La “favola” della vita non come “stupido intento”
Stamattina ho fatto la foto che vedete qui durante il mio solito footing. Ogni mattina ho l’opportunità di svelare il mistero della vita. Ognuno di noi lo fa come può: chi non sa farlo, chi non vuole farlo, chi non se ne rende conto, chi se ne frega, chi lo legge come mistero, chi come una favola. Io lo faccio da mattiniero, camminando per scoprire “il miracolo di vivere”.
Dopo aver fatto la foto, ho aperto il giornale e ho letto che un giovane di soli 27 anni ha vinto il Premio Campiello con un libro intitolato I miei stupidi intenti. Si chiama Bernardo Zannoni. Credo che leggerò il suo libro, anche se la narrativa non è il mio forte. Lo farò perchè, in una sua intervista, ha detto che il suo libro è “una favola su Dio, la scrittura e la morte”.
La parola chiave è proprio quella: “favola” che mi riporta a quella mia con la quale ho commentato la foto di cui ho parlato all’inizio del post: . “Favola” e “Miracolo” possono essere benissimo due sinonimi per i quali la vita merita di essere vissuta. Onore a questo giovane che “legge” la vita in questi termini facendola rivivire, parlandone e scrivendone, in forma di una autobiografia di un animale. La storia dei viaggi di un animale, la faina, che ha una coscienza e attraversa le tre principali illusioni: Dio, la scrittura e la morte. A mio modesto parere per niente “illusioni”. Alla domanda della giornalista perchè “illusioni”, il giovane Bernardo risponde:
“La prima cosa che arriva è la morte. Poi ci siamo inventati Dio, che non so se esista o non esista e non voglio fare quello che la sa più lunga perchè è solo fiction. Dopo arriva la scrittura, che promette non dico la salvezza dell’anima, ma di riuscire a sopravvivere oltre la nostra vita. Illusioni perchè il tempo è talmente ampio che la pietra si erode, la carta si scioglie, la memoria si perde e Dio non si sa. La morte è l’illusione che raccoglie tutti, perchè tempo è talmente infinito e vasto che le nostre vite sono un battito di cigli. Siamo già morti mentre sto parlando”.
Non c’è che dire, il giovane Bernardo sembra saperla già lunga la storia della vita e decide di intendere il tutto come “favola”. Devo dire che io, i miei 27 anni, li ricordo come una “favolosa” realtà che si è dissolta nella infinita, misteriosa illusione del tempo che non ha ancora segnato la sua fine, almeno per quanto mi riguarda. Lui ha tutto il tempo per fare in modo che la sua esistenza non continui ad essere soltanto una “favola”.
Leggerò, comunque, il suo libro e gli consiglio di coltivare, accanto a questa idea, anche quella che riguarda una possibile “divinità” dell’esistenza. Gli auguro di capire che l’esistenza è non solo il mistero dei misteri ma anche il dono dei doni, la cosa più sbalorditiva e inspiegabile che ci sia nella sua elementare semplicità.