“Il Resto … del Carlino”. Tutto scorre, tutto cambia, ma Bologna rimane sempre “la rossa, la grassa, la dotta”.
Come figlio di una famiglia di tipografi non potevo farmi sfuggire la storia di un giornale che nasce in un altro mondo. 139 anni non sono pochi, più di un secolo. Tra qualche giorno scatterà il centoquarantesimo, esattamente il 21 marzo.
Nel 1885 esce il primo numero fondato da un gruppo di giovani laureati in legge di idee liberali: Cesare Chiusoli, Alberto Carboni, Giulio Padovani e Francesco Tonolla, “i quattro moschettieri”.
Viene stampato in formato “notarile” (19x29 cm) nella tipografia Azzoguidi, presso palazzo Barbazzi, in via Garibaldi n. 3. La redazione è ospitata in tre stanzette. Costa due centesimi, il resto della moneta di rame da dieci centesimi (detta “carlein”) necessaria per l’acquisto di un sigaro toscano. “Dare il resto del carlino” è anche, in gergo, promettere il seguito di una punizione o di un rimprovero, quindi, per estensione, strigliare, sferzare.
Il nuovo foglio, pensato come giornale “di concetto” più che di informazione, voleva essere un pezzo di pane quotidiano “a prezzo minimo”, una sorta di concentrato Liebig applicato al giornalismo. I social erano ancora di là da venire e già si sentiva il bisogno di una informazione minima, corretta e affidabile. Nei primi tempi il “Carlino” appoggia l’Associazione democratica bolognese e i socialisti. In seguito abbandona le posizioni radicali e aderisce alla svolta liberale filo-crispina.
Il successo delle vendite ne renderà presto difficile la gestione amministrativa: nel 1886 i fondatori cederanno le proprie quote a Amilcare Zamorani. Dal 1889 avrà una propria tipografia, primo tra i giornali bolognesi.
Il giornale veniva dato come resto del valore di 2 centesimi a chi acquistava un sigaro dal tabaccaio. Il nome richiamava l’originale fiorentino “Il Resto al Sigaro” e faceva riferimento alla moneta dello Stato Pontificio chiamata “carlino”, che nel linguaggio popolare continuava ad essere usata per indicare la moneta da 10 centesimi di lira.
I puntini di sospensione nel nome erano ironici, rifacendosi a un modo di dire locale che significava “regolare i conti” o “pungolare i potenti”. La testata del giornale presentava una giovane donna con un sigaro in bocca, simboleggiando il tabaccaio da cui si comprava il primo sigaro della giornata
Fin dalle sue prime edizioni, “Il Resto del Carlino” si è distinto per un giornalismo di qualità, con un’attenzione particolare ai fatti locali, alla politica, alla cultura e allo sport. Il giornale ha contribuito in modo significativo alla vita sociale, politica e culturale di Bologna e della regione circostante.
Negli anni, “Il Resto del Carlino” è stato testimone di momenti storici, come le due guerre mondiali, il periodo fascista, la ricostruzione postbellica e il boom economico italiano. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il giornale ha continuato ad essere pubblicato nonostante le difficoltà e la censura, fornendo informazioni e notizie alla popolazione.
Negli anni successivi, “Il Resto del Carlino” ha continuato a crescere in popolarità e a consolidare la sua reputazione come uno dei principali giornali italiani. Ha ampliato la sua copertura giornalistica, fornendo notizie nazionali e internazionali, ma mantenendo sempre una forte presenza locale.
Negli ultimi decenni, “Il Resto del Carlino” ha affrontato le sfide dell’era digitale, adattandosi ai cambiamenti nel settore dei media. Ha ampliato la sua presenza online, lanciando un sito web e un’applicazione mobile per raggiungere un pubblico sempre più vasto. Tuttavia, ha mantenuto anche la sua edizione cartacea, fedele alla sua tradizione di giornalismo di qualità.
Oggi continua a essere uno dei principali punti di riferimento per i lettori di Bologna e dell’Emilia-Romagna. Attraverso le sue diverse piattaforme, offre una copertura completa degli avvenimenti locali, nazionali e internazionali, mantenendo sempre un’impronta giornalistica di qualità e indipendente.
Tutto scorre, tutto cambia, ma Bologna rimane sempre “la rossa, la grassa, la dotta”.