La “Crusca” in “Accademia”
Nelle scorse settimane mi sono occupato delle parole cosidette “ombrello”, quelle parole dal significato più ampio che possono ricoprire un’infinità di sensi più particolari. Anche “accademia” è una di queste parole. Abbondano, infatti, le accademie. Nelle arti, nelle scienze, nella musica, come anche accademie militari, navali e filosofiche. Me ne ricordo una che era anche una scuola per corrispondenza. Si chiamava “Accademia: scuola per corrispondenza”. Ma quella della “crusca” è certamente la più curiosa e storicamente rilevante qui in Italia.
L’Accademia della Crusca è la più antica accademia linguistica del mondo, fondata a Firenze nel 1583. La sua creazione si deve a un gruppo di letterati fiorentini. Nacque come risposta alla pedanteria di un’altra accademia, “l’Accademia Fiorentina”, con l’intento di preservare la purezza della lingua italiana, in particolare quella fiorentina.
Il nome “Crusca” deriva dalla simbologia legata alla farina, rappresentando l’idea di setacciare la lingua per estrarne il “fiore”, ovvero la sua parte migliore. Questo concetto fu ispirato dal pensiero di Pietro Bembo, che sosteneva il primato del volgare fiorentino. Il termine “crusca” ha origini etimologiche che risalgono al lombardo, precisamente alla forma “kruska”. È anche correlato al termine svizzero tedesco “Grüsch”. In italiano, “crusca” si riferisce specificamente alla parte esterna del grano, ovvero la crusca stessa, che è un sottoprodotto della macinazione del grano.
Non la voglio fare lunga per non tediare chi legge. Qualcuno potrebbe accusarmi di scrivere post lunghi, scritti magari col copia e incolla. Chi vuole saperne di più può fare ricerca in rete. Quello che a me qui interessa è la parola “crusca”. Nei luoghi dove sono nato e dove trascorro gran parte del mio tempo, la Costa d’Amalfi, che un tempo faceva parte di una Repubblica, quella di Amalfi (un’altra “parola ombrello”), la “crusca” era chiamata in dialetto “vrenna” o anche “brenna”.
Nel corso dei secoli, il significato è rimasto sostanzialmente legato alla sua origine agricola, ma ha anche assunto connotazioni più ampie. In riferimento alla tradizione agricola è rimasta associata ai riti contadini e alla lavorazione del grano. La sua presenza nel linguaggio quotidiano riflette l’importanza dell’agricoltura nella vita sociale ed economica del posto.
Nell’uso figurato, con il passare del tempo, il termine ha potuto acquisire significati locali, utilizzati per descrivere qualcosa di scartato o di valore inferiore, in analogia con la crusca, che è un sottoprodotto della macinazione. Il termine ha anche dato origine a cognomi come “Vrenna”, che possono indicare l’origine professionale di famiglie legate alla macinazione del grano. Questo uso del termine ha contribuito a mantenere viva la sua presenza nella cultura locale.
Con la crusca, anzi con la vrenna, mia Nonna ci faceva il “pastone” per il maiale cresciuto con affetto, un animale al quale ci si teneva molto. Un “personaggio” quasi di famiglia, dal quale ci si separava, quando arrivava il tempo, quasi con dolore. Non so se “vrenna” o “brenna” abbiano origini arabe, greche o latine. Me la ricordo la Nonna quando faceva l’impasto nella sua giusta densità. Ecco, questa è la mia storia della “crusca” che diventava “vrenna”. Il nome “Crusca” deriva dalla simbologia legata alla farina, rappresentando l’idea di setacciare la lingua per estrarne il “fiore”, ovvero la sua parte migliore. “Il più bel fior ne coglie” …