La colpa di nascere donna: Camille Claudel
“L’età matura” è una delle sculture più importanti dell’artista francese Camille Claudel. Realizzata tra il 1892 e il 1895, l’opera rappresenta un momento cruciale nella vita della scultrice, segnata dalla tumultuosa rottura con il suo maestro e amante, Auguste Rodin.
La scultura è composta da tre figure nude con dei drappi svolazzanti: una giovane ragazza inginocchiata ha appena lasciato andare la mano del secondo personaggio, un uomo maturo che si allontana da lei dirigendosi verso una vecchia donna avvolta in un mantello.
L’interpretazione più comune dell’opera è quella di una rappresentazione allegorica della relazione tra Camille Claudel e Rodin. La giovane ragazza simboleggia l’anima di Camille Claudel, l’uomo maturo è Auguste Rodin, e la vecchia donna rappresenta Rose Beuret, la compagna di Rodin.
La scena è carica di pathos: la giovane donna è in ginocchio, implorante, mentre l’uomo maturo si allontana da lei, indifferente al suo dolore. L’immagine della vecchia donna, invece, rappresenta il destino, che sembra avvolgere e trascinare l’uomo maturo.
L’età matura è un’opera potente e drammatica, che trasmette in modo viscerale il dolore e la disperazione di Camille Claudel. La scultura è una testimonianza della forza dell’arte, che può catturare e conservare i momenti più dolorosi della vita.
Oltre all’interpretazione allegorica, l’opera può essere vista anche come una riflessione sull’invecchiamento e sulla perdita dell’amore. L’uomo maturo, infatti, rappresenta la maturità e la consapevolezza, che possono portare alla perdita della giovinezza e della spensieratezza. La giovane donna, invece, rappresenta l’innocenza e la speranza, che possono essere spezzate dall’esperienza.
“L’età matura” è un’opera complessa e ricca di significati, che continua a affascinare e commuovere gli spettatori. La scultura è un capolavoro della scultura moderna, che testimonia il talento e la sensibilità di Camille Claudel.
L’8 dicembre nasce Camille Claudel scultrice (1864–1943) L’implorante “L’âge mûr: l’età matura”, 1902. Il grande bronzo realizzato a Parigi dalla scultrice Camille Claudel rappresenta una scena penosa e drammatica: da una parte un uomo maturo e una donna formano un unico blocco; dall’altra una giovane donna nuda, in ginocchio, implora, cercando invano di trattenere l’uomo. Le mani della giovane non raggiungono la mano dell’uomo, lo spazio vuoto tra quelle mani segna un destino, quello di Camille. La donna in ginocchio, l’implorante, è lei: undici anni dopo verrà portata via da casa sua, in camicia di forza, per essere internata nel manicomio dal quale non uscirà più. L’appartamento da cui è prelevata con violenza, nel marzo 1913, è pieno di gatti e dei loro escrementi, soprattutto di macerie di sculture: Camille crea e distrugge, in preda a un tormento straziante. Ciò che la tortura è la fine della relazione con lo scultore e suo mentore Auguste Rodin, che aveva conosciuto nel 1883: ne era diventata collaboratrice, musa, amante. La passione fra i due è travolgente, ma Rodin è combattuto tra l’amore per lei e il legame con la compagna storica, Rose Beuret, che non lo lascerà mai. Non solo: Rodin ha successo, mentre la talentuosa Claudel è donna e in quanto tale destinata a minori riconoscimenti. Dopo anni di tormento, Camille comprende che Auguste non la sposerà. Comincia a soffrire di manie di persecuzione, si rifugia nell’alcol. Rodin diventa un nemico: «Lo vedo attorno a me, lui è ovunque, specie quando scolpisco. So cosa vuole, vuole rubarmi le idee, i bozzetti, ma non glielo permetterò. Se si presenterà qui, lo ucciderò con le mie mani». Crea e distrugge le sue opere, con rabbia cieca. Camille scolpisce dall’età di 12 anni, con creta, gesso e fango. È sostenuta dal padre e dal fratello (il noto poeta Paul), ma fortemente ostacolata dalla madre che per tutta la vita le sarà profondamente ostile. Sarà proprio lei a deciderne l’internamento. In trent’anni non andrà mai a farle visita. Camille resterà rinchiusa fino alla sua morte, nel 1943, raccontando a un diario le violenze subìte da lei e dalle sue compagne: «La mia colpa è quella di essere una donna che ha voluto vivere come voleva. È per questo che devo essere eliminata».(Almamatto)