Il 23 febbraio 1946 “nasce” Marilyn Monroe
Il rapporto di Norma Jeane con il suo nome non fu semplice: il cognome Mortenson è del secondo marito di sua madre Gladys, ma pare non fosse lui il padre della bambina, nata nel giugno 1926 a Los Angeles. Dopo un’infanzia tra orfanatrofi e famiglie adottive, con una madre in ospedali psichiatrici, Norma Jeane inizia la carriera di modella che le apre le porte di Hollywood. Ed ecco la ricerca di un nuovo nome: Jean Norman… Mona Monroe… Jean Adair… finché un regista della Fox sceglie per lei. Il 23 febbraio 1946 Norma Jeane Mortenson diventa Marilyn Monroe. Cambiare nome era un po’ come cambiare vita, e in effetti la sua vita cambiò, ma forse non come avrebbe voluto: ebbe fama, denaro, adoratori, tuttavia continuò a sentirsi insicura, spaventata, sola, a collezionare uomini sbagliati, a soffrire di depressione. Ha fatto sognare gli uomini di tutto il mondo, ma, vittima della sua bellezza, ha dimostrato una crescente instastabilità emotiva, abusando di farmaci e alcol, fino alla tragica notte del 4 agosto 1962, quando morì, a soli 36 anni, per un’overdose di barbiturici. Molti non si rassegnarono alla versione ufficiale, molti dubbi vennero avanzati, molte ipotesi di omicidio vennero formulate, ma il mistero di quella morte non è mai stato risolto, contribuendo ad alimentare il mito di Marilyn.
Il post che segue l’ho scritto dieci “stagioni” fa in ricordo di un mito per tutte le stagioni della vita.
Marilyn Monroe, una donna per tutte le stagioni
Il 5 agosto del 1962, ahimè! cinquanta anni fa, ero in Inghilterra, a studiare l’inglese. Nella mia camera nello “staff block” dell’ospedale dove lavoravo, avevo sul muro una gigantografia del settimanale “Life” con l’immagine di Marilyn Monroe. La vedete qui sopra. Porta la data del 7 aprile 1952. Lei aveva, quindi, 26 anni. Quel giorno ricordo che ascoltammo la notizia delle sua morte alla radio mentre ero di servizio nel reparto dei bambini. Aveva trentasei anni. Fu trovata morta dal suo medico, uno psichiatra, il quale dichiarò che il decesso era forse dovuto ad avvelenamento di barbiturici, oppure anche ad un tentativo di un possibile suicidio. La polizia quando intervenne avanzò il sospetto di assassinio.
Tre ipotesi che hanno fatto di Marilyn Monroe un mito, trasformando la sua persona un un personaggio che ancora vive a distanza di tanti anni. Non si contano i libri pubblicati su di lei. L’occasione per la stesura di questo post, con questi personali ricordi me la offre la recente uscita di un ennesimo libro che ha per titolo “Marilyn: la passione e il paradosso”. Sia la passione che il paradosso fanno di questa sfortunata attrice “una donna per tutte le stagioni”.
Non inganni la parola che ho usato: “stagioni”. Non è intesa come una offesa alla memoria di questa bellissima attrice, bensì come come un complimento per il fatto che poche altre attrici, di non grande genio e valore, sono sopravvissute al logorio del tempo come lei. Marilyn, in effetti, è ancora l’idolo di tanti uomini di una certa età, ma continua ad esserlo anche per tanti giovani di oggi. Come la sua arte cinematografica Marilyn Monroe aveva le sue radici nel paradosso, nel senso che era una brillante stella, ma anche una puttanella, una gioiosa, irriverente ragazza da feste giovanili, con una profonda e nascosta spiritualità, un grande senso di amicizia e di narcisismo, una bionda di fuoco ed una intellettuale.
Tutte queste qualità sono messe in luce in questa nuova biografia scritta da Lois Banner. Dal giorno della sua morte quanto mai misteriosa è venuta sempre aumentando la sete di notizie su questa bellissima creatura che ha attirato l’attenzione di tanti in tutto il mondo. Le biografie abbondano, come ho detto, ma questa ultima non sembra essere una in cui si cucinano notizie già note. L’autrice nella stesura del libro ha potuto avvicinare tutte le persone che furono vicine a Marilyn.
