Il giornale del “figlio del tipografo” …
Conservo questa copia originale del noto quotidiano inglese The Times perchè porta la mia data di nascita. Me lo ritrovo nell’abbondante memorabilia, dal latino memorabilis, tenere in memoria, quegli oggetti che si intendono conservare e ricordare, appartenenti ad un avvenimento storico, ad un fatto noto o ad un evento personale particolare, accaduti in un passato, relativamente recente.
Sono oggetti che ti ostini a conservare perchè sono la tua ragione di essere, anzi di essere stato. Ti dicono, ti ricordano come eri, quello che facesti, come lo hai pensato, quando lo hai fatto, dove ti è capitato di trovarti. Oggetti che, forse, riescono anche a dare una risposta ai tanti interrogativi che, con il passare degli anni, ti sei posto ed ai quali non hai mai potuto/saputo dare una soluzione.
Strano soggetto/oggetto fatto di carta questa copia di giornale. Avrebbe fatto la gioia di mio Padre, tipografo all’antica. Lo sento vicino mentre fatico a tenerlo tra le mani e a sfogliarlo, lo guardo, lo leggo con gli occhi di oggi, e a distanza di questa manciata di anni che mi ritrovo addosso, ne avverto il peso e la distanza. Ecco le sue misure: formato 60X45 cm, 22 pagine, stampa su sette colonne. Porta in testa il numero 48,379, ultima edizione di Londra, costava due penny.
La prima pagina rimane il fatto storico che ha caratterizzato la storia del quotidiano. Recava sempre annunci pubblicitari che scomparvero soltanto nel 1966. Ce lo ricordarono ad una Summer School che mia moglie ed io frequentammo qualche anno dopo, organizzata dalla BBC a Londra quando ci portarono in visita al quotidiano. Conservo gelosamente una riga con il mio nome venuto fuori dal piombo della linotype della loro tipografia.
Ecco come genera i ricordi, uno dopo l’altro, questo vecchio giornale inglese, e si trasfoma in “memorabilia”. Ma non finice qui. Perchè quella data mi riporta anche al luogo dove, Il figlio del tipografo, venne alla luce …
Ovviamente ricordo ben poco di quel giorno. A dire il vero, nulla. Impossibile ricordare il giorno della propria nascita, soltanto chi c’era può riferire quello che accadde. Io c’ero, ma so soltanto quello che mi hanno detto. Troppo tempo è passato. Da ciò che ti hanno detto e raccontato, chi ha preso parte all’evento, forse puoi essere in grado di ricostruire il contesto, gli avvenimenti, le persone coinvolte.
Ti aiuti con l’immaginazione. Il luogo è ancora lì, anche se, ovviamente, a distanza di tanti anni, non è più lo stesso. La piazza, il gruppo di case, la chiesetta, il negozio, il bar, il portone che conduce al cortile, sul retro del gruppo di case. Il blocco di abitazioni, al primo piano, il balcone, le finestre delle stanze, la casa dei nonni. In una di quelle stanze venni alla luce. Immaginare. Non puoi fare di più o di meglio.
Il fatto è che, arrivati ad una certa età, viene naturale cercare di ricostruire il percorso di una vita, a partire proprio da quel giorno. Cercherò di farlo partendo dal principio. E’ proprio questa la difficoltà: non conosco il momento, l’ora e la situazione dell’evento. Ma posso immaginare la situazione ricostruendo con la mia mente.
Mia madre e la sua famiglia erano di quei luoghi, in quella valle, in quel piccolo villaggio, uno dei tanti che formano ancora oggi quel Comune, quella comunità. Avevano deciso che venissi alla luce lì, in quella casa. La loro casa. Mio padre proveniva da un’altra valle, oltre il valico. E’ molto probabile che ci fosse anche lui.
A quei tempi si partoriva in casa. E poi, tra quei monti, in quella valle che si distendeva, allora come oggi, verso il mare, il viaggio era lungo. Due immagini, due direzioni, nord, sud, monti e valli che portano al mare. La Valle del Sarno, la Valle di Tramonti, il golfo di Castellammare ed il Vesuvio con il grande "hinterland" napoletano, Maiori e la Costa d’Amalfi, patrimonio Unesco dell’umanità.
Ogni qualvolta arrivo al Valico, proveniente dalla Valle dei Sarrasti, l'antica e misteriosa popolazione che vi abitò oltre un paio di millenni fa, mi viene in mente il racconto che faceva mio Padre quando, dal paese omonimo, alle fauci di quel fiume, veniva a visitare la sua futura sposa Concetta a Tramonti.
