Il mondo delle falsità: “blaterare”, “gossippare”, “fake news”. Non è il mondo di Alice.

Antonio Gallo
5 min read7 hours ago

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Se mai doveste incontrare qualcuno che si abbandona a un balbettìo insensato, potreste accusarlo di blaterare. Il verbo è noto, è in uso e sempre più diffuso. Si può può blaterare intransitivamente (ciarlare all’infinito), oppure su nozioni specifiche.

La pratica della blaterazione nacque come “balbettio vano, lusinghiero nel parlare”, poi l’esercizio è andato sempre più a crescere e peggiorare.

Nella realtà sociale contemporanea le cose si sono amplificate. C’è tutto un mondo da scoprire. Blaterando e gossippando non si arriva nel Mondo di Alice, il Paese delle Meraviglie, ma nel Paese delle falsità.

La parola deriva dal latino blaterare, che ha un’origine onomatopeica, richiamando il suono del “bla bla bla ”, tipico delle chiacchiere. Sebbene sia una voce dotta, non è entrata nel linguaggio popolare fino al XIX secolo, quando ha cominciato a essere usata in italiano. Il significato implica un parlare in modo prolisso e a vanvera, con una connotazione negativa.

Ad esempio, se qualcuno blatera di politica, si intende che sta parlando in modo molesto e privo di sostanza. In letteratura, il termine è attestato in opere di autori come Orazio e Apuleio, evidenziando la sua lunga storia nell’uso della lingua.

A differenza di sinonimi come “chiacchierare” o “cianciare”, che possono avere un’accezione più leggera, blaterare è sempre associato a un discorso fastidioso o insensato. Esempi si possono rintracciare in diverse opere letterarie e contesti culturali, dove il termine viene utilizzato per descrivere discorsi prolissi e privi di sostanza.

Giovanni Verga nel suo romanzo “I Malavoglia”, fa spesso blaterare i suoi personaggi riguardo a questioni quotidiane e pettegolezzi, evidenziando la loro incapacità di affrontare i problemi reali. Altri esempi sono in Italo Calvino in “Le città invisibili”, quando lo scrittore utilizza il dialogo tra Marco Polo e Kublai Khan per esplorare concetti complessi attraverso descrizioni di città immaginarie. Sebbene i personaggi non “blaterino” nel senso tradizionale del termine, le loro conversazioni possono essere interpretate come un esempio di “blaterare sociale”, in quanto riflettono discorsi che, pur essendo ricchi di dettagli, spesso si allontanano dalla realtà oggettiva. Umberto Eco, in “Il nome della rosa”, i monaci blaterano su questioni teologiche e filosofiche, spesso perdendosi in discussioni che non portano a conclusioni concrete.

Questi esempi mostrano come il termine venga utilizzato per descrivere conversazioni che, pur essendo verbosamente ricche, risultano sostanzialmente sterili o irritanti. Il concetto diventa “sociale” con discorsi superficiali e privi di sostanza che caratterizzano le interazioni.

In questo contesto, il termine viene utilizzato per descrivere come le persone tendano a comunicare in modo frenetico e spesso insignificante, attraverso brevi post e messaggi, replicando un’oralità che ambisce a essere infinita.

Nei social network, il blaterare sociale si manifesta attraverso la condivisione di pensieri e opinioni che possono risultare più come rumore di fondo che come comunicazione significativa.

Questo fenomeno è analizzato in relazione all’interazione tra oralità e scrittura, evidenziando come la scrittura nei social media possa riprodurre l’oralità senza la profondità e la riflessione tipiche di conversazioni più sostanziali.

Il blaterare sociale crea una cultura della superficialità, le informazioni vengono consumate rapidamente e senza un’adeguata elaborazione critica. Questo porta a una forma di comunicazione che risulta alienante o disorientante per gli individui, specialmente in un contesto in cui il valore della comunicazione autentica è spesso messo in discussione.

Un impatto significativo sulla nostra percezione della realtà, influenzando come interpretiamo e reagiamo agli eventi e alle informazioni che ci circondano.

Una percezione distorta della realtà. Le informazioni vengono semplificate, contribuendo a una comprensione errata degli eventi e delle situazioni. Gli individui tendono a conformarsi alle interpretazioni dominanti all’interno di un gruppo sociale.