La Banner sostiene che Marilyn ha nella sua figura qualcosa di “paradossale” in quanto paradossale fu l’età in cui visse. Era l’epoca dell’esuberante “boom” del dopoguerra e della paranoia della guerra fredda. Si potevano leggere molte “Marilyn” a seconda dei riferimenti ai quali la donna-attrice veniva collegata. La stessa attrice ebbe a dire una volta che si sentiva “so many people”, “tante persone”. Nella sua biografia incompleta di Ben Hecht, “My Story” del 1974, mise in evidenza la sua doppia essenza: la bambina dell’orfanotrofio che non apparteneva a nessuno e un’altra persona senza nome che apparteneva all’oceano, al cielo e al mondo intero. Tutto questo nasce dal suo “background” che vide l’assenza di un padre, una madre schizofrenica, una decina di orfanotrofi dove venne rinchiusa, un matrimonio a sedici anni. Va ricordata poi la violenza sessuale che Marilyn aveva subito a soli otto anni, forse da parte di uno dei suoi patrigni. Non è un caso, quindi, che tutta la sua esistenza fosse caratterizzata da una forte carica sessuale. Da questa sua carica antica e primitiva scaturiscono tutte le debolezze. Marilyn portò con sé per tutta la vita una sorta di cultura politica e sociale punitiva che le chiedeva costantemente chiarezza e certezza morale nel suo comportamento esistenziale.
Le persone nelle quali si imbatté furono senza dubbio crudeli nei suoi confronti, come non lo fu del resto il mondo che la vide in azione e che ne sfruttò l’immagine per propria convenienza. In un contesto del genere l’autrice del libro sembra volerci far capire, dopo un’analisi della sua vita di oltre cinquecento pagine, che non sapremo mai chi veramente fu Marilyn. Entrano in gioco tutti quegli interrogativi che riguardano il nostro approccio alla sessualità, al successo e alla morale.
La terza immagine che correda questo post ritrae l’attrice mentre legge un libro che all’epoca in cui Marilyn lo teneva tra le mani era sotto accusa per oscenità. E’ l’ “Ulisse” di James Joyce, il capolavoro che ha gettato le basi della letteratura moderna. Non a caso sulle donne che leggono è stato pubblicato un libro in cui si afferma che: “Le donne che leggono sono pericolose soprattutto per se stesse. Ci sarà un motivo se la storia dell’umanità ha ritardato la lettura alle donne: la natura sapeva che avrebbe complicato loro la vita … Le donne e i libri sono state passioni talmente divoranti e proibite da aver sedotto pittori e fotografi di ogni epoca. Tra le immagini proposte non ci sono uomini. Ci sono solo donne che leggono. Donne, vecchie e giovani, in giardino, sul divano o a letto, con i volti sognanti o concentrati, nude, in déshabillé o magnificamente vestite, di cui vediamo le braccia, i capelli, il capo chino, ma raramente scorgiamo gli occhi: solo quando hanno appena finito di leggere e alzano per un istante lo sguardo riusciamo a intravederne l’espressione ancora sognante. Da Simone Martini a Rembrandt, Vermeer e Fragonard, da Matisse, Heckel e Hopper fino alla famosa fotografia di Eve Arnold con Marilyn Monroe che legge l’Ulisse: questo libro mette in scena una galleria di figure affascinate e affascinanti. Attraverso dipinti, disegni e fotografie, questo volume racconta la storia appassionante, piena di bellezza, grazia ed espressività, della lettura femminile dal XIII al XXI secolo”.
La fotografia alla quale fa riferimento la citazione del libro è stata pubblicata a piena pagina nei giorni scorsi da “Il Foglio” in un servizio sulla nuova traduzione del capolavoro di James Joyce. Marilyn Monroe appare ritratta mentre legge “Ulisse” a Long Island. Mariarosa Mancuso, nell’articolo ha scritto a proposito di “Ulisse”: “Non è più un libro. E’ un’icona, al pari di certi quadri famosi … Per felice coincidenza, una copia dell’ “Ulisse” di James Joyce sta tra le mani di un’assorta Marilyn Monroe, che seduta su una giostra parrebbe in dirittura d’arrivo, alle ultime pagine del monologo di Molly Bloom. O, forse, come tanti di noi, è andata direttamente lì, a sbirciare le faccende piccantine”.
Ecco, a questo punto il quadro psicologico, umano e sociale del personaggio Marilyn sembra essere chiaro, completo in tutti i suoi tasselli. Sesso, fama e morale caratterizzarono la sfortunata donna di nome Marilyn. Una donna per la quale la lettura può essere davvero sinonimo di “pericolo”. Nel libro sulle donne si legge tra l’altro: “Le donne che leggono sono pericolose perché nutrono i loro sogni e non c’è nulla di più rivoluzionario di una donna che sogna di cambiare la propria vita …”. Chissà quanto influenzò la povera Marilyn la lettura dell’Ulisse. Chissà se riuscì a leggerlo tutto e cosa comprese. Ne fece comunque di certo una donna per tutte le stagioni, da amare sempre. Ieri come oggi.
Postato 25th October 2012 da galloway