Entrare nell’Eternità e rompere il velo della “nebbia”

Antonio Gallo
3 min readJan 3, 2023

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Il Libro

Mi sono andato a rileggere (5 aprile 2017) quello che scrissi sul libro del Papa Emerito Benedetto XVI “Il tempo e la storia”: “Mentre tutto passa, Dio è oggi, ieri e domani, contemporaneo a ogni tempo e anteriore a ogni tempo. E noi siamo sue creature, destinate all’eternità”. Lui ci è già entrato nell’eternità …

Questo è uno di quei libri che non si “bruciano” sull’altare dell’attualità, non è per i gusti ed i piaceri di chi fa della lettura un “mordi e fuggi”, un “chit-chat”, una aforisma da social su Facebook. Leggere quello che scrive una persona di novanta anni è sempre una scoperta, un’avventura, un viaggio nel tempo da lui vissuto. Quando poi chi scrive non è uno che usa la penna o la tastiera per far sapere agli altri quello che pensa, ma uno studioso che possiede già di per sè il senso delle cose e della storia, un teologo, un filosofo e per giunta anche un germanico.

Se a tutto questo aggiungete che questa persona è anche una figura religiosa mai esistita prima nella storia delle religioni e della religione cristiana in particolare, un “Papa Emerito”, che si affianca da vivo ad un altro Papa in carica, allora avrete la certezza di leggere qualcosa che arde sull’altare dell’intelligenza della storia e del tempo degli uomini. Le parole chiave stanno tutte nel titolo del libro: tempo, storia, senso, viaggio. Io penso che non sia il caso di dire altro in questa recensione. Chi crede, come anche chi non crede, deve leggere questo libro.

Scrive Benedetto: “L’uomo di oggi ha lo sguardo rivolto al futuro. La sua parola d’ordine è “progresso”, non “tradizione”, “speranza” o “fede”. Egli conosce anche un certo romanticismo per il passato. Ama circondarsi di oggetti preziosi della storia, ma tutto questo conferma soltanto che quei tempi sono passati e che il regno dell’uomo di oggi è proprio il domani, il mondo che lui stesso costruisce”.

Le parole che sceglie il Papa Emerito, sulla soglia dei suoi 90 anni, sono le stesse alle quali, quasi certamente, pensava Marlowe per bocca di Faust. Le stesse alle quali penso io oggi: “progresso”, “tradizione”, “speranza”, “fede”. Quanti libri dovrei, anzi dovremmo leggere per capire il senso dei pensieri che si nascondono dietro queste parole?

E quanti se ne dovrebbero ancora scrivere senza trovare una risposta, quella per la quale Faust tentò di giocarsi la partita con Mefistofele? La perse ovviamente, come la perderanno sempre tutti quegli uomini i quali credono di poter abbracciare l’idea di “progresso”, inteso come “conoscenza”, senza porre limiti, senza essere ossessionati come Faust dall’idea della vita eterna, magari ottenuta tramite la tecnologia?

Se dietro questa parola, “tecnologia”, si nasconde il “progresso”, e se dietro di questo ritroviamo “Mefistofele” con le sue illusioni ed i suoi inganni, il pensiero di bruciare i libri, di sicuro ci prenderebbe subito. La conoscenza resterebbe una illusione, un inganno, una “nebbia”, per dirla ancora una volta con Qohelet. La tentazione di bruciare tutti i libri sarebbe quanto mai forte, ma questo segnerebbe la vittoria proprio di Mefistofele.

Lui vorrebbe proprio questo, che il grido-imprecazione di Faust, “brucerò i libri”, sarebbe nostro, perchè tanto questa misteriosa conoscenza non ci fa conoscere un bel nulla. Dobbiamo invece convincerci, seguendo il pensiero di Benedetto XVI che gli uomini “sono testimoni dell’incompiutezza di ogni essere esistente, testimoni di una realtà che non è uno stato ma un divenire”.

Il Qohelet, o l’Ecclesiaste, con quella parola “nebbia” intendeva anche quello che, a mio parere, caratterizza tutta la condizione umana, l’essenza della nostra esistenza, le ragioni del nostro vivere, l’idea che dovremmo avere della nostra vita. Il rischio della “nebbia” si nasconde nella parola “vanità”. Quella stessa, identica, eterna vanità che illuse i nostri progenitori, ingannò Mefistofele e continua ancora oggi a cercare di ingannare anche me, voi tutti, con la nostra sete di conoscenza.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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