“Elvis the pelvis”: ve lo ricordate?

Antonio Gallo
3 min readAug 16, 2022

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Il Libro

«Quando Elvis sorrideva il sole si metteva a brillare». Così si esprimeva Joe Esposito. L’importanza di un sorriso. Come quello, uno degli ultimi, che Elvis fece durante l’interpretazione del brano “Unchained Melody” il 21 giugno 1977 e che tanto ha colpito Antonella Santovincenzo. Il sorriso di un uomo stanco e sofferente, capace ancora, però, di creare legami indissolubili nello spazio e nel tempo. È proprio rincorrendo questo sorriso che Antonella ci porta alla scoperta dell’Elvis uomo, oltre il mito, tracciandone un ritratto estremamente privato, quasi intimo. Ripercorrendo i luoghi dove l’artista è vissuto, e visitati dall’autrice, il libro riesce a sondare tutti gli aspetti caratteriali di Elvis: la solitudine, la generosità, l’insicurezza, la versatilità, gli stati d’animo, il carisma, l’intelligenza, l’ambizione, il senso estetico, il talento, il patriottismo, la spiritualità. La seconda parte del libro è dedicata alla mostra itinerante curata dall’Autrice, in collaborazione con altri estimatori di Presley, volta a scoprire l’Elvis privato, le sue passioni, il rapporto con la madre e la famiglia d’origine.

Detestava quel soprannome: «Elvis the pelvis», e non ne faceva mistero. Un giorno gli chiesero perché e lui spiegò che quel suo modo provocante, quasi osceno, di dimenare il bacino quando cantava era soltanto per fare scena, ma il suo carattere era addirittura l’opposto. Chi lo conosceva bene, sua madre, gli amici, confermavano. Era un tipo schivo, timido, insicuro e introverso, puritano e addirittura bigotto. Si scatenava solo sul palcoscenico, al ritmo del rock, tirando fuori un timbro cavernoso e sensuale che un critico una volta arrivò a definire «spermatico». Fatto è che le ragazzine impazzivano, urlavano, svenivano, o lo assalivano per denudarlo.

Non ancora maggiorenne aveva già venduto decine di milioni di dischi, con Don’t be cruel, Teddy bear, Love me tender, Jailhouse rock, grazie anche all’abilità di un manager astuto e cinico come Tom Parker, che certo non si lasciava intimorire dai benpensanti che definivano la musica di Presley «demoniaco veicolo di perdizione». La macchina da soldi funzionava a pieno regime, anche se, forse per reggere il ritmo dei concerti e dei film, forse per dissimulare la propria insicurezza, cominciò a far uso di psicofarmaci.

Negli anni Settanta, dopo Are you lonesome tonight e It’s now or never (O sole mio), il re del rock è al culmine della notorietà, ma gli stati depressivi sfociano ormai in atteggiamenti sempre più vistosi e aggressivi. Sul palco alterna mosse provocanti a figure di karatè, ma il fisico dei suoi 35 anni è ormai patetico, gonfio di cibo e di medicine. Acquista per i suoi spostamenti un quadrigetto, e poi un quadrimotore. La moglie Priscilla, incapace di reggere le corna e le follie, chiede il divorzio. Lui, ridotto quasi a un rottame, minaccia a mano armata i suoi collaboratori, spara alle proprie auto…

E tuttavia risale un’ultima volta sul palco a Indianapolis il 26 giugno ’77. È come un pugile suonato, ma riesce miracolosamente a terminare il concerto in piedi, davanti a 18.000 persone. Pesa 158 chili. Meno di due mesi dopo l’ultima fidanzata lo trova esanime in bagno ucciso da un’overdose di farmaci e barbiturici.

Elvis Aaron Presley ( 8 gennaio, 1935 — 16 agosto, 1977)

Della serie: Almamatto. Un matto al giorno. 365 tipi strani (+1) che hanno cambiato il mondo

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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