J. K. Rowling, la grande affabulatrice

Antonio Gallo
4 min readDec 5, 2021

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Il Libro

Né le parole né le immagini, come hanno sempre saputo i migliori narratori, possono eguagliare la forza esuberante dell’immaginazione, quella di un lettore volenteroso. Per leggere la prosa di J. K. Rowling bisogna avere davvero quella forza che io, purtroppo, non possiedo. Eppure ho letto, con piacere questo libro che ho comprato per condividerlo con “la mia metà” che di fantasia, (e che fantasie!) ne ha davvero molte, certamente più di me. Badate bene: c’è differenza tra fantasia e fantasie! Lo stiamo, comunque, leggendo insieme e condividiamo le impressioni.

A sera, con il tempo inclemente, e con il continuo auto-isolamento pandemico, mi piace leggere a letto. Chiudo la Rete, che per me rimane sempre più una specie di sterminato labirinto nel quale, una volta entrati, difficilmente riesci ad uscirne sano. Tiro fuori dagli scaffali i libri. Quelli veri, i cartacei. Lascio dentro la Rete i digitali. Solo così sono riuscito ad attraversare le nove “parti” ed i 58 per fortuna brevi capitoli del libro del “maialino”.

Ho continuato a leggere fino a notte inoltrata, mentre lei, dopo pochi minuti è volata, come al solito, tra le braccia di Morfeo, tradendomi. Io ho continuato fino alla fine, pur saltando velocemente alcuni momenti di una narrazione che mi è sembrata eccessivamente ripetitiva, per quanto riguarda le situazioni in cui vengono a trovarsi Jack e il suo compagno Maialino.

Una lettura che è senza dubbio un’avventura sopratutto linguistica. Io non amo molto i racconti, le trame, i plot e i sub-plot, le persone, i personaggi e gli interpreti, l’io, il “non io” e gli “alter ego”, cose di questo genere. Quando devo confrontarmi con qualcosa di molto complicato, entrare, per così dire, in una vicenda fatta di intricati intrecci, mi faccio aiutare sempre da lei. La “mia metà del cielo”, da questo punto di vista, è una grande affabulatrice. Da quello che legge, vede, sente o viene a sapere riesce sempre, ottimamente, a creare uno sviluppo narrativo coinvolgente ed irresistibile, aggiungendovi del suo per arricchire la comunicazione.

Mentre io, a notte fonda, rincorrevo affannosamente i due fantastici personaggi del racconto della Rowling, non vedevo l’ora di finire il libro e sapere come si concludeva la inimitabile fantasia/immaginazione della scrittrice scozzese, lei, la mia signora, si trovava in un grattacielo che si levava verso il cielo, all’infinito, in cerca della stanza 216 dove, eventualmente, mi trovavo io. Racconta che avrebbe dovuto cambiare la camicetta che indossava, non sa dire il perchè.

Questo me lo ha detto stamattina, quando si è svegliata e mi ha chiesto com’era finito il racconto del libro, perchè, mentre era in sonno, nel suo sogno aveva ricordato che stavo leggendo il libro e aveva sognato un grattacielo nello stesso stile nel quale Jim Field ha illustrato il racconto della Rawling. Ora ditemi voi se una immaginazione come questa non merita un riconoscimento. Io non le ho detto come finisce il racconto, se lo deve leggere lei se vuole. Questo dovete fare anche voi.

Posso solo dire che il protagonista Jack ha 8 anni, ha perso non solo la sua famiglia (il suo adorato papà ha abbandonato lui e sua madre un paio di anni prima), ma anche il suo insostituibile alleato, un peluche, scagliato fuori dal finestrino dell’auto da Holly, la figlia arrabbiata, da un’altra casa distrutta, del nuovo marito di sua madre. Avventure terribili attendono chi legge il racconto, nel mondo dei sogni. Come quando Jack, accompagnato dal disprezzato dono di un maiale sostitutivo di Holly, si propone di salvare DP, il peluche, dal perdente scricchiolante di giocattoli, sovrano di un mondo sotterraneo chiamato “Terra dei Perduti”.

Individuare connessioni e influenze non è il modo migliore per leggere un libro che, mentre gratifica l’amore dei bambini per una storia d’avventura, riflette credenze che sono evidentemente vicine al cuore del suo creatore. Rowling ci dice alla fine che scrivere il libro si è rivelato “un’esperienza gioiosa e catartica”. Più spensieratamente, dichiara che qualsiasi somiglianza con i giocattoli smarriti della sua stessa famiglia è “ovviamente, del tutto intenzionale”.

A me non rimane altro da aggiungere che fare una considerazione condivisa con la mia metà. Ci proponiamo di rileggere il libro ancora una volta, ma in lingua originale. Ogni traduzione, lo sappiamo bene, è sempre un mezzo tradimento. Sia io che mia moglie, da linguisti in erba, quali pensiamo di essere, ci siamo posti questo problema che va al di là del racconto e della storia narrata, a nostro parere solo intenzionalmente, ad un pubblico infantile.

Abbiamo apprezzato e valutato il grande sforzo che ha dovuto fare la traduttrice del libro. Non si è trattato, infatti, soltanto di tradurre parole e frasi da una lingua all’altra, ma anche di ricreare, reinventando realtà assolutamente inesistenti, originate in ambienti e situazioni create in un’altra lingua, proponendole in un ambiente a sua volta diverso ed inesistente.

Se J.K. Rowling è riuscita a vendere oltre 500 milioni di copie dei suoi libri, scritti sulla forza esuberante della sua fantasia, bisogna dire che tutto questo è stato possibile, e continuerà ad esserlo anche grazie a quella naturale e decisiva fantasia ed immaginazione che caratterizzano gli esseri umani, indipendentemente da ogni differenza di lingua razza e colore. La lingua comune originaria ed immaginaria che unisce tutti gli uomini del pianeta in nome della libera fantasia ed immaginazione. La grande “affabulatrice”…

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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