I “colori” della fede di Mario Manzo
“La fede non la si può insegnare. C’è o non c’è. E’ dentro di noi, come parte del nostro destino, forse addirittura iscritta nel nostro DNA, dove la nostra storia futura è segnata in maniera fisiologica”. Così scrivevo in un articolo sul mio blog dedicato ad un libro-diario che l’amico autore Mario Manzo aveva pubblicato in occasione di un pellegrinaggio in Terra Santa. A distanza di diversi anni, questo suo diario in progress è diventato un “memoriale” nel quale ha voluto confermare, in forma quanto mai concreta e visiva, la sua tormentata esperienza di fede.
Nella concatenazione logica del suo pensiero aveva bisogno di un terzo mondo, oltre quello della ragione e della fede, per realizzare il suo progetto di credo: quello della pittura e dei colori. Questa volta, tra le carte dei ricordi e le nebbie della memoria, ha voluto stabilire una volta per tutte, sopratutto per se stesso, il confine che intercorre tra mondo razionale e mondo della fede. Il primo gli offriva una concatenazione logica nella realtà quotidiana. Il secondo, quello della fede, una “presenza” reale che aveva sentito, avvertito, durante la visita del 1999. Ora ne scopre un terzo, il mondo della pittura che si realizza nella sua concretezza di fede.
Nel suo precedente lavoro non ne aveva fatto cenno. L’aveva fatto solo a parole, in maniera letteraria, a conclusione di quel viaggio in Terra Santa. Oggi, questa esperienza, la rinnova in una forma più che concreta. “La fede a colore”, dice. Un percorso di vita vissuta, tanto tormentato quanto difficile, quale può essere quello espresso in maniera auto-biografica. Significa sfidare non solo se stessi, il proprio io, ma mettere anche in discussione la propria identità. Offrirla in pasto agli altri senza reticenze, timori, vergogne o illusioni di essere capito, perdonato ed accettato.
Come prova, con questo secondo libro, Mario Manzo porta con sè le sue pitture, quadri che ebbi modo di fotografare a casa sua quasi venti anni fa, esattamente il 26 giugno del 2009. Le conservo ancora nella memoria della mia “nuvola digitale”. Ritrovo queste immagini in questo libro che merita un’attenta lettura. Non ho avuto la possibilità di prendere parte alla presentazione, ma non posso rinunciare al piacere di condividere con lui questa esperienza. Non solo di cultura, ma anche di fede.
Stampato in proprio, il libro colpisce sin dal titolo. “Un memoriale per una fede a colore”. Vorrebbe essere un “bildungsroman”, un genere letterario che narra il processo di crescita e maturazione del protagonista. Non credo che possa essere un romanzo di formazione, come scrive Monica Foccillo nella Presentazione. Non c’è nulla di metaforico, pedagogico e formativo nelle vicende narrate da una persona che propone uno scritto di questo genere.
Mario Manzo non ha la stoffa dello scrittore. La sua non è affatto una scrittura “creativa”. Lui è solo un uomo in cerca del senso. La sua grammatica è quanto mai grezza, la sua sintassi è provvisoria, la sua scrittura arranca, inseguita dalla furia delle sue emozioni, dal tormento delle sue sensazioni. Nel libro dominano la grammatica e la sintassi del suo io interiore. Lasciatele ad altri queste regole, sembra dire Mario. “Le mie sofferenze sono quelle fiamme che incendiano l’animo, le mie parole sono lame che squarciano il petto e lacerano il cuore”. Lui è in cerca dell’amore che sa di trovare solo nella figura di Cristo fatto Uomo, un umile uomo come Lui.
Al suo orizzonte c’è solo la serie di visioni di una fede a colore, che avverte in maniera incoerente e misteriosa. Questo “colore” iniziale si frantuma e si trasforma, manifestandosi nella sua pittura in mille colori. Il bianco simboleggia la fede, variando a seconda delle tradizioni e dei contesti liturgici, simboleggia la purezza, la gioia e la risurrezione. Il rosso rappresenta il sangue, il martirio e lo Spirito Santo. Il viola è simbolo di penitenza e preparazione. Il nero è colore del lutto e del mistero. Il verde rappresenta la speranza e il tempo ordinario, simboleggia la vita e la crescita.
Osservate con attenzione i suoi quadri e ritroverete continuamente queste sensazioni in forma di colori variegati che ritornano senza che lui sappia dire da dove provengono e a chi sono dirette. Non si tratta di antropomorfizzare una fede e una religione. L’autore vuole andare oltre, oltrepassare la linea dell’ineffabile. Ecco cose scrive:
“Guardare oltre, significa ammettere che ci possono essere mondi diversi che altro non sono che idee nuove del mondo. Tutto questo è straordinario perchè ci consente non solo di guardare lontano, ma anche di sapersi guardare nel profondo della propria coscienza. Essere in relazione armoniosa con il proprio io è come avere la necessaria serenità d’animo che ci permette di affrontare e risolvere anche quelle cose che non vanno nella giusta direzione”.
Non si tratta di “imbrattare una tela”. Tutto inizia con una ricerca, quella di “un volto coronato di spine”, a cui fanno seguito altri volti che segnano il suo percorso di ricerca. Ma non è solo un inizio, segna anche una fine nel quadro “Io-Sono”. Non è un “cogito ergo sum”, ma l’immagine di un Dio tanto invisibile quanto Ineffabile, generato prima di ogni creatura, un Dio che si fa uomo per far comprendere la sua umanità. Grazie Mario.