La donna che doveva essere eliminata
Nasce l’8 dicembre Camille Claudel scultrice (1864–1943). Il grande bronzo realizzato a Parigi rappresenta una scena penosa e drammatica: da una parte un uomo maturo e una donna formano un unico blocco; dall’altra una giovane donna nuda, in ginocchio, implora, cercando invano di trattenere l’uomo. Le mani della giovane non raggiungono la mano dell’uomo, lo spazio vuoto tra quelle mani segna un destino, quello di Camille.
La donna in ginocchio, l’implorante, è lei: undici anni dopo verrà portata via da casa sua, in camicia di forza, per essere internata nel manicomio dal quale non uscirà più. L’appartamento da cui è prelevata con violenza, nel marzo 1913, è pieno di gatti e dei loro escrementi, soprattutto di macerie di sculture. Camille crea e distrugge, in preda a un tormento straziante. Ciò che la tortura è la fine della relazione con lo scultore e suo mentore Auguste Rodin, che aveva conosciuto nel 1883: ne era diventata collaboratrice, musa, amante.
La passione fra i due è travolgente, ma Rodin è combattuto tra l’amore per lei e il legame con la compagna storica, Rose Beuret, che non lo lascerà mai. Non solo: Rodin ha successo, mentre la talentuosa Claudel è donna e in quanto tale destinata a minori riconoscimenti..Dopo anni di tormento, Camille comprende che Auguste non la sposerà. Comincia a soffrire di manie di persecuzione, si rifugia nell’alcol. Rodin diventa un nemico: «Lo vedo attorno a me, lui è ovunque, specie quando scolpisco. So cosa vuole, vuole rubarmi le idee, i bozzetti, ma non glielo permetterò. Se si presenterà qui, lo ucciderò con le mie mani».
Crea e distrugge le sue opere, con rabbia cieca. Camille scolpisce dall’età di 12 anni, con creta, gesso e fango. È sostenuta dal padre e dal fratello (il noto poeta Paul), ma fortemente ostacolata dalla madre che per tutta la vita le sarà profondamente ostile. Sarà proprio lei a deciderne l’internamento. In trent’anni non andrà mai a farle visita. Camille resterà rinchiusa fino alla sua morte, nel 1943, raccontando a un diario le violenze subìte da lei e dalle sue compagne: «La mia colpa è quella di essere una donna che ha voluto vivere come voleva. È per questo che devo essere eliminata». (Almamatto)