Il mestiere di vivere

Antonio Gallo
3 min readJun 6, 2019

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Sotto una tenda, sulle rive del fiume Granua, un affluente del Danubio, l’Imperatore Marco Aurelio scrive il suo diario dopo essersi levato all’alba:

“«Incontrerò un ficcanaso, un ingrato, un prepotente, un imbroglione, un invidioso, un egoista. Ebbene, quelli si comportano così perché non sanno cosa siano il bene e il male. Ma io, che ne conosco la natura e so che il bene e il male corrispondono rispettivamente al bello e al brutto sul piano morale, che da lì derivano i nostri errori e che chi sbaglia è un mio parente — non perché provenga dal mio stesso seme e abbia il mio stesso sangue, ma perché compartecipe di una medesima mente o particella divina — non posso ricevere alcun danno da loro, poiché nessuno di essi potrà coinvolgermi in azioni disoneste, così come io non posso adirarmi con un mio parente o provare odio per lui. Tutti, infatti, siamo nati per aiutarci vicendevolmente …”

Come si fa a non essere colpiti da pensieri di questo genere a distanza di circa duemila anni? Inizio ad essere uno “stoico” e non mi rendo conto di come non lo abbia fatto prima.

Tra tanti libri inutili, perduti e dimenticati, questo è senza dubbio uno di quelli che resta nella mente per sempre. Marco Aurelio ci invita a praticare quella filosofia che poi sarebbe diventata famosa sotto il nome di Stoicismo.

Non scriveva contro i suoi simili o contro qualcosa. Al contrario, scriveva a se stesso su come pensare, su come vivere, sulle cose per le quali doveva essere grato durante la giornata. Insomma un vero re e filosofo.

Se andiamo qualche centinaio di anni indietro a lui, troviamo un altro stoico che faceva la stessa cosa. Si chiamava Seneca, drammaturgo, intellettuale, scrittore, un moderno “powerbroker”, mediatore politico ed intellettuale alla corte di Nerone.

Faceva sentire la sua presenza a sera, quando esaminava gli accadimenti della giornata. Era solito passare in rassegna comportamenti idee e azioni, se ci si fosse comportati in maniera corretta su quanto fatto o si dovesse fare per migliorare se stessi e gli altri. Rivedere il passato per costruire il futuro.

Un altro soggetto simile fu Epitteto, uno schiavo che non ebbe una vita simile a quella di Seneca o Marco Aurelio, ma che non mancò mai di invitare i suoi studenti nei suoi famosi “Discorsi” a seguire gli insegnamenti sia di Seneca che di Marco, leggerli ad alta voce, trascriverli e discuterli con gli altri.

Ho scoperto che lo Stoicismo, diversamente da tante altre filosofie, non cerca di dare un senso, un significato all’universo, alla nostra vita. Non certa soltanto di di dare una o più risposte alle tante domande che gli uomini si pongono sin da quando si affacciano alla finestra sul mondo. Lo Stoicismo, nasce dai Greci, viene perfezionato dai Romani per cercare di dare una pratica di vita possibile in un mondo sempre più confuso e confusionario.

Non solo insegnamenti, ma comportamenti, sistemi per eliminare la paura, pensieri negativi, elaborare modi e comportamenti per offrire resistenza a tentazioni, colonne in momenti difficili. In breve, lo Stoicismo non lo si insegna, nè lo si impara o lo si legge come in un libro. E’ “qualcosa” che può diventare un’idea di vita.

Marco Aurelio diede al libro dei suoi pensieri il titolo di “Meditazioni”, meditava con se stesso mentre scriveva e da se stesso si aspettava la risposta. Alla stessa maniera faceva Seneca nelle sue lettere scritte ad altri ma in effetti a se stesso.

Così Epitteto che sopravvive nei suoi appunti consigli diretti al suo allievo Ariano. Ogni giorno, chi decide di capire se stesso attraverso gli altri, scegliendo e decidendo di assumere un comportamento stoico, si porrà delle domande alle quali dovrà dare una risposta.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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