Il giocatore dell’assurdo: “Si nasce tutti pazzi, alcuni lo restano”

Antonio Gallo
2 min readApr 12, 2024

Il 13 aprile 1906 nacque il mio scrittore preferito in lingua inglese Samuel Beckett. Lo stesso anno in cui nacque mio Padre. Non c’era nella sua piccola biblioteca, ma lo nominava spesso. Lui ripeteva la parola che lo scrittore irlandese fece sua e per la quale è passato alla storia: l’assurdo.

Ricordo che una volta, durante una della tante accese discussioni che soleva avere o sul lavoro in tipografia, o in litigio con i suoi fratelli, ebbe modo di dire “in questo mondo assurdo, si nasce tutti pazzi, molti lo restano”.

La pensava allo stesso modo questo irlandese che non è affatto inglese. Premio Nobel per la letteratura nel 1969, ricordo che comprai nel 1962, a Londra, una delle prime copie di “Godot” e non ci capii assolutamente nulla.

Un pò perchè ero agli inizi dello studio della lingua, ero là a studiarla lavorando. Un pò perchè, giovane com’ero, non potevo capire l’idea, il concetto, la definizione di “assurdità”. La parola-chiave emergente, il “tag” si direbbe oggi, di quei giorni, riferita a Beckett, era, appunto questa.

Era nato con Godot il “teatro dell’assurdo”. Famosa una delle sue tante frasi che si legge in “Endgame” — “Finale di partita” una delle sue ultime opere. La qualità linguistica delle parole usate ben si sposa con il contenuto, dando vita all’assurdo che l’autore cerca di convogliare al lettore.

In un’altra situazione, “Aspettando Godot”, dirà: “Words are all we have” — “Le parole, è tutto quello che abbiamo”. Questo mi pare il senso delle sue opere e del suo messaggio artistico. Trovo tutta l’opera di Samuel Beckett di grande attualità, anche a distanza di tanto tempo. Tutta la sua produzione tende a cercare le ragioni del nostro esistere, per quanto assurda l’esistenza possa essere.

Questa egli pensava fosse la missione di chi scrive. Ecco perchè questo continuo a scrivere, per capire. Se capirò, o meno, alla “fine della partita”, poco conta. L’importante è averci provato. Sono convinto che Samuel Beckett la penserebbe così.

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Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.