La “lettera” del grafomane …
Hai sempre detto che ero un “grafomane”. Sono stato vendicato. Ora che hai questa tessera, lo sei anche tu. E sei anche “certificato”. Io non lo sono mai stato, anche se scrivo da sempre. In effetti, è vero.
Sognavo di diventare un giornalista. Sono sempre stato un “grafomane”. Una cosa che sognavo di fare invece di studiare: scrivere. Questa è una buona occasione per dirlo, anzi ripeterlo.
Quando arrivi ad una certa età, devi fare i conti prima che con gli altri, con te stesso, per poi confrontarti con il Giudice finale. Scrivo a chi? A te che puoi mostrare questa tessera ma, sopratutto, è a me stesso che scrivo questa lettera.
Una parola, lettera, che, per questa occasione, ha più di un significato. Se continuerai a leggere, potrai capire cosa voglio dire con “lettera”.
“Better to write for yourself and have no public, than to write for the public and have no self.” — “Meglio scrivere per se stessi e non avere un pubblico piuttosto che scrivere per un pubblico e non essere se stessi”.
Così ha scritto Cyril Connolly, un critico e scrittore inglese. Quello che dice è, come tutte le affermazioni categoriche, vero solo a metà. Tutti scriviamo per registrare i nostri pensieri.
Non sempre sappiamo quali sono, ma ci rendiamo conto che circolano nella nostra mente. E’, comunque, importante cominciare a scrivere per farli venire fuori.
Beato chi si mette alla scrivania, con penna o computer, e sa già quello che ha in testa. Nel momento che cominciamo a registrarli, ci accorgiamo che altri pensieri, imprevisti e non attesi, si presentano e chiedono di manifestarsi.
Accade sempre, anche quando dormiamo. Non a caso, qualcuno ha scritto che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni. La scrittura per me è, appunto, come un sogno. La cosa più straordinaria è che questo sogno non accade sempre allo stesso modo.
Si tratta di tracciare un percorso da intraprendere. Un pensiero, che diventi scrittura, che ci conduca ad un eventuale lettore. E se non c’è, comunichiamo con noi stessi. L’importante è aprire la connessione. La scrittura fa appunto questo: accende i pensieri.
Si è portati a pensare che se quello che si scrive può essere pubblicato, rende questo contatto più naturale ed accessibile. Scrivere sempre come fa un “grafomane” significa che ogni giorno impariamo a pensare meglio.
Lettera dopo lettera, parola dopo parola, frase dopo frase, paragrafo dopo paragrafo, pagina dopo pagina. Ecco, questo è il percorso che trasforma il pensiero in scrittura.
Quando osservavo i compositori nello stanzone della tipografia di mio Padre e li vedevo prendere, uno ad uno, quei caratteri di piombo dalle cassette dove erano sistemate in un ordine ben preciso, quelle “lettere”, allineate sul tipometro, una dopo l’altra, riga dopo riga, era come se mi parlassero.
Diventavano “forma”. Sullo spazio del lungo bancone di marmo, una a fianco all’altra, lettere di piombo che diventavano pagine.
Mi sembrava che parlassero, che trasmettessero i pensieri di chi li aveva pensati, lettere di piombo impregnate di inchiostro, impresse sulla pagina.
Era la scrittura che nasceva ai miei occhi. Era come se sentissi le voci, i racconti, le narrazioni. Le lettere si animavano nella mia mente, come ancora oggi, da sveglio ed anche in sonno.
Accade spesso che a sera, prima di addormentarmi, mi metta a pensare a cosa scrivere l’indomani. Magari ho una idea, un concetto, una situazione, una persona, una parola da sviluppare, elaborare, chiarire e ci costruisco sopra un tessuto di immagini e di parole virtuali.
Una sequenza di lettere da prendere dalle cassette dei compositori. So bene che l’indomani saranno sparite, non riuscirò mai a farle riemergere così come si sono presentate in quel momento mentre ero nel buio della mia mente.
