2024

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Quanto incideranno le tecnologie emergenti sul nostro modo di apprendere? La scuola come la conosciamo oggi avrà ancora senso nel futuro? In “La lezione è finita. Come intelligenza artificiale, social media e realtà virtuale stanno cambiando il nostro modo di apprendere”, Luca Tremolada, giornalista e appassionato di scienza e innovazione, esplora queste domande fondamentali per il nostro tempo. IlSole24Ore

Le due immagini che corredano questo post illustrano meglio di quanto possa fare io per parlare della grande trasformazione in atto nel campo della comunicazione. Avevo intenzione di scrivere un post su un libretto pubblicato in questi giorni che ha proprio questo titolo: La lezione è finita, quando ho ricevuto la seconda immagine che vi propongo. Ho ripensato il tutto in maniera abbastanza chiara. Almeno per me.

Sono stato docente quanto basta per comprendere e sapere che la conoscenza ha una moltitudine di fini. Come un albero ha tanti rami, con tante foglie, tutti tesi verso l’alto, verso l’infinito. Aveva ragione chi disse “più so, più so di non sapere”. Siamo davvero arrivati alla “fine della lezione”?

Non credo, se mi guardo indietro, se considero da dove vengo, dove sono andato, per dove sono passato, dove sono finito, oggi. Poiché ho sempre pensato che il futuro fosse la “cosa” più importante, mi sono accorto, improvvisamente, di essere entrato nel futuro, che scopro essere il mio passato. Non so se mi spiego.

Nel 1970, vale a dire oltre 50 anni fa, il sociologo e futurista Alvin Toffler scrisse un libro che ricordo di avere comprato in una libreria napoletana in via Mezzocannone, a pochi passi dall’università dove mi ero appena laureato. Il titolo era “Lo Shock del Futuro”. Era in inglese ed io lo comprai non solo per dovere per così dire professionale, (mi ero laureato in quella lingua), ma anche perché avevo il futuro che mi si parava davanti e mi approntavo a viaggiarlo. Tempi davvero esplosivi. Eravamo tutti pronti ad aggredirlo, sotto la pressione di quella grande utopia che fu il “68” europeo.

“Gli ignoranti del XXI secolo non saranno quelli che non sanno leggere e scrivere, ma quelli che non sanno imparare, disimparare e reimparare”.

Questa era la fascetta editoriale che lo pubblicizzava, un pensiero che non ho mai dimenticato. C’è tutta la storia di questi ultimi 50 e passa anni in quei tre verbi “imparare, disimparare, reimparare”. Sì, perché con l’avvento delle nuove tecnologie non si tratta più di imparare semplici nozioni da ripetere scolasticamente, in maniera monotona e meccanica, per pura erudizione.

Bisogna saper disimparare dopo di aver imparato. Vale a dire, correggere, rivedere, ricreare per poi imparare di nuovo, magari smentendo tutto quanto abbiamo creduto prima. Il che significa, sapersi orientare in quella grande, enorme, sconfinata massa di nozioni, saperi ed intelligenze dalle quali siamo, giorno dopo giorno, inondati. Ed ecco che appare questa seconda immagine che mi aiuta a spiegare il senso del cambiamento.

Me l’ha inviata mia nipote Chiara dall’università di Ferrara dove studia biotecnologie. E’ finita la lezione? La lezione continua, e come! Lei è una zoomer, appartiene alla generazione Z, io sono un boomer, la generazione silenziosa. Ci separa la stessa distanza che divideva la generazione pre e post Gutenberg. Cinquecento anni in cinquanta anni. Tutto scorre, tutto passa, tutto cambia: imparare, disimparare, reimparare per sapere di non sapere.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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