Il più folle nella biblioteca di Babele: quando la scrittura è profetica.

Antonio Gallo
3 min readApr 19, 2024
“La mia battaglia”

Il 20 aprile 1889 nacqueAdolf Hitler, morirà il 30 aprile del 1945. Un uomo che avrebbe condizionato la vita di milioni di persone, autore anche di un libro sulla sua “battaglia”. Sarebbe poi passato alla storia come l’uomo politico più folle dei tempi moderni.

Il libro, pubblicato il 18 luglio del 1925, ebbe un successo editoriale strepitoso vendendo milioni di copie quando il suo autore conquistò il potere una decina di anni più tardi. Un esempio di scrittura che avrebbe condizionato la vita di milioni di persone di lì a qualche anno.

Ricordo che il volume aveva posto anche nella piccola biblioteca di mio Padre, insieme ad un altro intitolato “Dux” di Margherita G. Sarfatti. Mio padre li teneva l’uno di fianco all’altro separati da un altro libro che all’epoca faceva furore, Il Capitale, di Karl Marx. Gli altri due, se ricordo bene, nelle edizioni Mondadori. Alloggiavano il bella mostra in alto, sul primo scaffale dove erano allineati anche i volumi della famosa collana verde La Medusa.

Non è che mio Padre fosse un esperto conoscitore dei tre autori. Era un appassionato lettore di libri, li conservava gelosamente e mi permetteva, di tanto in tanto, di tirarli fuori, spolverarli e ricollocarli allineandoli per colore, altezza, genere. Lui, del resto, i libri li stampava anche, anche se la sua era una piccola tipografia di provincia meridionale. Eravamo appena usciti da una guerra disastrosa e quei tre volumi, con i loro autori, mi sembravano, a me che avevo soltanto una decina di anni, la causa e l’origine di tutti i mali del mondo.

Ricordo che li sfogliavo spesso cercando di carpire il senso di quelle pagine che avevano anche degli inserimenti fotografici su carta patinata. Non so che fine abbiano fatto questi tre libri che sono fissi nella mia memoria infantile, in quel mobile libreria dai vetri colorati che è finita giù in garage, contenitore e testimone muto di libri che hanno condizionato la vita di milioni di uomini e donne con la loro prosa, i loro pensieri, le loro azioni.

Il primo volume di “Mein Kampf” era stato dettato da Adolf Hitler al suo segretario Hermann Hesse mentre era in prigione nel 1924, per avere partecipato ad un colpo di stato contro il governo. Il titolo originale che avrebbe dato il Fuherer era: “Quattro anni di lotta contro le bugie, la stupidità e la codardia”. L’editore lo cambiò nel più sintetico “La mia battaglia”.

Hitler credeva nella superiorità della razza ariana il cui compito/dovere era quello di dominare sulle razze inferiori. Aveva elaborato una gerarchia razziale alla cui base c’erano gli zingari e gli ebrei, che dovevano essere sterminati, per salvaguardare la purezza degli Arii. Nella presentazione del libro il Capo scrisse: “Credo che oggi io interpreto la volontà dell’Onnipotente. Difendendo me stesso contro gli Ebrei, lotto per suo nome”.

La sua scrittura manifestava l’intenzione di costruire un impero tedesco per distruggere il marxismo, un movimento questo, a suo parere, nelle mani degli Ebrei. Aspirava a conquistare l’Europa orientale e la Russia in nome dello “spazio vitale” tedesco (Lebensraum). Il secondo volume vide la luce dopo la sua uscita dalla prigione nel dicembre del 1924 per poi essere dato alle stampe nel 1926. In esso venivano spiegati nei dettagli i piani per la creazione del Terzo Reich.

Il libro non è, e non fu, di facile lettura sin dalla sua uscita. Perfino i suoi più fanatici seguaci lo trovavano difficile, astruso, illogico, ripetitivo e anche pieno di errori. Poche le copie vendute fino al 1933. Quando Hitler divenne Cancelliere, “fuehrer”, il libro inondò gli scaffali del mondo. Una scrittura davvero profetica in questo caso, che non venne letta, capita ed interpretata, non solo per quanto ho detto innanzi, ma anche per il lento ma deciso precedere di un comportamento fanatico di un autore divenuto un terribile “Capo” con quelle idee che aveva messo per iscritto anni prima senza che nessuno gli credesse.

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Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.