Da Babele e ritorno …
“Padova, la classe con 21 studenti e 20 lingue diverse: “Imparano in fretta”.” Questo il titolo che la redazione del “Corriere del Veneto” ha dato a questa notizia. Come studioso della comunicazione, non potevo non essere interessato alla faccenda, scaricare l’articolo, commentarlo per quanto mi è possibile e conservarlo a futura memoria qui su MEDIUM.
“Il mezzo è (sempre) il messaggio”, Marshall McLuhan di certo saprebbe fare meglio di quanto sappia fare il sottoscritto che rimane soltanto un attento osservatore di come evolve il mondo della comunicazione umana.
Se penso alle tante scritture che caratterizzano la storia dell’uomo per quanto riguarda la comunicazione, mi viene da pensare che Babele sia davvero esistita. Quante sono state, infatti, le lingue degli uomini nel corso della loro storia?
E quante sono, ancora oggi, le lingue in azione su questo nostro pianeta? Tante, tantissime, da non poter essere contate, conosciute e studiate. L’episodio biblico della Torre mi ha sempre affascinato nella sua immediatezza e semplicità, pur sempre avvolto nel mistero più assoluto:
“Ora tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Babilonia e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo e disse: “Ecco, essi sono un solo popolo con una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e quando avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Confondiamo dunque la loro lingua, perchè non si comprendano più l’un l’altro”. Così essi cessarono di costruire la città e la torre, che si chiamò Babele, perchè là ilSignore confuse la loro lingua e di là li disperse su tutta la terra.”
L’illusione di unità o l’orgoglio di affermarsi come uomini venne frustrato molto tempo fa, non sappiamo bene perchè, da chi solo può dare la direzione degli eventi umani.
Nei suoi disegni l’unità umana non si attua coi mezzi naturali, ma resterà sua propria opera anche nel mistero della comunicazione. Un rebus che resta tale, segreto, come segreti sono i misteri dei caratteri di tante lingue antiche e moderne.
A tutto questo mi ha fatto pensare la lettura di questo articolo. Non voglio fare il pessimista, nè tanto meno frustrare le intenzioni e il buon lavoro che svolgono i colleghi e le colleghe di questa scuola, come di tante altre che si diffondono non solo nel nostro Paese, ma in tutte le classi di un mondo che nella globalizzazione ha visto il suo futuro.
Ho scritto “ha visto”, e mi auguro che continui questa speranza, anche se la fine della globalizzazione sembra farsi sempre più vicina. Le guerre, gli attentati, i conflitti, oltre che economici, religiosi e ideologici, sono sempre costantemente di natura linguistica.
La lingua, tutte le lingue, ancor meglio i dialetti, costituiscono la vera, profonda indentità di una persona e quindi di intere comunità. Non si può essere uno, nessuno e centomila, in un crogiuolo che continua ad essere un pentolone planetario in continua ebollizione. Nessuno potrà ritornare da Babele come prima …
Ester è di origini congolesi, ha 11 anni e parla l’italiano, il francese, il lingala e il litetela (lingue che si parlano nell’area del Congo). Il suo compagno di banco si chiama Adam è di origini marocchine e oltre all’italiano parla arabo, berbero, derija e francese. Miracle, nigeriana, parla italiano, inglese, igbo. Angela invece arriva dallo Sri Lanka e conosce il Tamil, il cingalese, l’inglese, il francese e un italiano perfetto. E poi ci sono anche il romeno, il moldavo il turco, il mandarino.
In questa prima A della scuola media Giacomo Zanella, nel quartiere Arcella di Padova, ci sono 21 ragazzini e si parlano 20 lingue. Alcuni hanno i genitori che tradizionalmente parlano due lingue diverse a scuola imparano l’italiano, francese e l’inglese. Fuori dalla loro aula hanno disegnato un grande albero con tante foglie colorate, quelle rosse indicano una delle loro “lingue madri”, e se ci mettiamo anche i dialetti perché “anche quelli sono lingue madri”, spiega la professoressa di lettere Loretta De Martin, le lingue diventano 23 perché ci sono anche il padovano, l’ostiense e il romanesco.
“Quando abbiamo detto ai ragazzi che arrivava una giornalista per chiedergli di tutte le lingue che parlano ci hanno chiesto “perché?” — spiega la professoressa De Martin — non ci trovano nulla di strano, per loro è normale”. I 21 ragazzi sono tutti figli di stranieri che abitano nel quartiere, sono frutto di un “melting pot” che non comincia alla scuola Zanella, ma molto prima, sin dalla scuola dell’infanzia dell’istituto comprensivo, passando per le elementari. I bambini figli di genitori italiani sono cinque o sei, una ragazzina è di Roma, e ci tiene a sottolinearlo.
“ Questa classe è un tripudio di domande — spiega la prof — sono curiosi, imparano in fretta, adesso stiamo facendo un percorso sul racconto autobiografico, che implica l’ascolto dell’altro, ecco perché a volte devo frenare la foga delle mani alzate: quando qualcuno sgomita per prendere la parola, di solito non ascolta quello che sta dicendo l’altro”.
Basta lanciare lì qualche domanda per venire travolti dall’entusiasmo. La prima, che viene spontanea, è in che lingua parlino tra loro: “In italiano e in inglese” , rispondono pronti. “Conoscono anche il veneto — aggiunge alla prof, che si rivolge direttamente ai ragazzi — dite voi, che parole conoscete?”, la risposta arriva subito: “Freschin! schei!” ridono tutti. Sono molti gli studenti che in questo periodo stanno facendo il ramadam.
“Ne sono orgogliosi — spiega la docente — per loro è un passaggio che segna la crescita: stanno diventando grandi, fanno le cose che fanno gli adulti”. Ma non è difficile non mangiare tutto il giorno? È Adam a prendere la parola: “Ci svegliamo alle 4 del mattino: preghiamo, mangiamo e torniamo a dormire, poi non tocchiamo né cibo né acqua fino alle 18.26, e ogni giorno allunghiamo di un minuto”. Gli amici lo prendono in giro e scherzando dicono che in realtà anche lui non vede l’ora che finisca il Ramadam per mangiare: “Un po’ sì, sono contento di farlo ma so già che quando finirà ci riempiremo la casa di cose buonissime e mi rifarò sui miei compagni di classe che adesso mangiano tutto quello che vogliono”.
E lo sport? In prima A si praticano il calcio, l’atletica, la danza classica, il freesbee. Molti tengono per la Juve, ma non sono la maggioranza. Ascoltano Ghali, Simba la Rue, Mahmood non è tra i più gettonati, molti di loro ascoltano i cantanti in voga nelle loro terre d’origine. A vegliare sui ragazzi la preside Chiara Lusini e il vicepreside Thomas Bertalot: “La lingua non è mai un ostacolo, anzi, è una ricchezza — spiega la professoressa Lusini — dispiace che l’anno prossimo l’istituto comprensivo verrà smembrato, per risparmiare le spese di direzione e segreteria, ma l’anima di questa scuola resta”.
“I ragazzi imparano tanto con i laboratori, che in questa scuola sono molto apprezzati — spiega il vice preside Bertalot — quanto ai risultati basta vedere le prove invalsi: qui si raggiungono obiettivi medio alti, unica pecca? Ci piacerebbe avere qualche rampa in più per le persone con disabilità”.
Originally published at https://corrieredelveneto.corriere.it on March 23, 2024.