La loro casa era costruita proprio su una delle tre sorgenti del fiume, ed è ancora là in Via de' Liguori, la strada chiamata "alle fontane", appunto. Frammenti di vita cambiata tanto all'interno quanto all'esterno di un mondo vissuto, quello di mio Padre, e scomparso del tutto. Più che viaggi, i suoi erano delle vere e proprie "avventure", come spesso accade nella storia degli uomini.
Il contesto è quello della fine degli anni trenta del secolo e millennio trascorsi. Dopo di essere partito da Sarno verso Nocera o Pagani, con mezzi di fortuna del tempo, mio Padre si apprestava a fare la "scalata" del monte Chiunzi, percorrendo un sentiero ancora oggi visibile. Non sempre si poteva permettere di fare strada in “carrozzella”, quella che portava anche la posta.
Arrivato in cima, avrebbe dato un rapido sguardo alle sue spalle verso la Valle dei Sarrasti e sarebbe, a grandi passi, disceso verso la frazione di Polvica, uno dei tredici villaggi del Comune, nell'altra Valle "intra montes", quella di Tramonti.
Raccontava, poi, che ad un certo punto, in un luogo chiamato " 'a Chiancolella", gli sarebbe venuto incontro un colono mandato dalla famiglia della fidanzata per accompagnarlo nella discesa. Gli portava qualcosa da bere o da mangiare, qualche indumento per la "cambiata".
Non mancava mai di ricordare, ogni qualvolta raccontava di queste sue visite "d'amore", di quella volta che, poco prima di arrivare al Chiunzi, una nuvola di passaggio gli fece una abbondante doccia, facendolo arrivare a destinazione tutto inzuppato.
Queste sue narrazioni orali le ritrovo nella descrizione che lo storico amalfitano Matteo Camera fa della Valle di Tramonti, moderno "polmone verde della Costa d'Amalfi". Rileggendola, a distanza di tanti anni, si può rivivere quella antica atmosfera, oltre il tempo che fu di mio Padre, in un territorio che oggi va "letto" in maniera del tutto diversa.
Ecco cosa intendevo dire quando ho parlato di cambiamenti esteriori e interiori. Vale la pena rileggere insieme qualche brano della introduzione che lo storico fa introducendo Tramonti nel suo importante studio. L'occhio quasi fotografico, ma molto romantico, del Camera si muove dal suo punto di vista opposto, quello di Maiori, da sud verso nord:
"Qual'emozione non prova il viaggiatore quando per la prima volta visita tutta questa immensa ed ampia vallata, frammezzata da una lunga catena di monti che da Maiori si distende sino alla torre detta di Chiunzo. All'aspetto di questo luogo magico e ridente, evvi qualcosa di calma, di dolce, di filosofico, che prepara l'anima a sortire dal torrente delle rapidi e folli agitazioni di questa vita di fallaci illusioni! Ivi la salubrità dell'aria, la purezza del cielo e le dolci aure campestri, destano in un cuore sensibile un non so che di dolcezza e di grata impressione."
Va subito messo in evidenza che la visita, anzi l'accesso a questa vallata di cui parla lo storico e cronista amalfitano nel suo importante studio "Memorie Storico-Diplomatiche dell'antica Città e Ducato di Amalfi" pubblicato nel 1876, non è lo stesso di quello che vedeva mio Padre, una volta scalato a piedi il "Monte Chiunzo", e che ancora oggi vediamo, a distanza di tanti anni.
A quei tempi, il Valico non era stato ancora "valicato", per così dire. L'unico accesso a questo "polmone verde" moderno era dalla Costa, dal mare. Si può così comprendere quanto sia diverso e quanto sia anche cambiato il modo di guardare il territorio. Camera così continua:
"Senza amplificar con parole questo sorprendente panorama, diciam di non trovarsi altrove più aggradevole e grazioso soggiorno. Gli alti monti quivi formano una specie di cerchio, in mezzo a cui giacciono immense valli, che di tratto in tratto son interrotte da collinette ed altipiani, tutti coverti di verzura e di innumerevoli selve di castagni e di altri alberi fruttiferi. Il viaggiatore sorpreso sembra essere tutto ad un'ora trasportato sott'altro Cielo, in lontana regione ...D'intorno intorno a questo vasto bacino, coronato da' monti, veggonsi di distanza in distanza sparsi sopra ineguali piani, tredici borghi con altrettante parrocchie ...Ecco ciò che costituisce la terra di Tramonti, vocabolo che spiega ed indica la sua posizione "intra montes" ... Nulla turba il silenzio di codesto solingo e pacifico luogo, che potrebbe essere eletto per ritiro della contempalzione e della filosofia ..."
