I “Promessi Sposi” nella “Valle dei Sarrasti”
Ho provveduto ad inserire su GoodReads e Librarything, i miei spazi digitali dedicati ai libri, questo libretto alla cui presentazione ho preso parte. E’ un prezioso esempio di Microstoria culturale vissuta in una Valle molto antica, nella pianura del fiume Sarno, risalente all’età del Ferro (IX- VI sec. a.C), dove visse una popolazione osca di origine pelasgica: i Sarrasti.
Essa concorre a comporre col suo ricco ed abbondante mosaico di memoria individuale e collettiva, la Macrostoria, dimostrando che la vita degli esseri umani, per essere veramente significativa, non deve ridursi ad una mera attività che interpreta testi ed eventi. Dovrebbe esserci, invece, la ricerca della verità relativa al modo conflittuale e attivo degli uomini di agire nel mondo. Un paradigma imperniato sulla conoscenza dell’individuale che non rinunci a una descrizione formale e a una conoscenza scientifica anche del collettivo di una comunità.
L’individuale, infatti, il fatto anomalo, l’emergenza, l’avvenimento, non deve mai perdere la possibilità di essere inserito in un’ottica comparativa che lo renda memorabile e significativo. Per questa ragione, un evento microstorico, riferito ad una esperienza culturale così come espressa da questo libretto, si inserisce in quello più ampio ed allargato quale il macrostorico, creando la nozione di contesto.
Non si possono ignorare o interrompere i fili che legano passato e presente. Il passato ci invita alla riflessione, alla comprensione e a dilatare la conoscenza. In questo tempo moderno di comunicazione leggera e veloce si rischia di perdere qualcosa di molto importante, quali gli elementi costituenti che danno profondità e riflessione. Si chiama “Fattore umano”. L’essere umano è tale se si riconosce all’interno di una storia più grande.
Chiedo scusa per questa lunga premessa. Mi pare importante per comprendere il senso del recupero di questi scritti di un personaggio della cultura e della storia della Città di Sarno, dotto umanista e appassionato cultore, passato alla memoria comune locale come “il professore”. Per poi dire che tutto era tranne che un “prof”. Un altro, vero, giovane “prof”, docente universitario, Vincenzo Salerno ha recuperato i brani proposti riferiti ai Promessi Sposi del Manzoni e alcune poesie inedite.
I testi pubblicati non hanno una data precisa, ma tutto lascia ritenere che il tempo della scrittura risalga alla fine degli anni cinquanta. Il “Professore” Raffaele Salerno passa in rassegna i personaggi-protagonisti del romanzo, Renzo, Lucia, Agnese, don Abbondio, Padre Cristoforo, il Cardinale Borromeo, don Rodrigo, l’Innominato e Gertrude.
Al di là di ogni valutazione critica e letteraria, sia dei testi che delle poesie, così come è stato fatto in sede di presentazione del libro, desidero dire anche io qualcosa di molto personale sul “protagonista-personaggio” Raffaele Salerno, recuperato nella memoria di una Città che ha le sue radici nella Macrostoria.
Anche io “conobbi” il “prof” Raffaele Salerno e per fatto personale ne parlo in maniera chiara e consapevole. I miei ricordi si manifestano in due diversi momenti, opposti e contrastanti. Il primo momento risale alla seconda metà degli anni cinquanta. Ero uno studente al liceo-ginnasio della Città e non ero uno studente modello. Non mi piacevano le lingue cosidette “morte”. Ricordo che mio Padre era disperato e si rivolse proprio al “prof” Salerno per consigli.
La tipografia “Arti Grafiche M.Gallo & Figli” era in piazza Municipio, dove c’era anche il “Circolo dell’Unione” molto frequentato dai notabili del tempo. Il “prof.” Salerno era uno dei membri più autorevoli. Mio Padre si rivolse a lui per aiuto. Mi fece una specie di colloquio-intervista. Ma non mi volle a lezione privata. Liquidò mio Padre con un “fatelo faticare con voi nella tipografia. Non è fatto per la scuola”.
In quegli anni al Liceo-Ginnasio di Sarno, e per molti anni a venire poi, la comunicazione umana sembrava essere costruita solo ed esclusivamente dalle “lingue morte”: il latino e greco. Ricordo che ero bravo in italiano e in francese, allora l’unica lingua straniera sul mercato della cultura. Feci un tema al V ginnasio sul personaggio-protagonista don Abbondio che pensavo fosse ben fatto.
Il professore mi mise 5 perchè non credette che l’avessi fatto io e anche perchè in latino e in greco avevo 2. Non mi rimaneva che emigrare altrove. Cosa che feci. Medesima avventura dovette affrontare mio fratello nello stesso istituto. Ho scritto “emigrato” e davvero lo fui dopo essermi diplomato altrove.
Andai a lavorare e studiare in Germania e in Inghilterra. Ebbi modo di rivedere ed incontrare di nuovo il “prof” Raffaele Salerno una decina di anni dopo quando divenni socio anche io del “Circolo”. Ero diventato assistente ricercatore all’Istituto Universitario Orientale.
In diverse occasioni ebbi modo di scambiare con il “prof” Raffaele Salerno idee ed opinioni, in un franco e sempre leale confronto con lui. Non saprei dire se ricordava quello che aveva detto a mio Padre. Ricordo di aver parlato con lui di alcuni sonetti di Shakespeare. Volle sentire il testo in inglese e disse che gli dispiaceva non conoscere questa lingua …