“Il bene e il male” tra Vittorio Sgarbi e Giulio Giorello

Antonio Gallo
4 min readDec 15, 2020

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Sono cinque i tag/etichette, le parole chiave che caratterizzano questo libro. Gli autori sono due, uno storico dell’arte, Vittorio Sgarbi, l’altro storico della scienza e della filosofia Giulio Giorello, di recente purtroppo scomparso.

Nomi che non hanno bisogno di presentazione. Una elegante edizione in carta patinata pesante color crema, un sommario di tre capitoli. Il primo scritto da Sgarbi in cui si afferma decisamente che l’arte è la prova dell’esistenza di Dio. Il secondo di Giorello il quale dichiara con convinzione la sua libertà di pensare che Dio non esiste. Il terzo capitolo è il resoconto di un colloquio tra i due su temi a confronto. Seguono le note.

Dalla lettura del libro si notano subito le differenze tra i due personaggi. Si riconosce la verve orale con la quale Vittorio Sgarbi sostiene le sue idee, la si nota anche per iscritto. Una scrittura libera, diretta, concreta, immediata tutta tesa a dimostrare qualcosa che per lui è già scontato, cioè la certezza dell’esistenza di Dio che va ricercata nell’uomo che cerca Dio. Ma lui non crede che Dio esiste.

Sembra un paradosso, ma non lo è, in quanto l’uomo è, a suo parere, parte integrante di Dio. L’uomo crea Dio a sua immagine e somiglianza attraverso l’arte. Sostiene che a partire da Giotto, il Dio venerato dai cristiani ha favorito la genesi di opere immortali la cui bellezza si è compiutamente manifestata nella sua inarrivabile profondità e magnificenza. Nessuna altra religione, a suo parere, ha favorito la nascita di tanti capolavori.

Tutta l’arte prova l’esistenza di Dio, non quella dei filosofi, teologi e dottori della chiesa ma quella della storia dell’arte, della pittura e scultura. Una caratteristica tutta occidentale, corpi visti nella loro materiale e naturale concretezza che corrispondono perfettamente alla rappresentazione del divino. La forza dell’arte è tale nell’artista che costituisce il «materiale di partenza” che è la prova dell’esistenza di Dio: «L’artista è l’unico che usa uno strumento che, sul piano del metodo, riproduce quello di Dio». Come fa?

«Qual è il metodo di Dio? La creazione dell’anima immortale. Che cosa fa l’artista? Crea con l’anima immortale. L’ateo Leopardi non è morto: la sua anima è dentro L’infinito, l’ha traslata dal corpo a quelle parole. Giorgione non è morto: ha traslato la sua anima dentro la Tempesta. Leonardo ha rappresentato tutta la sua anima non nel corpo idealizzato della Gioconda, ma nello spirito della Gioconda, che ci parla e vive».

Che cosa può rispondere un uomo di scienza, un filosofo, come Giulio Giorello, a queste incursioni tra arte, fede e scienza? Si limita a ricordare che il corpo di Dio non è estraneo alla scienza e alla filosofia. Basta guardare il “Dio Padre benedicente” di Biagio d’Antonio, un dipinto che «mostra come per manifestarsi e venir riconosciuto Dio abbia bisogno di un corpo, se non addirittura di fattezze umane». Aggiunge che, nonostante gli influssi platonici, il Cristianesimo non è una religione mentale, è una religione corporea e la tensione fra spirito e corpo trova la sua espressione massima nella trinità.

Giorello ricorda Dante nella “Comedia”, quando stupito dalla mancanza di ombra di Virgilio lungo il loro viaggio nell’Aldilà, dice: «Matto è chi spera che nostra ragione/ possa trascorrer la infinita via/ che tiene una sustanza in tre persone». La nostra ragione non può addentrarsi lungo l’«infinita via … può comunque essere rappresentata dalla potenza delle immagini, entro il magistero dell’arte». Mi sembra di capire a questo punto che arte e scienza sono tutt’altro che in opposizione, anzi, come i due amici e dialoganti, Giorello e Sgarbi.

Sono entrambe discipline creative e, in quanto tali, ci permettono di scorgere nuove relazioni le quali, a loro volta, ci consentono di leggere e guardare il mondo (e noi stessi) in modo diverso, «correggendo» la natura: «Il perfezionamento della natura è l’obiettivo della scienza e anche dell’arte. Scienza e arte non sono dunque in concorrenza: sono la testimonianza che l’uomo ha in sé una divinità in cui andrebbe cercato il senso di Dio» (Sgarbi).

Ma tutto ciò ha anche una implicazione etica, (il bene e il male)come dice Giorello: «Io credo che la grande scienza e la grande arte incrinino le aspettative consuete e indichino nuovi modi di vedere il mondo, ricchi e significativi. E non solo cambiano il modo di vedere il mondo, ma cambiano anche il nostro modo di stare al mondo». È questo che fanno, i grandi artisti e i grandi scienziati, talvolta nella loro sregolatezza: ci aprono nuove vie, senza paura, né dell’autorità né di confrontarsi con posizioni diverse, in nome di una causa difficile, ma «degna»: «unire il coraggio con la conoscenza».

A lettura completata, la mia modesta conclusione è forse piuttosto semplice e banale. Dio e la Scienza, cioè la Scienza e la Fede, non possono esistere separate l’una dall’altra. Alla stessa maniera di come non può esistere il Bene senza l’affronto del Male. L’Arte è il tentativo umano di conciliare le due realtà nelle quali si dibatte la condizione umana.

Il libro visto da una prospettiva razionalista è stato giudicato, ovviamente, piuttosto deludente. La ragione non si pone il “mistero di Dio” come problema. Semplicemente non esiste. E allora si deve ammettere che se si pensa in questo modo, non si può comprendere tutta l’arte coinvolta sul filo del ragionamento legato al bene e al male.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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