Eppure, ricomincio a pensare e scopro che, come per incanto, tutto riemerge, anche se in forma diversa. Mi accorgo, allora, che ciò che conta è la pratica, l’esercizio, la volontà di attraversare quella barriera dell’inconscio oltre il quale ognuno di noi sa che c’è tutto quanto serve a fare senso.
La pratica della scrittura rincorre e cerca le lettere, affina la parola, accelera il pensiero, costruisce il senso, lo rende consistente e confidente, cerca di presentarlo nel modo migliore, prima a se stessi e poi all’eventuale lettore.
E’ importante che ci sia qualcuno a cui presentare quanto si pensa. Non puoi scrivere, senza confrontarti con questa entità che ti segue implacabile come un’ombra.
Scrivere ogni giorno migliora la nostra abilità a condividere dopo di avere pensato quanto prima non esisteva, almeno così crediamo. Ci dà credibilità, prima nei confronti di noi stessi e poi degli altri.
Molto spesso scopriamo che gli altri siamo noi stessi. Ci ritroviamo, infatti, a riflettere su come la penserebbe chi, nelle varie situazioni di lavoro, di studio e di relazione, abbiamo avuto modo di confrontare.
Pensiamo, allora, che in noi non esiste una sola ed unica realtà di ascolto, di confronto e di critica, bensì tante realtà dalle quali nascono pensieri, idee, suggerimenti per quanto cerchiamo di dare forma per iscritto.
Quello che cerchiamo, sopratutto, è trovare credibilità a ciò che diciamo. Il riscontro della società alla quale, lo vogliamo o no, apparteniamo. Ecco perchè, quanto dice Cyril Connolly non è affatto vero.
Quanto meno non lo è per intero. Si può scrivere per se stessi perchè si crede in quello che si pensa. Ma allo stesso modo si può benissimo scrivere qualcosa senza crederci soltanto perchè si sa che c’è qualcuno che vuole leggere quelle cose in quel determinato modo.
Nonostante tutti gli sforzi non possiamo mai essere sempre noi stessi. Non siamo un blocco uniforme di pensiero, un monolite sacro a cui dedicare quello che vogliamo scrivere. Se scriviamo ogni giorno scopriamo di essere costruttori, architetti del nostro pensiero sempre nuovo, sempre diverso.
E’ la nostra storia personale che si crea e si ricrea, torna e ritorna, ma anche appare e scompare, attesa ma imprevedibile. Insomma è il futuro che si dipana davanti alla nostra mente e che materializziamo con le parole.
Tutto ciò che scriviamo può essere strettamente personale, ma anche dinamicamente sociale, appartenente a tutti. Dipende da come sappiamo comunicare, quali linguaggi usiamo, a quali culture ci rivolgiamo, i loro ambienti, le loro tradizioni, la loro sensibilità.
Una cosa è certa e cioè che ogni qualvolta che scriviamo la nostra voce diventa più forte, più coraggiosa, più consistente. Scopriamo che ci appartiene sempre di più. Ma nello stesso momento in cui l’abbiamo scritta non è più nostra. Appartiene al mondo. Per questa ragione dobbiamo scrivere ogni giorno.
Ora che appartieni all’Ordine, ti auguro di farlo nel modo migliore possibile anche per il ruolo che svolgi con la tua attività nel mondo della comunicazione contemporanea. Molta acqua dei miei tempi è passata sotto i ponti del mondo moderno.
Quelle piccole lettere, sporche di inchiostro, che tanto mi affascinavano quando mio Padre mi insegnò a metterle in fila una dopo l’altra e imparai a leggere e pensare, oggi, a te, ti parlano, le vedi e le senti quando le digiti, cercandole sulla tastiera, o addirittura le “parli” nei tuoi messaggi, nei video e nei podcast.
Mi sono vendicato. Anche tu sei diventato un “grafomane”. Benvenuto nell’Ordine!…
@@@ ALESSANDRO GALLO è Direttore Generale della rivista online MEDICI OGGI