Il mondo di oggi è quello di ieri in “1984”

Antonio Gallo
4 min readJun 12, 2019

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Il Libro

Il 25 giugno 1903, nasce Eric Blair, scriverà sotto lo pseudonimo di George Orwell, pubblicherà “1984”, oggi generalmente considerato un classico della narrativa distopica. Il romanzo racconta la storia di Winston Smith, uno sfortunato burocrate di mezza età che vive in Oceania, dove è governato da una sorveglianza costante. Anche se non ci sono leggi, c’è una forza di polizia, la “Polizia del pensiero”, e i continui promemoria, sui manifesti, che “Il Grande Fratello ti sta guardando”.

Smith lavora al “Ministero della Verità” e il suo compito è riscrivere i rapporti sui giornali del passato per conformarsi alla realtà attuale. Smith vive in un costante stato di incertezza; non è sicuro che l’anno sia effettivamente il 1984. Sebbene il resoconto ufficiale sia che l’Oceania sia sempre stata in guerra con l’Eurasia, Smith è abbastanza sicuro di ricordare che solo pochi anni prima erano stati in guerra con l’Estasia, che ora è stata proclamata loro costante e fedele alleato.

La società ritratta in “1984” è quella in cui il controllo sociale viene esercitato attraverso la disinformazione e la sorveglianza. Non sono uno studioso di televisione e di cultura dello schermo, sono soltanto un appassionato di comunicazione, nato, cresciuto e “imparato” in una piccola tipografia postgutenberghiana. Sostengo che le tecniche e le tecnologie descritte nel romanzo sono molto presenti nel mondo di oggi. “Conobbi” George Orwell quando infuriava il “sessantotto” in Italia. In quel Seminario dell’Università erano tutti “rossi”, di colore “cinese”.

E’ trascorso più si mezzo secolo, rileggo, anzi, rivivo il “1984” come storia diventata realtà. Una delle tecnologie chiave della sorveglianza nel romanzo è il “teleschermo”, un dispositivo molto simile alla nostra televisione e a quello del pc, del tablet o del cellulare. Il teleschermo mostra un unico canale di notizie, propaganda e programmazione del benessere. Gli aspetti e gli usi sono cruciali: è impossibile spegnerlo.

Quello di Smith guardava i suoi spettatori. I nostri “schermi” anche, pur se in maniera diversa. Il teleschermo era televisione e telecamera di sorveglianza in uno. Nel romanzo, il personaggio Smith non è mai sicuro di essere monitorato attivamente attraverso il teleschermo. Noi siamo sempre, costantemente “tracciati”. Il teleschermo di Orwell era basato sulle tecnologie della televisione sperimentate prima della seconda guerra mondiale e difficilmente poteva essere visto come fantascienza.

Negli anni ’30 la Germania disponeva di un sistema di videocitofono funzionante e programmi televisivi venivano già trasmessi in alcune parti degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia. Il passato, il presente e il futuro è la lettura dominante di “1984”, una terribile previsione di ciò che è accaduto. Nelle parole di Umberto Eco si legge la conferma: “Almeno tre quarti di ciò che Orwell racconta non è utopia negativa, ma storia”. “1984” descrive il presente. Schermi sempre accesi su tutto il pianeta.

Le informazioni trasmesse sugli schermi televisivi sono diventate una parte dominante della vita sociale e psicologica delle persone. Il “Grande Fratello ti sta guardando”, sei tu che lo vuoi. Nel romanzo, il teleschermo serviva a produrre conformismo al Partito. Oggi produce conformità a un sistema di consumo rapace, attraverso la pubblicità e un focus tanto sui ricchi e famosi quanto sui criminali e oscenità varie. Promuove anche una produttività senza fine, attraverso messaggi riguardanti il significato del successo e le virtù del duro lavoro.

Lo schermo ha un profondo effetto sui suoi spettatori. Molti spettatori si conformano misurandosi con ciò che vedono e leggono, come l’abbigliamento, le relazioni e il comportamento. Lo schermo fissa lo standard dell’autocontrollo del soggetto. Il tipo di preoccupazione paranoica posseduta da Smith nel romanzo, che qualsiasi mossa falsa o pensiero falso porterà la polizia del pensiero, si manifesta invece negli spettatori di oggi come una “vigilanza inerte” ma perenne.

In altre parole, noi tutti guardiamo noi stessi per assicurarci di conformarci agli altri che si vedono sullo stesso schermo in qualsiasi parte del pianeta, in qualsiasi momento. L’aggeggio infernale consente agli spettatori di guardare estranei senza essere visti, controllati, gestiti e dominati da una programmazione personale sociale e globale, 24 ore su 24, 7 giorni su 7: videosorveglianza onnipresente.

La televisione a circuito chiuso esiste praticamente in ogni area della nostra vita, dagli snodi e dalle reti di trasporto, alle scuole, ai supermercati, agli ospedali e ai marciapiedi pubblici, per non parlare delle forze dell’ordine e dei loro veicoli. La videosorveglianza fa parte della nostra vita moderna. Il volto amico del controllo. Lo schermo è in realtà è il volto della sorveglianza. Ci illucono dicendo che la sorveglianza avviene solo per chi la sceglie o per chi è un criminale. In effetti, fa parte di una cultura di uso diffuso che ha portato a creare una società dove pochi guardano i molti e li pilotano. Oltre 1984 …

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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