Emmy Noether: l’allegra donna-genio che pensava camminando

Antonio Gallo
4 min readApr 13, 2024

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Emmy Noether

Il 14 aprile 1935 muore in Pennsylvania la matematica tedesca Emmy Noether definita “la madre della moderna algebra astratta”. Formulò il teorema che porta il suo nome. Confesso che non conoscevo nè lei nè il suo teorema. Non amo la matematica, non me l’hanno mai fatta capire.

Ma mi piace perchè si tratta di simmetria, una parola, un teorema che è un risultato fondamentale della fisica matematica. In parole semplici, mette in relazione la presenza di simmetrie in un sistema fisico con la conservazione di alcune quantità. Se volete saperne di più andate qui.

“Fräulein Noether è stata il genio matematico più importante da quando le donne hanno avuto accesso all’istruzione superiore”. Queste parole, scritte da Albert Einstein in occasione della sua morte, danno l’idea dell’importanza di questa grande matematica. Un genio, anzi una “genia”?

Continuo la serie di post che mi sono imposto di scrivere su quel grande “mistero” che sono le donne, compagne di noi uomini durante l’affascinante viaggio che è la vita. Ecco cosa ne scrive il noto libro di Almamatto che la ricorda nel giorno della sua scomparsa.

“Il genio allegro che pensava camminando. Una corte di giovanotti cammina, per chilometri, accanto a una donna stravagante, mal vestita, con i capelli scarmigliati. Si tratta dei Noether’s boys, un gruppo di studenti che impara camminando a fianco della «madre dell’algebra», Emmy Noether. Siamo in Germania, a Gottinga, nella celeberrima università, e per arrivare a insegnare qui la fräulein della matematica ha dovuto superare molti ostacoli, tutti dovuti al fatto di essere una donna.

Figlia di un noto professore di matematica, studia lingue brillantemente fino a 18 anni. A quel punto la svolta: Emmy decide di dedicarsi alla matematica. Frequenta come uditrice, finché le è possibile iscriversi ufficialmente e in poco tempo si laurea con lode. Inizia a lavorare gratuitamente, sempre senza perdere il suo entusiasmo, e nel 1915 arriva la sua occasione: due celebrità del mondo accademico matematico, Hilbert e Klein, la invitano a risolvere alcune questioni aperte legate alla teoria della relatività di Einstein.

Emmy Noether va a Gottinga e dimostra due importantissimi teoremi: uno di questi, che porta il suo nome e prova come esista una relazione tra le simmetrie nella fisica e le leggi di conservazione, le procura somme lodi da parte di Albert Einstein in persona. Ma è donna e fatica ad ottenere il posto di professore associato nonostante l’insistenza dei colleghi. Solo a 37 anni può essere assunta, a titolo gratuito, come Privatdozent. I suoi studenti la adorano per la passione e l’allegria che mette in tutto ciò che fa.

La professoressa Noether non si cura del proprio aspetto fisico, va sempre in giro con un ombrello rotto, vive in una casa poco curata, ma è estremamente generosa e accudente. La si può trovare tutti i giorni allo stesso ristorante alla stessa ora a mangiare lo stesso menù: fagioli, crauti, patate bollite, pane e burro. Non si lamenta mai di non essere pagata, o di essere pagata pochissimo, e lavora sempre con calore e passione.

A causa delle leggi razziali del ’33 è costretta a rifugiarsi negli Stati Uniti, a Princeton, dove trova il riconoscimento meritato e insegna fino alla morte prematura dovuta a un tumore, il 14 aprile 1935. Einstein, scandalizzato dal fatto che in sua memoria venga dedicato solo un trafiletto, scrive una lunga lettera al New York Times, descrivendola come «il più significativo genio creativo matematico mai prodotto da che le donne sono state ammesse a una educazione superiore”.

Era il 5 maggio 1935, Einstein viveva negli Stati Uniti, insegnava fisica a Princeton, e aveva avuto notizia della morte della Emmy Noether dai giornali. E così scrisse questo breve articolo che ho rintracciato in rete nell’archivio del Times:

“Gli sforzi della maggior parte degli esseri umani sono consumati dalla lotta per il pane quotidiano. Per alcuni, per quelli che godono di maggior fortuna, la lotta è molto semplice, e quindi gli sforzi servono al miglioramento della vita mondana. Tra quelli che si dedicano all’accumulo di beni terreni, è frequente l’illusione che le attività quotidiane siano un affare, e quello che desiderano maggiormente è accumulare e accumulare sempre di più. Meno male, però, che esiste una minoranza di persone che hanno una vita più bella, fatta di esperienze soddisfacenti e aperte alla conoscenza del genere umano. Persone che non accumulano beni, ma che puntano tutto sul proprio sviluppo intellettuale. E poi ci sono, tra questi, gli artisti, i ricercatori e i pensatori, gli intellettuali, persone che vivono poco di vita materiale, ma che trovano soddisfazione a sviluppare le proprie idee, che possono poi essere utilizzate dai loro successori. Una sola, infine, è la persona di cui nutro una stima del tutto eccezionale; si tratta di un’illustre matematica, che aveva insegnato all’università di Gottinga e ora si trovava al Bryn Mawr College, aveva cinquantatré anni, era una bellissima testa, ed è morta. Emmy è stata il più grande genio creativo matematico da quando l’istruzione superiore è stata aperta anche alle donne. Nella sua vita si è dedicata allo studio della matematica a livelli eccelsi. Le nuove generazioni di matematici devono renderle omaggio per aver sviluppato l’algebra moderna e aver capito le leggi che stanno alla base della natura. In lei c’era tutto questo, e c’era la poesia delle idee logiche. Emmy Noether era nata in una famiglia ebraica e si è subito distinta per il suo grande amore per l’apprendimento. A Gottinga venne accolta nel 1915 da David Hilbert, e malgrado i suoi sforzi per farla emergere, a lei il titolo di insegnante fu precluso, a causa della discriminazione nei confronti delle donne ebree. In America trovò una soluzione alternativa. Al Bryn Mawr College e alla Princeton University erano tanti i colleghi che la stimavano e di cui era amica. Tutti riconoscenti ed entusiasti dei suoi lavori, che in quest’ultima parte della sua vita sono stati felici e fecondi. Questo è il nostro modo di ricordarla.

Albert Einstein

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Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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