La “esecuzione” di Fyodor Mikhailovich Dostoevsky

Antonio Gallo
2 min readFeb 10, 2022

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Fyodor Mikhailovich Dostoevsky, morì il 9 febbraio 1881. Romanziere, scrittore di racconti, saggista e giornalista russo. Le opere letterarie di Dostoevskij esplorano la condizione umana nelle travagliate atmosfere politiche, sociali e spirituali della Russia del XIX secolo e affrontano una grande varietà di temi filosofici e religiosi.

All’età di ventisette anni fu arrestato per appartenenza a una società letteraria che distribuiva libri ritenuti pericolosi dal regime zarista. Fu condannato a morte. Il 22 dicembre 1849 fu portato in una piazza pubblica a San Pietroburgo, insieme ad altri detenuti, sarebbero stati giustiziati come monito alle masse.

Gli fu letta la condanna a morte, indossò l’abbigliamento per l’esecuzione con camicie bianche e gli fu permesso di baciare la croce. Le sciabole ritualistiche furono rotte sopra le loro teste. Tre alla volta, furono legati ai pali sul posto dove doveva essere eseguita l’esecuzione. Dostoevskij, il sesto in fila, fu consapevole di avere solo momenti da vivere.

All’ultimo minuto, venne fatto un pomposo annuncio con il quale si proclamava che lo zar li stava perdonava e salvava le loro vite: l’intero spettacolo era stato orchestrato come una trovata pubblicitaria crudele per raffigurare il despota come un sovrano benevolo. Si lesse poi la vera sentenza. Dostoevskij doveva trascorrere quattro anni in un campo di lavoro siberiano, seguiti da diversi anni di servizio militare obbligatorio nelle forze armate dello zar, in esilio.

Avrebbe compiuto quasi quarant’anni quando riprese in mano la penna per soddisfare le sue ambizioni letterarie. Ma ora, nei momenti crudi successivi alla sua fuga ravvicinata dalla morte, era euforico, sollevato, rinato in un nuovo amore per la vita. Riversò la sua esultanza in una splendida lettera a suo fratello Mikhail, scritta poche ore dopo la messa in scena delll’esecuzione:

“Fratello! Non sono abbattuto e non mi sono perso d’animo. La vita è ovunque, la vita è in noi stessi, non fuori. Ci saranno persone al mio fianco, ed essere un essere umano tra le persone e rimanerlo per sempre, non importa in quali circostanze, non scoraggiarsi e non perdersi d’animo: ecco cos’è la vita, questo è il suo compito. Sono arrivato a riconoscerlo. L’idea è entrata nella mia carne e nel mio sangue… La testa che ha creato, vissuto la vita più alta dell’arte, che ha riconosciuto e si è abituata alle esigenze più alte dello spirito, quella testa è già stata tagliata dalle mie spalle… Ma in me rimane un cuore e la stessa carne e sangue che può anche amare, e soffrire, e compatire, e ricordare, e anche questa è vita!”

La finta esecuzione

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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