Questo fenomeno di imitazione sociale fa sì che le persone accettino passivamente le narrazioni prevalenti, anche se queste sono basate su discorsi blateranti e privi di sostanza.

Il blaterare sociale può generare un contagio psichico, dove le emozioni e le opinioni si diffondono rapidamente, influenzando la percezione collettiva della realtà. Ciò può portare a stati di effervescenza collettiva, dove le emozioni condivise superano la razionalità.

Si ottiene una costruzione sociale della realtà attraverso false interazioni sociali e critiche comunicazioni. Le norme sociali e i modelli di comportamento sono influenzati dalle interpretazioni condivise, il che significa che il blaterare sociale può modificare ciò che è considerato normale o accettabile nella società.

Il concetto di “un mondo blaterale” può essere interpretato in vari modi, anche se non sembra avere un significato specifico. Ma è la realtà dei fatti a segnalarlo. Una comunicazione sempre più superficiale che descrive una realtà in cui le interazioni sono dominate da conversazioni futili e chiacchiere vuote e banali.

Le informazioni importanti vengono trascurate a favore di contenuti più leggeri e meno significativi. Le relazioni interpersonali si basano su scambi verbali superficiali piuttosto che su interazioni profonde e significative.

Nasce una società che privilegia il rumore e la superficialità rispetto alla sostanza e alla riflessione critica. “Un mondo blaterale” in cui blaterare diventa sinonimo di “gossippare” sebbene ci siano alcune sfumature diverse.

Mentre blaterare indica un parlare in modo prolisso, insensato o a vanvera. Ha una connotazione negativa e implica che il discorso sia privo di sostanza e può riferirsi a qualsiasi tipo di conversazione che risulta fastidiosa o irritante, anche non necessariamente legata a pettegolezzi.

Gossippare si riferisce specificamente alla pratica di discutere o diffondere pettegolezzi, spesso riguardanti la vita privata di altre persone ma è più focalizzato su chiacchiere su altre persone, spesso con l’intento di intrattenere o suscitare curiosità.

Blaterare e gossippare possono sovrapporsi nel contesto di conversazioni superficiali e prive di significato, blaterare ha un uso più ampio e può riferirsi a qualsiasi tipo di discorso insensato, mentre gossippare è specificamente legato alla diffusione di pettegolezzi.

Entrambi i termini condividono una connotazione negativa quando si tratta di comunicazione non costruttiva. Fanno appello alla “pancia” di chi legge, sente o scrive, piuttosto che al cervello e al buon senso.

Il blaterare sociale può effettivamente portare a fenomeni come il gossip e la diffusione di fake news. Il termine inglese sta per falsità. Le piattaforme social sono utilizzate per condividere pettegolezzi su celebrità o eventi pubblici.

Questo tipo di comunicazione, caratterizzato da affermazioni non verificate, può diffondersi rapidamente, influenzando la percezione pubblica e creando false narrazioni. Così nascono le fake news virali.

La viralità dei contenuti facilita la falsità. Spesso, informazioni ingannevoli vengono condivise senza verifica, contribuendo a una cultura del blaterare dove la sostanza è sacrificata per il sensazionalismo.

Questo fenomeno è evidente durante eventi significativi, come le elezioni politiche o le crisi sanitarie, dove le fake news hanno influenzato l’opinione pubblica e le decisioni politiche.

Le interazioni sui social media tendono a essere brevi e poco approfondite. Gli utenti spesso rispondono con emoji o frasi fatte, evitando discussioni significative. Questa superficialità nella comunicazione alimenta un ambiente in cui il gossip e le notizie false prosperano, poiché gli utenti non si prendono il tempo per verificare le informazioni.

La ricerca di approvazione attraverso “like” e commenti spinge gli utenti a condividere contenuti che generano reazioni immediate, piuttosto che contenuti informativi o veritieri. Questo porta a una comunicazione egocentrica e superficiale, contribuendo alla diffusione di messaggi vuoti e potenzialmente fuorvianti ed anche pericolosi.

I media possono manipolare la percezione della realtà mostrando solo le migliori versioni delle vite altrui. Questo porta a confronti irrealistici e alla diffusione di messaggi che non riflettono la verità, alimentando sentimenti di inadeguatezza tra gli utenti e contribuendo ulteriormente al blaterare sociale.

Vale sempre il consiglio di Marshall McLuhan: attenzione al mezzo, è sempre il messaggio.

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Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.