Centocinquanta e più anni ci separano oggi da questa documentata descrizione. Inseguendo la freccia del tempo all'indietro, possiamo in parte intravedere ancora oggi gli stessi identici percorsi. In termini esistenziali abbracciano lo stesso spazio di un millennio. Confrontiamo le parole precise e essenziali del Camera, usate in questa sua accurata descrizione della Vallata di Tramonti con quelle immagini o parole facilmente accessibili con il nostro pc o cellulare.
Grazie a Google Earth ed alla sua tecnologia, sembra quasi di "vedere" il mio giovane genitore attraversare la Valle dei Sarrasti, affannarsi a risalire a piedi i pendii scoscesi del Monte Chiunzi, attraversare il Valico e allegramente scendere per pievi e poderi, passare davanti a casali e attraversare vigne e pascoli.
Lui ci impiegava quasi una giornata per arrivare dalla Valle dei Sarrasti a quella di Tramonti. Un forte legame ha sempre unito queste due grandi Vallate. Ancora oggi c'è una irresistibile e consistente continuità di interscambi umani, sociali e culturali. Per averne una prova basta rileggere con attenzione il prezioso volume Tramonti. La terra operosa, pubblicato una decina di anni fa dal "Centro di Cultura e Storia Amalfitana", con il patrocinio anche del Comune di Tramonti.
Nella fitta rete di attività economiche tra il Quattrocento e il Cinquecento sono visibili "documenti per la storia, le arti e le industrie delle province napoletane" editi da Gaetano Filangieri fra il 1883 ed il 1891, abbiamo diverse prove documentali di questi antichi interscambi tra le due Valli.
Il nome di Antonio Gallo, che era anche quello di mio Padre, oltre che il mio, ricorre in uno di questi documenti e prova, insieme a diversi altri, questo intenso legame che ancora oggi caratterizza questo moderno "polmone verde" patrimonio UNESCO dell'umanità.
Il 12 dicembre dell’anno 1484, in questo paese di Tramonti, la moderna Costa d’Amalfi, come persona che di mestiere facevo il “guarnimentaio” e di nome di chiamava Antonio Gallo, ricevetti:
“… tarì 3 per una frangetta e per palmi 25 di lacci d’oro e seta morata per guarnimento di una spada, che servì nella entrata che fece il Duca di Calabria in Napoli tornando di Lombardia, più sei ducati, 1 tarì e 10 grana per lacci e frange d’oro filato, che occorsero ad ornare due paia di stivaletti neri del medesimo Duca, e 2 tarì ed 8 grana per sette canne da zagarella di seta morata, adoperate a guarnimento degli abiti di velluto morato di detto Signore, e dei paggi che entrarono in Napoli con lui”.
In sole sei righe c’è il lessico di tutto un mondo scomparso. Il tarì è il nome di varie monete circolanti nell’area del Mediterraneo a partire dall’anno mille per diversi secoli. Le frangette erano ornamenti tessili posti sul bordo di capi d'abbigliamento o pezzi d'arredamento.
Il palmo era usato come misura di lunghezza. La seta morata aveva chiari riferimenti arabi nelle stoffe operate e disegnate, realizzate attraverso il ricamo. La spada occupava il posto centrale in questo assetto esteriore del cavaliere, in questo caso il Duca di Calabria.
Oltre ai tarì troviamo altre monete in uso per i pagamenti quali il ducato e la grana. Le canne di zagarella erano evidentemente degli ornamenti ai vestiti. Chi lavorava questi prodotti di abbigliamento dovevano essere degli artigiani molto abili e ricercati negli ambienti in cui si gestiva il potere mettendo bene in mostra la forza e la ricchezza dell’essere per mezzo dell’apparire.
Il "guarnimentaio" Antonio Gallo si affiancava ad altri mestieri e lavori di elevata specializzazione per la produzione di utensili quali chiavi, difese, serrature, cancellate di ferro, coltelli, spade e altre ferramenta, stanghe, selle, busti, frangette, lacci d’oro, seta morata e via dicendo. Altri tempi, altro lavoro, altri mestieri.
E’ stato solo un caso che io abbia scoperto di questa reincarnazione. Se un processo del genere si ripete costantemente per tutto l’universo e in tutti gli esseri viventi, chissà quante vite e reincarnazioni possiamo sperimentare. Il tutto grazie a queste due Valli che costituiscono davvero un grande inestimabile patrimonio non solo per chi ci vive ma anche per chi ci nacque. Sono stato felice di raccontarlo nel mio giornale digitale della vita qui su MEDIUM e su EVENTI.