Il “fake English” degli Italiani

Antonio Gallo
4 min readOct 20, 2023

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La Verità 19 ottobre 2023

Non è la prima volta che mi occupo di questo argomento: l’inglese fasullo dei miei compatrioti. Cesare Lanza è un giornalista, scrittore e autore televisivo italiano. Nella sua rubrica “La scommessa”, sul giornale “La Verità”, si è occupato della mania che i nostri connazionali hanno per la lingua inglese. So di scrivere per fatto personale e quindi sarò dichiaratamente di parte per quello che dirò.

Mia moglie e io siamo stati docenti di questa lingua per tutta la vita e ancora privilegiamo questo interesse usando la lingua di Britannia come “messaggio” per “leggere” il mondo. Alla maniera di Marshal McLuhan possiamo dire che “il mezzo è il messaggio”, nel senso pieno dell’espressione: pensiamo in maniera bilingue, usando la lingua inglese sia in cartaceo che in digitale. Inevitabile questa premessa per far capire a chi eventualmente leggerà questo post che siamo parti interessate, e anche molto.

Anglomaniaci quanto basta per far capire a chi difende giustamente la lingua italiana, ma non riesce a comprendere che la comunicazione umana è una abilità quanto mai complessa e che le lingue, tutte le lingue, interagiscono tra di loro e che tutto dipende da chi le usa.

In un mondo contemporaneo come quello di oggi, in cui ogni nostra azione, idea, pensiero e comportamento è inevitabilmente interconnesso con altre azioni, idee, pensieri e comportamenti provenienti da altre lingue, gli ibridismi linguistici provenienti da culture e realtà diverse, in forma di copie, plagi, imitazioni, scambi e prestiti, sono tanto inevitabili, quanto utili e anche necessari.

Tutto accade non più e non solo in cartaceo, ma sopratutto in digitale, alla velocità della luce. Come si dice, in tempo reale, “live”, in diretta, anche via satellite. Il punto di vista della giornalista inglese Amin Kazmin, di cui scrive Cesare Lanza, merita di essere conosciuto. Per questa ragione l’articolo me lo sono andato a leggere sul Financial Times dove è stato pubblicato. La giornalista, che parla dal suo punto di vista multiculturale, dice cose giuste e sensate. Il suo nome e cognome lo provano.

Gli Italiani fanno uso di un “fake English”, un inglese non solo “fasullo” e maccheronico, ma anche incomprensibile agli inglesi stessi. Lei dice che ““l’infatuazione degli italiani per l’inglese è iniziata durante la seconda guerra mondiale, quando le truppe americane liberarono il paese dai fascisti. Ma poiché le scuole enfatizzavano le lingue classiche come il latino e il greco antico, pochi di quella generazione svilupparono una conoscenza approfondita dell’inglese.” La giornalista inglese dice cose che ho sempre pensato, scritto e sostenuto.

Confermo che a causa di quello che la giornalista inglese chiama “enfatizzazione” delle lingue classiche, il latino e il greco, i miei connazionali, almeno di quei tempi, non hanno mai saputo costruire per loro e per il proprio paese un futuro linguistico migliore.

Chi non conosce e non capisce come funziona la comunicazione moderna e, soprattutto, non conosce non solo la la lingua inglese ma nessuna altra lingua straniera, diventa patriottico quando sente e usa termini che gli inglesi, o chi di lingua inglese, a dir poco, non usa e non capisce se non un contesto che possa essere di aiuto.

Nell’articolo viene citato Adriano Celentano per spiegare ai lettori di lingua inglese la tendenza tutta italiana a comunicare maccheronicamente e in maniera spettacolare. La Kazmin ricorda la famosa frase della sua canzone “prisencolinensinainciusol” che non faceva altro che imitare l’incomprensibile inglese-americano con una recitazione cantata in maniera spettacolare.

Prendete gli onnipresenti “self-bar”, distributori automatici della stazione ferroviaria che vendono bevande e “snack”. Non li hai visti? Forse è perché hai preso il “pullman”, un “autobus” interurbano, o hai fatto l’ “autostop”, facendo l’autostop. Forse non eri affatto in viaggio, ma eri impegnato con un “lifting”, non un allenamento ma un “lifting”. Che dire poi dei “jobs act” e dell’ “underdog” della premier?

La giornalista coglie l’occasione per intervistare una esperta linguista glottologa italiana la quale non può che confermare la tendenza degli Italiani a preferire l’inglese, anche chi lo conosce poco o per nulla: “Se usi l’inglese, trasmette modernità, freschezza, progresso tecnologico e, in un certo senso, ”status”, afferma Licia Corbolante, linguista e glottologa che si occupa di gestione e ricerca terminologica, qualità linguistica e comunicazione interculturale.

Lei sostiene che mentre molte parole inglesi, come “computer”, vengono assorbite nell’italiano con il loro significato intatto, altre assumono una nuova vita. “Sono come contenitori vuoti che possono essere riempiti con qualunque significato si voglia attribuire loro”, dice Corbolante. Anche i giovani generano molti ibridi, come i boomerata , cose che farebbero i “baby boomer”.

In voga è anche il “cringe”, tipicamente italianizzato in cringiata, qualcosa di inquietante o imbarazzante; cringissimo, il massimo del rabbrividire, e cringiometro, come valutare il imbarazzo. I puristi potrebbero rimanere inorriditi, ma per Corbolante è il dinamismo linguistico. “L’italiano è una lingua vitale”, dice. “Prendiamo materiale estraneo e lo adattiamo alle nostre esigenze. Va bene!”

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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