Essere “normali”

Antonio Gallo
2 min readApr 4, 2019

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“Oddness” a piece of digital art by Mark Eggleston

Siamo tutti condizionati al giorno d’oggi dal fatto che non sappiamo più cosa sia la “normalità”.

Sentiamo spesso dire che accadono cose impossibili da accadere in un paese “normale”, oppure che una persona “normale” non farebbe mai una cosa del genere. Non si dice il genere, ma conta poco.

La nebbia, che un tempo si chiamava “smog”, in Inghilterra era una cosa “normale”. Tanto che quando cadeva sullo stretto di mare che separa le Isole Britanniche dal Continente, gli inglesi dicevano che il continente era “isolato”.

Non era una cosa “normale”. Oggi sembra che ogni cosa, al di qua e al di là del canale, sia diventata straordinaria. Ognuno di noi per quello che fa, pensa, scrive, decide sembra essere tutto eccezionale, a-normale, appunto. I social sono diventati i luoghi privilegiati per dirlo.

Non esistono più i congressi, le riunioni, le assemblee, oggi ogni idea deve esssere espressa in maniera immediata, lampo, tanto illuminante quanto risolutiva, senza che possa essere discussa, esaminata, valutata. Nel momento in cui viene trasmessa è stata presa la decisione.

Tutto “normale”. Ti accorgi che è accaduto qualcosa, te lo hanno comunicato ed hanno preso anche la decisione senza che tu l’abbia, non dico capita, ma almeno sentita. Tutto normale. Sei tu che sei lento, arretrato, ritardato, anormale, appunto.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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